NAPOLI. Ha deciso di togliersi la vita uccidendosi nella sua cella del carcere di Poggioreale, a Napoli. Il suicidio, come segnalato dal sindacato Sappe in una nota, si è verificato ieri pomeriggio.
Suicidio a Poggioreale, la nota del Sappe
Emilio Fattorello, segretario nazionale per la Campania del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, commenta: “Davvero dobbiamo parlare di una estate tragica nella Casa Circondariale di Napoli “Poggioreale”. Ieri pomeriggio, un detenuto comune trentenne nel Padiglione Napoli, approfittando della assenza dei quattro compagni di stanza che erano nel cortile passeggi, si è tolto la vita impiccandosi alle inferriate con un lenzuolo. A nulla sono valsi i tentativi di soccorso messi in atto dal personale della Polizia Penitenziaria e dai sanitari che non hanno potuto fare altro che accertare il decesso di E.V., originario di Maddaloni (CE), appellante per rapina e tentato omicidio con fine pena giugno 2027, ristretto nel carcere partenopeo da giugno scorso proveniente dalla Casa Circondariale di Avellino. È questo, il terzo suicidio in breve tempo a Poggioreale, un ulteriore dramma che rappresenta una sconfitta per tutte le componenti che operano nella struttura detentiva. Tali continui drammatici eventi incidono sulla psiche del personale della Polizia Penitenziaria in maniera deleteria. Gestire la morte di un essere umano in maniera violenta come il suicidio di certo lascia il segno che con altri mille elementi aumenta lo stress lavorativo in un ambiente particolare come quello di Poggioreale non a caso definito “l’inferno dei vivi’. Contenere e convivere con circa 2200 detenuti con una afa insopportabile in una struttura di un secolo con angusti spazi non è segno di una civiltà degna di questo termine. Il grido di allarme del SAPPE continua ad essere inascoltato”.
Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, aggiunge: “Tre suicidi di altrettanti detenuti in poche settimane a Poggioreale allarmano. Questo ultimo drammatico episodio evidenzia come i problemi sociali e umani permangono nei penitenziari, lasciando isolato il personale di Polizia Penitenziaria (che purtroppo non ha potuto impedire il grave evento nelle due Case circondariali) a gestire queste situazioni di emergenza. Il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. Per queste ragioni un programma di prevenzione del suicidio e l’organizzazione di un servizio d’intervento efficace sono misure utili non solo per i detenuti ma anche per l’intero istituto dove questi vengono implementati. E’ proprio in questo contesto che viene affrontato il problema della prevenzione del suicidio nel nostro Paese. Ma ciò non impedisce, purtroppo, che vi siano ristretti che scelgano liberamente di togliersi la vita durante la detenzione”.
“Negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 19mila 500 tentati suicidi ed impedito che quasi 140mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze”, conclude Capece.
“Ma la realtà è che negli ultimi anni sono state smantellate le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali, con detenuti di 25 anni che incomprensibilmente continuano a stare ristretti in carceri minorili. Mancano Agenti di Polizia Penitenziaria e se non accadono più tragedie più tragedie di quel che già avvengono è solamente grazie agli eroici poliziotti penitenziari, a cui va il nostro ringraziamento. Auspico allora che il nuovo Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ed il nuovo Capo dell’Amministrazione Penitenziaria Francesco Basentini si attivino concretamente per dare un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese. Nelle carceri c’è ancora tanto da fare: ma senza abbassare l’asticella della sicurezza e della vigilanza, senza le quali ogni attività trattamentale è fine a se stessa e, dunque, non organica a realizzare un percorso di vera rieducazione del reo”.