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Smartphone nascosti nel bagno della barberia: la scoperta nel carcere di Secondigliano

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Foto di repertorio

Ennesimo allarme per le carceri della Campania: e ancora una volta i problemi sono incentrati sull’uso ed il possesso di telefoni cellulari da parte dei detenuti.

La denuncia è del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, per voce di Raffaele ‘Lello’ Munno e Donato Vaia, rispettivamente vice segretario regionale e dirigente del SAPPE, il primo e più rappresentativo della Categoria: “Venerdì, personale del Comando di Polizia Penitenziaria in forza al Reparto di Secondigliano, coordinato dal Primo dirigente del Corpo Gianluca Colella, hanno rinvenuto due smartphone ed altro materiale tecnologico presso una sezione detentiva “Alta Sicurezza” del carcere P. Mandato del Centro Penitenziario di Secondigliano.

Napoli, trovati altri cellulari nel carcere di Secondigliano

Gli oggetti non consentiti sono stati rinvenuti nel locale “barberia” della sezione ed abilmente occultati nei sanitari in uso per l’illecita disponibilità di detenuti ristretti nelle sezione S3 del circuito ad alta sicurezza. Questo è un dato interessante dal punto di vista della sicurezza e della legalità, poiché pur in presenza di carenza di personale la Polizia Penitenziaria riesce a contrastare gli illeciti messi in atto da quei detenuti che credono di poter continuare a delinquere anche nel carcere, ai quali nulla importa della loro rieducazione e inserimento sociale”.

Tiziana Guacci, segretario regionale del SAPPE, rivolge “un plauso ai colleghi, ma nello stesso tempo chiediamo con forza, qualora individuati i mandanti fra detenuti, che essi vengano puniti in maniera esemplare e trasferiti fuori regione, per aver destabilizzato l’ordine la sicurezza la disciplina interna dell’istituto” e sottolinea come “ancora una volta la Polizia Penitenziaria, nonostante i scarsi mezzi a disposizione e la carenza di personale è riuscita ad intercettare oggetti illeciti destinati alla popolazione detenuta. Si ricorda che l’introduzione di telefonini e l’uso di cellulari e/o altri strumenti di comunicazione e reato penale da uno a quattro anni di pena. Come Sindacato rinnoviamo l’invito al DAP di schermare con un costo relativo dì qualche migliaio di euro anziché spendere soldi per acquistare strumenti che non hanno consentito di rinvenire nulla, gli istituti di pena evitando così a monte il problema”, conclude.

La denuncia

Per Donato Capece, segretario generale del SAPPE, “la situazione penitenziaria campana quella nazionale fanno emergere, ogni giorno di più, la tensione non più latente ma palese ed evidente. Bisogna intervenire con celerità, a tutela dei poliziotti penitenziari, orgoglio non solo del SAPPE e di tutto il Corpo ma dell’intera Nazione”. Il leader del SAPPE rivolge “un grande, grandissimo apprezzamento al personale di Polizia Penitenziaria che ha partecipato a questa brillante operazione di servizio, ottimamente coordinato dalla Dirigente del Corpo Comandante di Reparto” e ricorda che introdurre o possedere illegalmente un telefono cellulare in carcere costituisce reato, punito da 1 a 4 anni di reclusione. “L’introduzione del reato nel nostro Codice penale, purtroppo, non ha sortito gli effetti sperati; l’unico deterrente possibile rimane la schermatura degli istituti per rendere inutilizzabili i telefoni. La situazione è ormai fuori controllo.

È necessario un intervento urgente per dotare le carceri di sistemi di schermatura efficienti e per contrastare efficacemente l’introduzione di telefoni cellulari all’interno degli istituti penitenziari”. Capece si appella infine al DAP: “domandiamo ai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria a che punto è proprio il progetto di schermatura degli istituti, proprio per neutralizzare l’utilizzo dei telefoni cellulari e scoraggiarne l’introduzione, garantendo così quella prevenzione che, in casi di questo tipo, può risultare più efficace della repressione”.

 

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