NAPOLI. “Siamo tutti ancora un po’ animali, siamo tutti un po’ esseri umani”. Parte da qui Roberto Azzurro per mettere in scena Scarrafunera di Cristian Izzo, di cui l’artista è anche interprete, da giovedì 30 novembre 2017 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 3 dicembre) al Teatro Elicantropo di Napoli.
Esseri umani speciali quelli interpretati da Roberto Azzurro, (Pier Paolo Pasolini, Oscar Wilde, Boni de Castellane), che stavolta diventa lo “scarrafone”, nell’originale monologo presentato sul palcoscenico partenopeo da Ortensia T.
L’opera
Scarrafunera prova a elevare, inizialmente, la concezione del coleottero a essere antropomorfo, dotato di intelletto, che inizia a lamentarsi del luogo di residenza, per manifestare, poi, la volontà di volerlo abbandonare. Attraverso argomentazioni e osservazioni di un mondo ipertrofico, si concretizza un continuo movimento spasmodico, convulso, ma, fondamentalmente, immobile.
“Finalmente – spiega Roberto Azzurro – senza ricorrere al favoloso Gregor Samsa di Kafka, eccone un altro, senza nome, ma fatto di versi. E, nell’intento di diventare altro sulla scena, un altro apparentemente così lontano da noi. Quando ho incontrato Scarrafunera di Cristian Izzo, mi sono reso conto che, poi, non ero così tanto lontano”.
“Una scarrafunera è un nido di scarafaggi – spiega Cristian Izzo – Ed è qui che rifletto su una somiglianza naturale tra l’uomo e lo scarafaggio, che non ha nulla a che vedere con i ben noti cliché riguardanti lo schifo, il ribrezzo provocati da questo antipatico essere vivente e più vicina a quanto detto da Joyce in Dubliners, o da Dickens in Hard Times”.
“L’essere umano, come lo scarrafone, -continua lo sceneggiatore – non si percepisce come componente di una collettività, ma si concepisce come principio e fine di un Universo a sé stante, ed in questo continuo affermarsi e prevaricarsi di ego ipertrofici crea un movimento spastico, violento, convulso e continuo, pur restando sempre immobile, nello stesso punto. Una pesante immobilità, una irrisolutezza nevrotica – conclude – che sembra entrata nella quotidianità, di chi s’illude di conquistare il Mondo, rubando la mela del vicino, mentre lui non è in casa, perché occupato a rubare un’altra mela, ad un altro vicino: magari, proprio a lui”.
Scarrafunera affronta i temi della convivenza, della famiglia, della morte, dell’inesistente rapporto con una madre generatrice e non mamma, dove l’unico incontro resterà indelebile per quel che sarà, poi, l’esito finale.