Vincenzo Martinelli, un camionista napoletano morto durante l’esplosione nel deposito Eni a Calenzano di Firenze, aveva scritto una lettera poco prima della tragedia: “Anomalie presenti”. La Procura sta ora indagando sui liquidi fuoriusciti e sullo scoppio.
Firenze, lettera del camionista Vincenzo Martinelli prima esplosione
Vincenzo Martinelli è stata la prima vittima recuperata dopo l’esplosione del deposito Eni a Calenzano. L’autotrasportatore napoletano aveva manifestato preoccupazioni riguardo alle «anomalie persistenti riscontrate nella base di carico», segnalando la situazione ai suoi superiori tramite una lettera. Oggi, le sue parole sono state riportate da Repubblica.
Martinelli aveva richiesto un incontro con i responsabili della sicurezza dopo un episodio in cui il carico di benzina aveva subito ritardi significativi. Il 53enne era provato da turni di lavoro estenuanti, arrivando a lavorare fino a 56 ore a settimana. Spesso condivideva le sue preoccupazioni con gli amici di Prato, dove risiedeva, e aveva anche tentato di cambiare vita in Germania, ma era tornato per rimanere vicino alle sue figlie.
Le anomalie
Vincenzo Martinelli, il primo autotrasportatore estratto senza vita dalle macerie del deposito Eni di Calenzano, aveva più volte sollevato preoccupazioni riguardo alle condizioni di sicurezza e alle difficoltà del suo lavoro. Come riportato da Repubblica, una corrispondenza tra Martinelli e la Bt Trasporti, l’azienda per cui lavorava, mette in luce il suo crescente disagio. In una nota scritta a mano, Martinelli rispondeva all’apertura di un procedimento disciplinare per essersi rifiutato di completare un viaggio, giustificando la sua decisione con il prolungarsi delle operazioni e i rischi derivanti da continue anomalie.
«Alle 10:30 del primo ottobre mi preparavo a caricare il secondo viaggio alla corsia 6 del deposito, per un trasporto composto da 4 scarichi della durata di circa 5 ore e 30 minuti», scriveva. Durante l’operazione, aveva notato un malfunzionamento del braccio di carico della benzina, che «non erogava prodotto». Dopo diversi tentativi infruttuosi, gli era stato richiesto di interrompere il carico e disattivare i dispositivi, il che aveva provocato un notevole ritardo. «Ho informato il programmatore che dovevo prelevare i 23 mila litri di gasolio dalla cisterna e che era necessario trovare un sostituto, poiché il viaggio si prolungava oltre le ore di lavoro normali, compromettendo i miei impegni personali», spiegava Martinelli, sottolineando un accumulo di ore straordinarie insostenibile.
I turni massacranti
I colleghi di Martinelli hanno descritto un uomo esausto e preoccupato: «Non ce la faceva più, era sfinito dai turni e dalle responsabilità, non si sentiva al sicuro», ha dichiarato un ex collega, aggiungendo che l’autotrasportatore aveva considerato l’idea di trasferirsi in Germania, dove aveva trovato un’opportunità lavorativa, ma aveva deciso di rinunciare a quel progetto per non allontanarsi dalle sue figlie. Un altro collega ha ricordato i ritmi insostenibili imposti dalla Bt Trasporti: «Turni di 12 ore consecutive, trasportando e caricando merce pericolosa, per uno stipendio di 1.800 euro al mese lordi». Inoltre, Martinelli, come altri autisti, era classificato come lavoratore discontinuo, formalmente addetto solo al trasporto ma di fatto coinvolto anche nel carico e scarico, portando il suo orario settimanale da 39 ore contrattuali a oltre 56 ore effettive. «Io ho lasciato proprio per questo», ha confessato un collega.
Le indagini condotte dalla Procura di Prato
L’omicidio colposo plurimo è una delle possibili ipotesi di reato su cui sta indagando il procuratore capo di Prato, Luca Tescaroli. Martedì mattina, il magistrato ha effettuato un ulteriore sopralluogo presso il deposito di Calenzano, accompagnato dal Ris dei carabinieri e dai consulenti nominati dalla procura. In totale, sono quattro i consulenti coinvolti, tra cui l’esplosivista Roberto Vassale e il chimico esplosivista Renzo Cabrino. I due esperti si sono presentati martedì mattina al deposito Eni, dichiarando di essere stati incaricati di effettuare «una perizia sugli esplosivi». Secondo quanto emerso, l’inchiesta si propone di verificare se, come riferito da un testimone, ci sia stata una fuoriuscita di liquido e, in tal caso, da dove sia avvenuta, se da un’autobotte o dall’impianto. Inoltre, si intende chiarire quale fosse il piano di sicurezza e identificare l’innesco dell’esplosione.
Le cause dell’esplosione
Alcuni esperti hanno segnalato all’Ansa che, sebbene la benzina bruci, è in realtà i vapori a provocare l’esplosione, e in questo caso, anche un semplice sfregamento potrebbe essere sufficiente a innescare la deflagrazione. Dalle informazioni raccolte, sembra che l’esplosione sia avvenuta durante il rifornimento di un’autobotte. Tuttavia, fonti investigative sottolineano che non è necessariamente possibile collegare questa situazione alla causa della deflagrazione. Poco prima dell’incidente a Calenzano, secondo quanto riferito da fonti investigative, un operatore presente alla pensilina numero 6 dell’area di carico, che ne conta dieci, avrebbe lanciato l’allerta: l’orario registrato era 10:21 e 30 secondi, momento in cui ha premuto il pulsante di emergenza. Solo pochi secondi dopo si è verificata la deflagrazione nell’area di carico, coinvolgendo almeno cinque autocisterne.