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Omicidio del pescivendolo Antonio Morione, il racconto della vedova in aula: “Chi ha sparato aveva gli occhi da pazzo”

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Antonio Morione

Omicidio del pescivendolo Antonio Morione al culmine di una rapina a Boscoreale il 23 dicembre 2021, il racconto della vedova in aula durante il processo: “Chi ha sparato aveva gli occhi da pazzo”. Lo riporta il Corrierino.

Omicidio di Antonio Morione, il racconto della vedova

Rivissuta l’orrenda scena in cui una donna ha perso per sempre il marito e i suoi figli il loro amato papà. Si è aperto un nuovo capitolo del processo volto a fare luce sull’omicidio di Antonio Morione, il pescivendolo di Torre Annunziata ucciso durante una rapina alla sua pescheria di Boscoreale il 23 dicembre 2021. Questa mattina, in Corte d’Assise a Napoli, ha preso la parola la moglie di Antonio, Maria Rossi. Non appena si è seduta al banco dei testimoni, è tornato a galla l’incubo di dover rivivere quella scena, ormai indelebile nella sua mente e nel suo cuore.

Mani incrociate, sguardo assente, gamba e voce che tremano. Ogni attimo sembra un colpo di pistola, proprio come quello che ha messo fine alla vita dell’uomo che ha sacrificato tutto per proteggere il suo lavoro e la sua famiglia. Un colpo di pistola esploso da uno dei quattro membri della banda (un quinto rimane ancora ignoto), attualmente sotto processo: i nomi coinvolti sono Luigi Di Napoli, Giuseppe Vangone, Angelo Palumbo e Francesco Acunzo.

Ascoltati i testimoni

La vedova non riesce a trattenere le lacrime. “Dopo che Antonio ha forato la gomma dell’auto dei rapinatori – ha raccontato in aula la donna – pensavo che mio marito fosse svenuto per cercare di proteggersi. Solo in seguito ci siamo accorti che la sua bocca era coperta di sangue”. Poi arriva il momento cruciale: “Antonio aveva riconosciuto i suoi aggressori e ha cercato in ogni modo di farli uscire, invitando tutti a mantenere la calma. Ma colui che ha sparato aveva gli occhi chiari e sgranati”. Morione, dopo essere stato colpito mortalmente, non riuscì a rivelare alla moglie e al figlio, accorsi per soccorrerlo, l’identità del suo assassino. Raffaele Caso, un parente presente in quel momento nella pescheria, ha testimoniato in aula: “Ha tentato di parlare, ma non è riuscito a pronunciare alcuna parola”. Anche Luigi Improta, che quella sera stava tornando a casa a piedi dal lavoro, si trovava a una certa distanza dalla scena. Ha raccontato: “Ero a circa settanta metri quando ho sentito gli spari. Mi sono nascosto dietro un’auto e sono uscito solo dopo aver udito il rumore dell’auto in fuga. Quando sono arrivato nei pressi della pescheria, ho sentito anche le urla provenire dall’interno del negozio”.

Sulla scena, un po’ più lontano, si trovava anche Luigi Improta, che quella sera stava tornando a casa a piedi dopo il lavoro. Quando la banda uscì dal negozio fuggendo verso l’auto, Improta si trovava a circa settanta metri di distanza. “Quando ho sentito gli spari, mi sono nascosto dietro un’auto e sono uscito solo dopo aver udito che l’auto era andata via”, ha raccontato. Successivamente, quando mi sono avvicinato alla pescheria, ho sentito anche le urla provenire dall’interno del negozio. Momenti che hanno scosso non solo una famiglia, ma l’intera comunità di Boscoreale e Torre Annunziata. Nella prossima udienza, prevista per dicembre, verranno ascoltati ulteriori testimoni che potrebbero chiarire uno degli episodi più tragici della recente storia del vesuviano.

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