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Napoli, minacce di morte al sindacalista della polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo

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Napoli, minacce di morte al sindacalista della polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo. È stato raggiunto da una lettera contenente due proiettili.

Ancora minacce di morte per Di Giacomo

Aldo Di Giacomo, sindacalista della Polizia Penitenziaria (S.PP.) di Napoli, è stato vittima di nuove minacce di morte, caratterizzate dall’arrivo di una lettera contenente alcuni proiettili al suo interno.  In passato, l’uomo era stato preso di mira con un pacco bomba recapitato nella sua abitazione. Ma non solo quella: anche lettere anonime, email intimidatorie e altro ancora.

«Siamo di fronte ad un atto di pericolo imminente per la vita del nostro segretario e della sua famiglia che come tale richiede una risposta immediata ed adeguata, vale a dire all’altezza della gravità della minaccia. È evidente l’intimidazione rivolta al suo operato da segretario di uno dei Sindacati di Polizia Penitenziaria, che a differenza degli altri, da anni conduce una battaglia senza alcun tentennamento, senza lasciarsi intimidire o limitandosi al ricorso ai soliti comunicati di formalità, per denunciare che la criminalità organizzata – dai clan mafiosi, di ‘ndrangheta, camorra agli ultimi arrivati della mafia nigeriana – controlla gran parte delle nostre carceri e vede la “resa incondizionata” dello Stato. Di Giacomo, nell’anno appena concluso, ha realizzato un lunghissimo tour attraverso i principali istituti penitenziari del Paese, soprattutto ha evidenziato la gravissima situazione dell’istituto di Poggioreale, sit-in e conferenze stampa davanti le carceri, nelle piazze, a Roma davanti il Parlamento e il Ministero di Grazia e Giustizia in attuazione del Programma di iniziative con lo slogan “noi le vittime, loro i carnefici» dichiara la segreteria generale del sindacato di polizia penitenziaria.

«Tanti i casi denunciati e “provati” dell’attuale sistema carcerario troppo buonista e permissivo nei confronti dei detenuti che punta persino all’abolizione del 41 bis: dai continui ritrovamenti di telefonini, sistemi di trasmissione di “pizzini” agli uomini del clan, dubbi suicidi, detenzione di droga, sesso in cella. La campagna di mobilitazione popolare ha sempre saldato i problemi del sistema penitenziario con quelli della più complessiva sicurezza dei cittadini che ritengono intollerabile ritrovare fuori dal carcere criminali che si sono macchiati di atroci delitti, in tanti casi “in permesso premio”. Per questa ragione sono sin troppo chiari gli obiettivi dell’ennesima pesante minaccia e per questo siamo convinti che lo Stato, con tutte le sue articolazioni democratiche, non farà mancare non la semplice solidarietà, non può sufficiente, quanto il sostegno a poter continuare a svolgere l’attività sindacale e civile. Confidiamo inoltre nella reazione dei cittadini che, numerosi, non hanno mai fatto mancare il proprio sostegno a Di Giacomo».

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