NAPOLI. Più di 3,3 milioni lavoratori irregolari, che percepiscono un salario orario medio lordo più basso del 50% rispetto ai dipendenti in regola. È questo il risultato clamoroso che emerge dal rapporto Censis-Confcooperative.
Il rapporto Censis-Confcooperative
Di seguito i dati, riportato da L’Occhio di Salerno.
Secondo lo studio, nel periodo 2012-2015, mentre l’occupazione regolare si è ridotta del 2,1%, l’occupazione irregolare è aumentata del 6,3%”. La crisi ha reso più instabile il reddito e per molti si è tradotta in una rincorsa al “lavoro a ogni costo” e ad accettare condizioni sempre peggiori. L’effetto è che negli anni di recessione si sono persi 462 mila posti di lavoro, mentre la schiera degli occupati in nero cresceva di 200 mila unità e il monte salariale irregolare nel 2014 raggiungeva i 28 miliardi di euro.
I salari medi
Considerato l’insieme delle attività economiche, il salario medio orario sostenuto dalle imprese per retribuire un lavoratore regolare dipendente è di 16 euro; il salario pagato dalle aziende per un lavoratore irregolare è di 8,1 euro. Lo scarto maggiore si registra nel settore industriale (il 53,7% in meno), seguono i servizi alla imprese (-50,3%). Nei servizi in generale la forbice è del 46,8%, nelle costruzioni del 41,4%. In agricoltura la differenza è del 35,7%. Un “risparmio” che rischia di mettere fuori gioco le aziende che si muovono nell’ambito della legalità. E che fa schizzare l’evasione tributaria e contributiva: nel periodo 2012-2014 ha raggiunto una media annua di 107,7 miliardi di euro (sono venuti a mancare 35 miliardi di Irpef, 35,8 miliardi di Iva e 8,5 miliardi di Irap).
I settori
Il record del lavoro in nero va al personale domestico impiegato dalle famiglie (irregolare quasi il 60% degli occupati). Tassi dimezzati per le attività agricole (23,4%) e il terziario(22,7%). Elevata anche la quota di irregolari nel settore alloggi e ristorazione, (17,7%), e nelle costruzioni (16,1%).
In Campania
Sul piano territoriale, Calabria e Campania registrano la più alta incidenza del lavoro irregolare sul valore aggiunto regionale (rispettivamente il 9,9% e l’8,8%), seguite da Sicilia (8,1%), Puglia (7,6%), Sardegna e Molise (entrambe con il 7,0%).