Gli avvocati Sergio e Angelo Pisani, legali della famiglia Giordano, hanno commentato il quinto anniversario della morte del giovane Salvatore Giordano, colpito e ucciso, mentre passeggiava con alcuni amici, da un pesante pezzo di stucco staccatosi da un edificio della Galleria Umberto I di Napoli.
Morte di Salvatore Giordano, parlano i legali
«Sono passati ormai 5 anni dalla tragica morte del piccolo Salvatore Giordano, ucciso dallo stato di gravissima incuria in cui versava la Galleria Umberto di Napoli e di cui era ben informato il Comune grazie anche alle numerose interrogazioni degli stessi consiglieri comunali che purtroppo rimasero del tutto inascoltate». Così in una nota hanno commentato gli avvocati Sergio e Angelo Pisani.
Per i due legali si è trattato «di una morte annunciata cui non si è posto rimedio in alcun modo. Anzi, a cinque anni di distanza dal tragico evento, nonostante la chiara evidenza delle responsabilità per quanto accaduto, la tragedia di Salvatore grida giustizia ogni giorno, in quanto i familiari sono ancora vittima del pretestuoso rimpallo di responsabilità tra i due colossi assicurativi rispettivamente del Comune di Napoli e del condominio, che continuano a negare il dovuto risarcimento per le negligenze dei propri assicurati». «Il processo penale, – continua il legale della famiglia – rischia ora addirittura di prescriversi se non si programmeranno udienze straordinarie con cadenza settimanale».
«Salvatore probabilmente non faceva comodo a nessuno, – ammoniscono Sergio e Angelo Pisani – ecco perchè nessuno alza la voce per lui, Salvatore era solo un ragazzino amato dalla sua famiglia e dai suoi amici. E allora abbiamo il dovere di farlo noi – dichiarano gli avvocati – non permetteremo che venga negata giustizia ad un minore vittima di una Napoli che non fa onore a nessuno, chiediamo che su questa vicenda intervenga il Capo dello Stato. La Galleria oltre ad essere un complesso condominiale è un importante monumento, addirittura sito Unesco, Salvatore, poco più di un bambino è vittima dell’incuria istituzionale e di colossi assicurativi indifferenti ai diritti dei suoi familiari».