Cristina è una donna cardiopatica che è costretta a rifiutare il ricovero, per le opportune cure, per paura di uno sfratto. La donna vive con la figlia di 22 anni, affetta dalla sindrome di Merrf, malattia genetica degenerativa, in un sottoscala di 35 metri quadrati nel quartiere Materdei.
Napoli, cardiopatica rifiuta il ricovero per paura dello sfratto
La donna in occasione di un precedente tentativo di esecuzione fu colta da un infarto acuto arginato dall’applicazione di cinque stent coronarici. Adesso è costretta a scegliere tra ricoverarsi e finire a vivere per strada, o rischiare la vita restando nel sottoscala di 30 metri quadri che è la sua casa.
Cristina non percepisce più il reddito e sua figlia, 20 anni, è affetta da una malattia genetica degenerativa.
“Per venerdì 13 ottobre – spiegano gli attivisti della Campagna per il diritto all’abitare, intervenuti a sostegno alle due donne – è fissato il nuovo accesso per lo sfratto che dovrebbe essere eseguito nonostante abbiamo documentato ai proprietari e alla Questura l’aggravarsi delle condizioni di Cristina”. “Per le due donne, rimaste senza reddito dopo che Cristina ha dovuto abbandonare per ragioni di salute il lavoro in una farmacia, è stato impossibile finora trovare un’alternativa in un mercato degli affitti che, a seguito dell’esplosione senza regole di case vacanza e della speculazione immobiliare, è diventato particolarmente discriminatorio nei confronti di persone che vivono con un assegno sociale”, dicono gli attivisti.
“Facciamo appello alla città a mobilitarsi affinché si rinvii lo sgombero per dare il tempo a Cristina di sottoporsi al ricovero ed alle cure salvavita ed alla Prefettura perché istituisca con urgenza un tavolo per le risposte più urgenti all’emergenza abitativa”.
La storia di Cristina e Francesca
Quest’estate Cristina ha raccontato la sua storia: “Io sono separata da mio marito da quando Francesca aveva solo 3 mesi e devo provvedere a tutto io perché il papà non si interessa di nulla e i miei fratelli (in tutto sono 3 ndr.), che pure mi sono vicini, vivono a Cartagena in Colombia”. Tutto è iniziato circa 10 anni fa: “Lavoravo nella farmacia dell’Addolorata in piazza Pignasecca – ricorda Cristina – con un contratto di terzo livello. Dopo 25 anni, alla morte della titolare sono stata licenziata. Dal 2015 in poi non ho avuto più la possibilità di pagare l’affitto perché ho fatto soltanto lavori saltuari”.
Purtroppo, alle due donne viene diagnosticata la malattia degenerativa. “La sindrome di Merrf si trasmette da madre in figlia, a confermarlo è stato il mio Dna dopo approfondimenti medici tra il 2017 e il 2018”.
Tra le altre difficoltà per Cristina, la parziale assenza di udito: “Infatti leggo il labiale quando parlo con gli altri. Ho anche il lipoma”, una forma di tumore benigno che ingrossa la pelle del collo della donna. Per attenuare gli effetti, è spesso sotto effetto di betabloccanti: “Soffro di depressione e ho la pressione a 140 molto spesso”. La figlia d’altronde è amareggiata per tutte le difficoltà che stanno riscontrando e lo sfratto: “Io sono diplomata in scienze umane ma non riesco a trovare lavoro per la patologia. Sono sempre stanca, con dolori, mal di testa anche per il caldo, lo stress, sono epilettica. Ma principalmente ho dolori alle gambe e mi stanco facilmente. Avere uno stipendio buono – aggiunge la 22enne – da far convivere con la mia malattia è difficile. Mio padre ci ha abbandonato, sa della situazione ma se n’è sempre fregato. La sanità italiana funziona meglio di quello colombiana, trasferirsi lì è difficile e il caldo della Colombia a Cartagena sarebbe per me problematico”.