NAPOLI. Alle elezioni politiche del prossimo 4 marzo si presenterà anche un movimento popolare nato a Napoli che, nel corso degli anni, si è diffuso in maniera capillare in tutto il Paese. Si tratta di Potere al Popolo, formazione politica di sinistra che si propone di portare le istanze e le esigenze degli ultimi nelle istituzioni.
Per capire e approfondire le tematiche e le proposte del movimento, soprattutto nel territorio napoletano, L’Occhio di Napoli ha intervistato Barbara Pierro, candidata di Potere al Popolo alla Camera dei Deputati, nel collegio uninominale Napoli-Ponticelli.
Elezioni 2018, intervista a Barbara Pierro (PaP)
Ciao Barbara, innanzitutto ti chiedo: com’è nata la decisione di candidarsi e come hai vissuto, personalmente, le fasi che ti hanno portato a questa scelta?
Sicuramente la scelta non è stata istintiva, ma molto ragionata e deriva da un’esperienza di quasi vent’anni fuori dai partiti. In realtà si tratta di una scelta collettiva. Il momento che sta vivendo il Paese ha spinto noi di Potere al Popolo a cercare una dimensione politica nella quale migliorare le condizioni di città e periferie attraverso programmi che riguardino, ad esempio, educazione e riqualificazione dei territori e che riescano a migliorare la vita quotidiana delle persone. La candidatura in questo momento è uno strumento necessario per allargare il contesto nel quale affrontare alcune dinamiche, oltre che un’assunzione di responsabilità.
Conosci molto bene la realtà di Scampia e, in generale, della periferia Nord di Napoli. Quali differenze ci sono, se ci sono, con la periferia orientale? E quali analogie?
Tra queste due parti periferiche della città ci sono innanzitutto molti punti in comune. A partire, appunto, dalla collocazione periferica, anche se bisogna precisare che esistono zone periferiche anche al centro storico. Tuttavia, in questi territori si vivono condizioni di forte marginalità dovuta a molti fattori: la questione abitativa, la grande presenza di giovani senza lavoro, l’alto tasso di disoccupazione, i pochi servizi (penso ai trasporti, ad esempio), una certa depressione generale. Su quest’ultimo punto, basti pensare che da recenti dati emerge che proprio in queste zone della città si registra un elevato numero di persone che sono in contatto con centri di salute mentale. È un chiaro segno di sofferenza psicologica che deriva dalle condizioni di vita di cui abbiamo appena parlato.
Le differenze riguardano innanzitutto la storia di queste periferie. Sono storie diverse. Basti pensare che Scampia sorge dal viaggio di alcuni cittadini del centro, o di altre zone di Napoli, che nel corso degli anni passati si sono spostati per esigenze abitative. Inoltre, qui c’è anche la questione della numerosa comunità rom che conta ormai oltre mille persone. La periferia orientale è invece frutto di una lunga e complessa storia di quartieri operai. Ha una tradizione più legata alla sinistra e alle operaie rispetto a Scampia. E, proprio per questo, dopo la chiusura di fabbriche e industrie, vive soprattutto uno spaesamento identitario. Qui, inoltre, è centrale la questione ambientale, dalle bonifiche alla tutela del territorio in senso lato.
In una recente intervista rilasciata a L’Occhio di Napoli, Viola Carofalo ha dichiarato che essere comunisti oggi significa “stare dalla parte di chi ogni giorno subisce le scelte fatte per far arricchire qualcuno sulle spalle di qualcun altro”. C’è da riconoscere, comunque, che essere comunisti oggi non è tanto semplice. Ti chiedo, quindi: come pensa di porsi, per le elezioni del 2018, di fronte ad un ampio pubblico, un candidato di una lista comunista che ambisce a cambiare le cose anche agendo all’interno delle istituzioni? Al di là dei contenuti, come bisogna presentare le ragioni che hanno portato Potere al Popolo a candidarsi ed essere realmente efficaci a livello comunicativo?
È una sfida trovare una sorta di mediazione tra la “necessità” di utilizzare slogan e la capacità di affrontare i problemi facendo capire che non esistono bacchette magiche. Bisogna far comprendere che dobbiamo tutti diventare attori del cambiamento e, in questo senso, noi siamo il vero strumento e l’unico megafono in grado di far tornare protagoniste le persone, ormai assuefatte da anni di promesse non mantenute. Preferiamo quindi evitare gli slogan e lavorare sui contenuti, sempre.
C’è però da segnalare che la strada è in salita. Una delle tue attività principali consiste nella gestione e nell’impegno sociale in “Chi rom… e chi no”. Quali difficoltà incontrate nell’essere accanto ad una minoranza che, nell’immaginario collettivo, è ritratta troppo spesso in modo dispregiativo.
Un’altra sfida è proprio quella di far comprendere a tutti che se avvengono furti, spaccio e violenze non si tratta di una scelta culturale di rom, albanesi, africani, ecc. Anzi, è importante far capire che tutto questo è una conseguenza del sistema di cui siamo tutti vittime e artefici. La sfida riguarda tutti. Bisogna far sentire al sicuro le persone, innanzitutto in strada. Ciò non avviene attraverso la repressione e la presenza dei militari, ma con un welfare solido e politiche sociali efficaci.
Numericamente, quali sono le reali potenzialità di Potere al Popolo in vista delle prossime elezioni?
Le possibilità di entrare in Parlamento ci sono: il movimento è cresciuto molto. Dobbiamo crederci.
Se la realtà di Napoli si può considerare consolidata, nel resto d’Italia dove vi sentite “più forti” e dove un po’ più carenti?
Innanzitutto, premetto che abbiamo portato un gran vantaggio che è quello di aver messo in collegamento istanze importanti in tutta Italia, dalle ragioni dei NoTAV al nord a quelle dei genitori che si battono per una scuola e una società non classista in tutto il Paese. Probabilmente si tratta di istanze molto sentite nei grandi centri cittadini, dove forse siamo più “forti”, meno nelle province.
A proposito di prospettiva nazionale, c’è un’amplissima parte di ormai ex elettori di sinistra che si è persa nell’astensionismo. Ma c’è una fetta di questo elettorato, altrettanto ampia, che probabilmente il 4 marzo voterà M5S anche – se non soprattutto – per cercare di evitare che il centrodestra salga di nuovo al governo. Come “recuperare”, concedimi il termine, in maniera duratura questa importante pozione di elettorato?
È il solito contrasto al concetto del voto utile. Alcuni elettori decidono di votare M5S, LeU o Pd senza riconoscersi nei loro programmi, ma per contrastare le destre che cavalcano l’odio raziale. Mi sento di dire che le scelte di mediazione nel nostro Paese sono state veramente fallimentari e hanno portato solo alla costituzione di un “Paese di mezzo”, senza veri cambiamenti ma solo tanti danni. Votare Potere al Popolo è una scelta di coraggio, significa osare per la prima volta dopo tanti anni, oserei dire addirittura dopo la fine della guerra, significa avere fiducia, scegliere il cambiamento e non la mediazione.
Capitolo delinquenza giovanile. Si parla tanto di baby gang. Poco tempo fa, dopo la vicenda della rissa con sparatoria ai baretti di Chiaia, il questore De Iesu ha parlato dei giovani della periferia “che portano qui il loro stile di vita”. Com’è la situazione nelle periferie? Cosa si può fare concretamente per arginare questo fenomeno, al di là delle manifestazioni e delle fiaccolate?
Quelle di De Iesu, ma non solo, sono letture fuorvianti del tema. Mi sento di dire che quasi offende l’intelligenza di chi ascolta – ripeto, non soltanto lui – perché questa è una lettura lontana dalla realtà. La verità è che la situazione attuale è frutto dello svantaggio delle periferie dove ci sono pochi luoghi in cui le persone possono confrontarsi, soprattutto i giovani. Ciò nasce da politiche inadeguate che riguardano istruzione, lavoro, riqualificazione territoriale. Tutti processi che, se ben attuati, rendono protagoniste le persone che vivono situazioni sociali delicate.
De Magistris, invece, sembra voler smorzare un po’ i toni. Nei vostri confronti, ha avuto le uniche parole lusinghiere, mentre si è definito “un battitore libero” di questa campagna elettorale, che “pungolerà” un po’ tutti. Come si pone il movimento nei confronti del sindaco di Napoli?
Nei confronti dell’attuale amministrazione c’è un rapporto di confronto. In alcuni casi possiamo dirci soddisfatti, in altri non siamo contenti. Ma questo è normale. Certo, per quanto riguarda determinati temi preferiremmo che non si continui a parlare di emergenza, ma di piani programmatici veri e propri. E mi riferisco soprattutto alle condizioni di rom e migranti.
A proposito di baby gang e toni da smorzare. Tu conosci bene le periferie napoletane e, come è noto, sei particolarmente legata a Scampia. Quanto c’è di Gomorra nei luoghi che frequenti ogni giorno? Quanto “esagera” la serie e, soprattutto, quanto incide sul comportamento dei giovani? È reale il rischio di emulazione che spesso si imputa a Gomorra?
Credo che il fenomeno delle baby gang non abbia a che fare solo con l’emulazione di Gomorra, anzi. È legato soprattutto al ruolo che gli adulti ricoprono nella società, e in tutto il Paese, non solo a Napoli. Ti porto l’esempio di alcuni licei in cui si intende “migliorare” il rendimento scolastico complessivo escludendo stranieri e migranti. Un modello di scuola classista da condannare ed escludere in assoluto, cosa che il Miur deve fare in maniera netta. È l’ennesimo atto di schiacciamento del debole a vantaggio del più forte. E questo non deve succedere mai.
Cosa farà Barbara Pierro dal 5 marzo in poi?
L’esito delle elezioni non cambierà nulla: per fortuna, quello del movimento è un processo in continuità e io stessa proseguirò con il lavoro che faccio da anni portando avanti istanze che permettono di raggiungere un vero cambiamento in positivo.
ELEZIONI POLITICHE 2018, I CANDIDATI IN CAMPANIA COLLEGIO PER COLLEGIO