POMPEI. I fondi europei del Grande progetto Pompei per il restauro e la messa in sicurezza sono ben spesi e il mondo prende lezioni. I maggiori musei chiamano il direttore generale del parco archeologico della Valle del Vesuvio, Massimo Osanna, chiedendogli di spiegare come spendere i soldi di Bruxelles e trasformare una storia di degrado in successo, di simbolo di crolli e abbandono in luogo di rinascita e sviluppo. Otto anni fa il crollo della Schola Armaturarum aveva portato all’attenzione del mondo intero le fragilità del patrimonio Unesco, diventato tale per essere stato custodito attraverso i millenni dalla coltre di lava e lapilli della devastante eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. E la città romana rimasta intatta nella sua drammatica bellezza di edifici e affreschi, utensili e ori, resti delle vittime pietrificati nei loro ultimi momenti di vita, avrebbe potuto polverizzarsi sotto gli insulti del tempo e dell’incuria umana.
Il crollo e i progetti
Così, il crollo della Schola Armaturarum divenne un richiamo alla responsabilità per l’Europa intera che stanziò fondi straordinari per salvare questa valle unica della storia dell’umanità. Il Progetto per la tutela e la valorizzazione dell’area archeologica di Pompei (Grande Progetto Pompei) è stato finanziato dalla Commissione Europea a partire dal 26 gennaio 2012 quale Grande Progetto Comunitario finanziato dalle risorse del Programma Operativo Interregionale Attrattori culturali, naturali e turismo FESR 2007-2013 (POiN) e in seguito dalle risorse del Programma Operativo Nazionale Cultura e Sviluppo FESR 2014-2020 (PON). L’importo complessivo – gestito con trasparenza e uno straordinario controllo da parte di una struttura costituita ad hoc per la parte degli appalti – era di 105 milioni di euro (cofinanziamento Ue: 75%, quota nazionale: 25%). Sono stati 76 gli interventi finanziati, di cui 69 conclusi.
Le dichiarazioni di Osanna
“Siamo più che soddisfatti del lavoro finora realizzato a Pompei, grazie anche al sostegno dell’Unione Europea con il Grande progetto Pompei”, è la valutazione di Massimo Osanna, direttore del Parco Archeologico di Pompei. “Parliamo – spiega – di 37 domus restaurate e riaperte al pubblico negli ultimi due anni, di interi quartieri e reti viarie messe in sicurezza e restituite alla pubblica fruizione, di un’attività di monitoraggio costante del sito, di mostre per la prima volta portate all’interno dell’area archeologica” e quello che è stato conseguito “è il risultato anzitutto di un riuscito lavoro di squadra interdisciplinare, ma è anche espressione del buon funzionamento di una macchina amministrativa adeguata, che ha visto le istituzioni (tra cui l’Ue), unite a più livelli verso un obiettivo comune”. Senza questa intesa, aggiunge il direttore del Parco, “non si sarebbe riusciti a gestire un patrimonio di così grande valore e in maniera così proporzionata alle esigenze, riuscendo a finalizzare gli interventi”. Una attività di “salvaguardia e valorizzazione che è stata premiata dall’incremento dei visitatori che quest’anno hanno sfiorato i 3 milioni e 500 mila, con un 8% in più rispetto allo scorso anno. Un successo per gli scavi, ma con un’importante ricaduta sul territorio, che inevitabilmente beneficia della maggiore presenza di turisti, e dunque sul suo rilancio”.
FONTE: ANSA.IT