NAPOLI. “I dati degli screening neonatali sono spesso incompleti sebbene raccolti con grande impegno e tra mille difficoltà. In più quelli informatizzati continuano ad essere dispersi in mille rivoli: la loro digitalizzazione va a rilento e manca ancora un sistema informatico integrato. E parliamo solo e soltanto degli screening obbligatori, screening audiologico, oftamologico e TSH previsti per i LEA regionali dal Piano di prevenzione. Mentre le altre Regioni d’Italia sono impegnate sugli screening genetici e allargarti alla diagnosi precoce per malattie metaboliche, in Campania lo Screening Oftamologico viene eseguito solo in 36 punti nascita sui 54 presenti in Campania. Si vieta a gran parte di bambini nati in Campania di praticare test in grado di diagnosticare sin dalla nascita qualsiasi patologia oculare e di effettuare trattamenti tempestivi sui difetti e consentirne recuperi significativi”. Così la Consigliera regionale campana, Maria Grazia Di Scala (FI), presidente della Commissione Sburocratizzazione del Consiglio regionale della Campania, a margine della seduta di audizione sulle procedure e l’informatizzazione degli screening neonatali, alla quale erano stati convocati i vertici delle Asl, delle aziende ospedaliere pubbliche e universitarie della Campania, le rappresentanze sindacali e il governo regionale, quest’ultimo assente.
I dati degli screening neonatali
“Per capirci, – spiega Di Scala – se i dati in nostro possesso dicono che ogni anno almeno il 3% dei circa 55 mila neonati sottoposti a screening audiologico risulta affetto da sordità mi devo chiedere se queste informazioni provengono da tutti i punti nascita della Campania, incluse le unità di terapia intensiva neonatale e i centri aziendali di II livello. Purtroppo così non è ed il quadro che ne emerge risulta parziale e quindi inutile per chi dovrebbe occuparsi di prevenzione o intervenire adeguatamente”.
“Mi sono chiesta, ad esempio, – prosegue l’esponente di Forza Italia – che cosa succede quando il campione ematico raccolto su cartoncini, risulta non idoneo per l’analisi, cosa possibile e non infrequente, e se il neonato viene richiamato e sottoposto nuovamente al prelievo. Temiamo che nella maggior parte dei casi questo non accada. È molto probabile che vi siano bambini ai quali è stato praticato un test ematico al cui risultato non si è mai pervenuti per l’inadeguatezza del campione prelevato ”.
Per la presidente della Commissione consiliare “sono solo alcuni aspetti emblematici delle gravi criticità di un sistema disorganizzato e che assorbe decine e decine di milioni di euro per non funzionare”.
“Eppure, – conclude Di Scala – parliamo di una problematica di fondamentale importanza per la prevenzione e l’organizzazione del sistema sanitario regionale, un settore sul quale purtroppo non si intravede ancora nessun intervento concreto, né un interessamento fattivo della struttura commissariale o del governo regionale”.