CASTELLAMMARE DI STABIA. Un’intervista col “cuore in mano”, come spesso si suole dire a Napoli e dintorni. Fabio Quagliarella ha parlato praticamente di tutto a La Gazzetta dello Sport. Dal periodo magico che sta vivendo attualmente con la sua Samp (7 gol in 11 partite, tra cui quello segnato nel derby vinto contro il Genoa) alle partitelle con gli amici d’infanzia nella sua Castellammare di Stabia. Passando naturalmente per l’esperienza in Nazionale, il passaggio alla Juve e il traumatico stalking del poliziotto napoletano che gli ha reso la vita impossibile negli ultimi anni.
Da questi passaggi, fra alti e bassi, momenti di grande gioia e periodi difficili, Quagliarella è tornato a giocare ad alti già nella passata stagione continuando a vivere ad esultare con addossi i colori della sua Sampdoria, il club che lo ha lanciato da giovane e che ha continuato a credere in lui anche nel periodo più difficile della sua vita. Il progetto presentatogli dal presidente Ferrero e il sodalizio sportivo con mister Giampaolo, che lo aveva già allenato ad Ascoli, hanno restituito al calcio e alla Serie A un Quagliarella rigenerato e pronto a far esultare di nuovo i suoi tifosi. E oggi a Marassi arriva la Juventus.
Tra Napoli e Juve: la lealtà di Fabio
Il trasferimento di Fabio Quagliarella dal Napoli alla Juventus nel 2010 fece arrabbiare molto i tifosi partenopei. Tuttavia, da quando è emersa la verità sul suo addio alla squadra azzurra lo scorso febbraio, è tornato il sereno tra i sostenitori del Napoli e il loro vecchio idolo.
Nonostante ciò, gli anni trascorsi a Torino sono stati moto importanti per Quagliarella. Infatti, anche a poche ore da Sampdoria-Juventus, l’ex attaccante della Nazionale ricorda con commozione i suoi trascorsi in bianconero. Riferendosi al suo ex compagno Gianluigi Buffon, il bomber di Castellammare ha raccontato: «Quagliaré, tu si ‘o cchiù forte, mi diceva sempre Gigi in napoletano. Lo abbraccerò e cercherò di trasmettergli quello che ho provato lunedì quando dopo la Svezia ha fatto quell’intervista in lacrime. E gli dirò grazie per quanto ha fatto per il calcio italiano».
Tuttavia, in caso di gol, Quagliarella resta fedele alla sua linea di condotta: «Non scanso l’abbraccio dei miei compagni, saluto i miei tifosi, ma è come se dicessi agli altri “Con voi sono stato bene, e non dimentico”: tutti abbiamo un lato romantico, ma non dirò mai che chi esulta manca di rispetto».
Alla Juve Quagliarella è stato molto bene, nonostante i difficili rapporti con Antonio Conte: «Ancora non dimentico l’applauso dello Stadium quando giocai lì il derby con la maglia granata». Ma il bomber napoletano non può neanche dimenticare che a gennaio, a due giorni dalla fine del mercato, «dissi “Io non mi muovo”. E Conte: “Allora sei l’ultimo degli attaccanti”. Non lo meritavo».
Ritorno a Castellammare: mare, musica e partitelle con gli amici
Sicuramente Quagliarella non meritava neanche il comportamento di alcuni tifosi napoletani dopo il suo trasferimento alla Juventus. Tuttavia, la comprensibile rabbia e il rammarico nei suoi confronti, nascono dal grande affetto che i supporter azzurri hanno sempre nutrito per lui, ancor prima che arrivasse ad indossare la maglia del Napoli. Inoltre, nessuno avrebbe potuto immaginare l’incubo che Quagliarella e la sua famiglia stavano vivendo dopo il suo ritorno nel capoluogo campano.
Dal canto suo, Quagliarella non ha mai smesso di considerare Napoli, e Castellammare, casa sua. Nato e cresciuto all’Annunziatella, l’attaccante blucerchiato ha raccontato a La Gazzetta dello Sport qualche aneddoto sulla sua infanzia: «Nel quartiere squillavo di continuo i citofoni delle altre case. Poi facevo il giro degli amici per farli scendere e giocare. Giocavamo in un parco, il Nuovo Tetto, dove però non c’era un vero campo. Così capitava rompessi lampioni a ripetizione. Ed ecco che il citofono di casa nostra suonava a ripetizione».
Il 2009, dopo tante prodezze che fanno parlare di lui in tutta Italia, è l’anno in cui Quagliarella realizza finalmente il suo sogno: giocare con il Napoli. Ma il rapporto tra i promessi sposi viene interrotto da un poliziotto, Raffaele Piccolo, che perseguita e minaccia lui e la sua famiglia.
L’addio al Napoli è una doppia sofferenza. Su Piccolo, che prima della scoperta rivelata lo scorso anno era amico della famiglia Quagliarella, Fabio ha detto: «I danni che ci ha fatto non li cancella nessuno. Se domani dovesse venire da me e chiedermi scusa, non me ne potrebbe fregare di meno. Se l’è cercata e voluta, è giusto che paghi. Neanche un giorno né in carcere né ai domiciliari: un’infamata. Per questo non si pentirà mai davvero: lui continua a passeggiare per strada come se nulla avesse fatto, è stato trasferito ma continua a lavorare. Una presa in giro».
Alla luce di tutto questo, il suo passaggio alla Juve è stato perdonato anche dai tifosi del Napoli. In occasione della partita contro la Samp al San Paolo dello scorso campionato, i supporter azzurri hanno accolto il figliol prodigo con uno striscione che recitava: “Nell’inferno in cui hai vissuto… enorme dignità. Ci riabbracceremo Fabio, figlio di questa città”.
L’amore che lega Quagliarella alla sua terra è indiscutibile. A tal proposito, l’attaccante ha dichiarato: «Non avrei mai immaginato una cosa così. È come se la maglia l’avessi già rimessa: è stato il mio, il loro, gol più bello. Rimettere la casacca per davvero? Essere accostato al Napoli è un piacere ma il progetto mi pare proiettato al futuro, io invece vivo al presente e il mio presente si chiama Samp».
Napoli, anche per Quagliarella, è sinonimo di Maradona: «Anche se stava fermo per 90 minuti per noi aveva fatto una grande partita». Così come è sinonimo di mare, passione e musica. «Se il mare è piatto – racconta Quagliarella, – esco alle 8 del mattino, vado al largo e spengo il motore. Sono solo io, a sinistra vedo il Vesuvio, a destra la costiera e alle spalle Capri». Infine, la passione per la batteria: «Suonarla è una parola grossa, è una fissa che avevo e ho deciso di prendere lezioni. Mi piace guardare chi suona, penso a Tullio de Piscopo. Un assolo di batteria è talento e istinto puro. Un po’ come un mio tiro in porta all’improvviso».