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Legata alla sedia e picchiata: storia da incubo a Napoli

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Foto di repertorio

Ancora una storia di maltrattamenti dalla provincia di Napoli, dove una donna incinta veniva picchiata e legata a una sedia. Una vita ‘infernale’, per usare le parole del gip, quella cui è stata costretta una giovane donna napoletana, che dopo aver simulato più volte cadute accidentali, per nascondere ai medici l’origine delle lesioni che il suo compagno le provocava, picchiandola selvaggiamente anche quando era incinta del loro bambino, ha finalmente trovato il coraggio di denunciare. E l’uomo – come si legge sul Corriere del Mezzogiorno – è stato arrestato dai Carabinieri.

Maltrattamenti in provincia di Napoli: arrestato uomo violento

È l’ennesima storia di violenza che matura in un ambito, scrive il giudice nell’ordinanza, “assolutamente malato, con un comportamento dell’indagato venato di crudeltà e totale dispregio della persona umana che gli viveva a fianco”. Un uomo che ha agito con “inaudita violenza” e in “assenza di ogni segno di resipiscenza”, “incurante delle ripercussioni penali, evidentemente perché confidente della situazione di soggezione in cui la sua vittima viveva da tempo”.

I fatti risalgono alla primavera del 2021, quando l’uomo ha cominciato a maltrattare la compagna, ingiuriandola con frasi irripetibili, costringendola a dormire in bagno, minacciandola di morte anche quando era incinta (“ti accoltello alla pancia .. stasera è la volta buona che ti uccido..“), temendo forse che la donna volesse troncare il rapporto (“…per me è meglio a murì, o siamo tutti insieme o moriamo tutti”).

Violenze anche durante la gravidanza

Nel luglio del 2021, durante la gravidanza, l’ha aggredita con calci e schiaffi, l’ha trascinata per i capelli lungo il ballatoio rompendole il polso.Le reiterate aggressioni – scrive il giudice – la inducevano ad operare le registrazioni degli episodi in suo danno”, ma le vessazioni – anche in presenza della figlia minore – sono proseguite. Fino a quando la donna ha deciso di andare dai carabinieri e denunciare tutto, consegnando “filmati e chat”, e potendo fare affidamento sul sostegno di amiche e familiari che hanno confermato le accuse, una per una.

A rafforzare il quadro indiziario, annota il gip, “la stessa causale dei referti medici (le cadute accidentali)” che “costituisce, paradossalmente, il riscontro più probante del clima di terrore nella quale la persona offesa è stata costretta a vivere”.

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