Il Comune di Ercolano conferirà la cittadinanza onoraria a Liliana Segre: è l’ennesimo riconoscimento di questo genere per la senatrice, una delle ultime testimoni della shoah ancora in vita. Un mese fa circa il Comune di Sori, in Liguria, le aveva negato il riconoscimento, adducendo come motivazione “ufficiale” la mancanza di legami storici, o familiari, con il paese e l’intento di “non voler discriminare tutti gli altri ebrei deportati nei lager“.
Ercolano: cittadinanza onoraria a Liliana Segre
Il Comune di Ercolano conferirà la cittadinanza onoraria alla senatrice Liliana Segre. Si terrà venerdì 21 maggio il conferimento della cittadinanza onoraria alla Senatrice Liliana Segre. La cerimonia è in programma venerdì 21 maggio alle ore 15 nell’l’aula consiliare del Palazzo di Città (corso Resina, 39). Sarà il deputato Emanuele Fiano, delegato della senatrice, a ricevere ufficialmente la pergamena e le chiavi della città.
Nella stessa giornata sarà presente in città anche il sottosegretario al Ministero dell’Interno, Ivan Scalfarotto, ed il prefetto di Napoli, Marco Valentini, che oltre a partecipare alla cerimonia visiteranno anche il cantiere di via Mare e il bene confiscato che ospita Radio Siani.
Chi è Liliana Segre
Liliana Segre dal 15 aprile 2021 è presidente della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza. Il 19 gennaio 2018 è stata nominata senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella “per avere illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale”. In seguito alla promulgazione delle leggi razziali fasciste del 1938, venne espulsa dalla scuola che frequentava. Dopo l’intensificazione della persecuzione degli ebrei italiani, suo padre la nascose presso degli amici, utilizzando documenti falsi. Il 10 dicembre 1943 provò, assieme al padre e due cugini, a fuggire a Lugano, in Svizzera: i quattro furono però respinti dalle autorità del paese elvetico. Il giorno dopo, Liliana Segre venne arrestata a Selvetta di Viggiù, in provincia di Varese, all’età di tredici anni.
La deportazione
Dopo sei giorni in carcere a Varese, fu trasferita a Como e poi a San Vittore a Milano, dove fu detenuta per quaranta giorni. Il 30 gennaio 1944 venne deportata dal binario 21 della stazione di Milano Centrale al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, che raggiunse dopo sette giorni di viaggio. Venne subito separata dal padre, che non rivide mai più e che poi morì il 27 aprile 1944. Il 18 maggio 1944 anche i suoi nonni paterni furono arrestati a Inverigo, in provincia di Como; dopo qualche settimana anche loro vennero deportati ad Auschwitz e uccisi nelle camere a gas il giorno dell’arrivo, il 30 giugno 1944.
La marcia della morte
Alla selezione, Liliana ricevette il numero di matricola 75190, che le venne tatuato sull’avambraccio. Fu messa per circa un anno ai lavori forzati presso la fabbrica di munizioni Union, che apparteneva alla Siemens. Durante la sua prigionia subì altre tre selezioni, in una delle quali perse un’amica che aveva incontrato nel campo. Alla fine di gennaio del 1945, dopo l’evacuazione del campo, affrontò la marcia della morte verso la Germania.
La liberazione di Auschwitz
Venne liberata il 1º maggio 1945 dal campo di Malchow, un sottocampo del campo di concentramento di Ravensbrück che fu liberato dall’Armata rossa. Dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati ad Auschwitz, Liliana fu tra i 25 sopravvissuti. Al rientro nell’Italia liberata, visse inizialmente con gli zii e poi con i nonni materni, di origini marchigiane, unici superstiti della sua famiglia.