Sant’Antimo: dal 2007 al 2017, un patto politico mafioso tra la famiglia Cesaro e il clan Puca, che avrebbe consentito di controllare la giunta comunale, ma anche gli uffici chiave del comune locale, a proposito di concessioni, di licenze, di permessi a costruire, di nulla osta, insomma di tutto ciò che può tradursi in appalti e lavori pubblici. È questa l’ultima accusa a carico della famiglia Cesaro, in una maxi inchiesta culminata in 59 ordini di cattura.
“Patto dei Cesaro con i clan” per controllare la giunta comunale
Finiscono così agli arresti domiciliari Aniello e Raffaele Cesaro, mentre c’è l’arresto in cella il terzo fratello Antimo, ritenuto da anni interfaccia del boss Pasquale Puca. È stata la Dda di Napoli ad avanzare richiesta di arresti in cella a carico del senatore azzurro Luigi Cesaro, per il quale dovrà esprimersi il gip di Napoli Maria Luisa Miranda.
A distanza di meno di un mese, dunque, una nuova (pesante) tegola per lo storico leader del centrodestra in Campania (in passato anche coordinatore azzurro e presidente della Provincia di Napoli), per il quale pende tuttora richiesta di arresto al Senato: le presunte mazzette prese dall’imprenditore stabiese Adolfo Greco nel 2015 (indagine della Procura di Torre Annunziata).
Le indagini
La nuova accusa a carico dei fratelli Cesaro è di concorso esterno in associazione camorristica. Intercettazioni e pentiti svelano l’esistenza di un presunto abbraccio politico mafioso: da piccoli imprenditori, i fratelli Cesaro crescono grazie ai soldi del socio occulto Pasquale Puca, o minorenne, che avrebbe finanziato il centro polidiagnostico Igea, ma anche il centro commerciale Il Molino (sequestrato assieme ad altre decine di locali). Dopo l’arresto (siamo nel 2009), la camorra dei Puca (collegata ai clan Verde e Ranucci) avrebbe chiesto ogni mese una quota ai Cesaro, come in una ordinaria gestione societaria.
Ed è in questo scenario che vengono inseriti dai militari del Ros i due attentati subiti dai Cesaro: è il sette giugno del 2014, quando, contro il centro Igea di Sant’Antimo, viene fatta esplodere una bomba che distrugge parte dell’ingresso. Si trattò di un avvertimento per i «pregressi accordi» non rispettati, mentre il 10 ottobre del 2015, sono ancora i Puca a tornare alla carica, esplodendo 5 colpi di pistola contro l’auto di Aniello Cesaro, in sosta in un autolavaggio.
Il sistema
Cinquanta euro a voto per il primo turno, 25 in caso di ballottaggio, la consegna dei certificati elettorali da parte degli elettori prezzolati, chiamati a raccolta all’esterno dei seggi, poi costretti a fotografare il voto espresso. È andato così dal 2007 al 2017, fino a quando poi – dopo l’inchiesta su Marano, i Cesaro si ritirano dalla competizione.
Nel 2017 si insedia a Sant’Antimo, una giunta di centrosinistra, ma il clan torna alla carica: vengono avvicinati i dirigenti comunali scelti dal nuovo sindaco per essere minacciati e picchiati. Poi il pressing politico che fa definitivamente cadere la giunta in carica un anno fa.
Il commento del senatore Luigi Cesaro
«Sono esterrefatto. Nel corso della mia lunga e diversificata esperienza politica ed istituzionale mi sono più volte cimentato in campagne elettorali, da quelle europee a quelle nazionali, provinciali e comunali: sempre il consenso sulla mia persona è stato raccolto in modo assolutamente trasparente ed i suffragi ricevuti sono stati frutto del mio impegno a sostegno delle nostre comunità e della mia nota disponibilità nei confronti dei cittadini». Tra le figure chiavi è l’ingegnere Claudio Valentino, che finisce in cella come presunto dominus del Comune, (a casa del quale ieri i carabinieri del ros hanno trovato 43 mila euro in contanti), ritenuto capace di creare una sorta di sistema in grado di favorire richieste di licenze e permessi.
Particolarmente attivo il consigliere comunale forzista Francesco Di Lorenzo, che vanta a voce alta di aver anticipato oltre 40mila euro per la campagna elettorale delle ultime comunali, che viene indicato come l’interfaccia politico del clan Puca, assieme agli altri consiglieri comunale Nello Cappuccio e Vincenzo D’Aponte.
Il sequestro
Sequestri beni per ottanta milioni di euro, in uno scenario che vede coinvolta anche la 77enne Teresa Pappadia, mamma del boss Puca, colpita da un ordine di presentazione alla pg per i soldi ricevuti ogni mese dai Cesaro: dai presunti soci del figlio camorrista.