Test truccati per l‘esercito: indagati i vincitori, i presunti beneficiari di una truffa ai danni dello Stato.
Test truccati per l’esercito: indagati i vincitori del concorso
È giunta la svolta all’inchiesta riguardante i concorsi militari truccati a discapito di tutti i candidati e della meritocrazia, un’inchiesta che in questi mesi ha strappato conferme, soprattutto sotto il profilo dei gravi indizi di colpevolezza, grazie alla decisione di alcuni personaggi chiave di svelare retroscena inediti.
Le indagini sulla truffa
Inchiesta è stata coordinata dal pm Giancarlo Novelli, sono quindici i soggetti raggiunti da avvisi di chiusa inchiesta: a seguire i nomi. Spiccano le posizioni di Luigi Masiello, ex colonnello oggi in pensione (per anni responsabile dei rapporti con la stampa), dell’informatico Claudio Testa, ritenuto responsabile della creazione di un algoritmo in grado di garantire un esito positivo alle prove per l’accesso nei ranghi dell’esercito.
La Procura di Napoli ha indagato in particolare sul concorso per volontario in ferma prefissata di quattro anni, tenuto nel 2016 e considerato un punto di partenza ideale per scalare anche altre gerarchie militari (come polizia, guardia di finanza e carabinieri). Finiscono sotto inchiesta anche alcuni vincitori di concorso, ragazzi e ragazze che da qualche mese hanno indossato la divisa e sono stati destinati ai rispettivi reparti e corsi di addestramento. Con l’ipotesi di truffa aggravata ai danni dello Stato, sotto inchiesta finiscono così Fabio Ametrano, Stefano Cuomo, Rocco D’Amelia, Massimo Di Palma. Sotto indagine anche Giuseppe Claudio Fastampa, Ciro Fiore, Raffaele Russo, Sabato Vacchiano, Giuseppe Zarrillo, indicati come partecipi di una trama organizzata a tavolino. Per gli inquirenti alcune centinaia di candidati avrebbero acquistato, con cifre cospicue, una formula attraverso la quale era possibile ottenere la risposta giusta ai quesiti proposti, diversi da quelli di matematica e logica. Per questi ultimi, invece, le risposte venivano fornite su carta.
È il caso delle ammissioni rese dall’ufficiale Fiore, che ha confermato di aver avuto a disposizione di almeno centomila euro, soldi che sarebbero riconducibili al mercato dell’algoritmo messo in piedi per la grande prova del 2016. Indagini della guardia di finanza, si parte da una chat via whatsapp tra Fiore e un suo conoscente, nel corso della quale campeggiava la foto di un tavolino con diverse banconote di euro.