NAPOLI. Usare software pirata, e cioè programmi informatici privi di licenza, alle Piccole e medie imprese italiane (Pmi) è costato oltre 1,3 milioni di euro nel 2017, a causa del risarcimento dei danni per violazione del diritto d’autore e dei costi di legalizzazione.
La cifra, calcolata da Bsa (The Software Alliance), è in crescita del 37% rispetto al 2016, quando il prezzo di aver usato software senza licenza si era attestato a 950mila euro. Lo riporta l’Ansa.
Software pirata, i costi
L’anno scorso le Pmi che sono state scoperte a impiegare software pirata hanno dovuto pagare in media 56.700 euro, fa sapere la Bsa, associazione internazionale di categoria nata che promuove l’uso di software e persegue le violazioni del copyright. A usare programmi senza pagare la licenza d’uso o di acquisto sono state soprattutto le aziende IT, le società di vendita e le imprese manifatturiere, seguite a stretto giro dalle aziende grafiche, pubblicitarie e dagli studi di architettura.
Il commento
“Ogni anno l’utilizzo di software senza licenza costa sempre di più alle Pmi, nel loro complesso. Un numero ancora alto di aziende quindi continua a ignorare i diritti d’autore, non pensando alle conseguenze economiche”, ha commentato Simona Lavagnini, consulente legale di Bsa per l’Italia.
A incidere sull’incremento, oltre ai maggiori controlli, è anche la crescita del numero di segnalazioni da parte di informatori, spesso impiegati scontenti. Nel 2017 sono state 444 contro le 322 dell’anno precedente. Nel 2018 si è già superata quota 400 segnalazioni.