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Quali sono i clan di camorra più potenti della zona di Torre Annunziata | La storia e i protagonisti, il clan Gionta

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Quali sono i clan di camorra più potenti della zona di Torre Annunziata? La più potente organizzazione criminale del mondo è la camorra. Ad affermarlo è la Dia, l’Organo di investigazione di massimo livello, la cui relazione 2023, recentemente aggiornata, è stata rilasciata dal Ministero dell’ Interno. Le indagini svolte su oltre 200 famiglie di camorra hanno permesso di identificare affiliati operanti in Campania, in altre regioni italiane e nazioni. Inoltre, clan di camorra presenti in diversi continenti, attraverso affari illeciti, fatturano annualmente migliaia di milioni di euro. Il resoconto che segue riguarda il più potente clan di camorra di Torre Annunziata, il clan Gionta.

Camorra: il clan più potente della zona di Torre Annunziata, il clan Gionta, la storia

Il clan Gionta venne fondato negli anni ’80 dalla famiglia Gionta, pescatori e commercianti del mercato ittico. Il capoclan Valentino Gionta, insieme ai fratelli suoi luogotenenti, erano appoggiati dai fratelli Angelo e Lorenzo Nuvoletta, di Marano. A Torre Annunziata c’erano anche il boss Carmine Alfieri, in quel periodo latitante, e Antonio Bardellino. In una prima fase Carmine Alfieri, Antonio Bardellino, Angelo e Lorenzo Nuvoletta e il gruppo Gionta, formarono un “cartello criminale” che comandava tutta l’area, con Valentino Gionta come reggente di Torre Annunziata.

Valentino Gionta

Dopo un periodo di pacifica e proficua alleanza, a Carmine Alfieri iniziò a non piacere l’esuberanza del ras Valentino Gionta, che contrariamente agli accordi presi con gli altri gruppi del cartello, oltre a gestire i soliti affari illeciti in zona, quapplli estorsioni, contrabbando di sigarette e gestione dei pescherecci e del mercato del pesce, iniziò ad inondare di eroina le strade di Torre Annunziata. Ci furono diversi morti per overdose e questo fece “rumore”, e inevitabilmente attirò l’attenzione della Polizia. Carmine Alfieri non fu entusiasta di come il gruppo Gionta gestiva lo spaccio di eroina, e iniziò una fase di attrito tra i due gruppi. Carmine Alfieri più volte fece dei richiami a Valentino Gionta sulla questione, anche se con modi velati e criptici, ma Valentino Gionta era troppo preso dal fiume di soldi che l’eroina portava nelle tasche del clan per ascoltare.

Gli inganni, i tradimenti e le scissioni, il clan Nuvoletta

I clan dei Bardellino, Ammaturo, Alfieri e Galasso, che erano legati a Cosa nostra attraverso Tommaso Buscetta e Gaetano Badalamenti, credevano che il clan dei Nuvoletta fosse doppiogiochista, perché più volte si rifiutò di entrare in guerra con Raffaele Cutolo, anzi, cercò di fare da paciere. Antonio Bardellino, nel frattempo fondò un nuovo gruppo; i clan dei Casalesi. I Casalesi entrarono in conflitto con lo stesso clan dei Nuvoletta, alleato al clan Gionta e legato a Cosa nostra attraverso lo schieramento vincente la seconda guerra di mafia, quello guidato dai Corleonesi.

Umberto Ammaturo

Il clan Gionta e le stragi degli anni ’80

Legati a Cosa Nostra e con i Nuvoletta di Marano, affiancandosi alla Fratellanza Napoletana, venerdì 11 settembre 1981 il clan Gionta, attraverso una spedizione punitiva fece piazza pulita dei capizona della Nco di Raffaele Cutolo a Torre Annunziata. Nell’agguato vennero uccisi Salvatore Montella e Carlo Umberto Cirillo.

Gli affari

Gli affari del clan Gionta si basavano soprattutto sul contrabbando di sigarette, sul controllo del mercato ittico, attraverso una cooperativa, la “Do.Gi. Pesca”. Il clan Gionta riuscì a mettere le mani su interessi di miliardi di lire. Quello fu solo l’inizio del periodo d’oro del gruppo che, negli anni, fece sorgere una vera e propria holding.

Il traffico dell’eroina

Il secondo passo fu il traffico dell’eroina che risultò di facile attuazione avendo a disposizione numerosissimi pescherecci. L’ eroina si rivelò un business enorme e per questo che il clan entrò in conflitto con Antonio Bardellino. Fu proprio il boss casertano a volere la strage di Sant’Alessandro che venne messa in atto dagli uomini di Carmine Alfieri. Ma il 1984 fu a favore del clan Gionta, infatti, domenica 20 maggio, in un agguato, venne ucciso Leopoldo Del Gaudio, boss di Ponte Persica, che controllava il mercato dei fiori di Pompei.

L’omicidio eccellente del giornalista Giancarlo Siani

Giancarlo Siani, nato a Napoli, sabato 19 settembre 1959, era un giornalista che si occupava di cronaca a Torre Annunziata per una filiale del giornale il “Mattino”. Seguendo il suo notevole istinto, iniziò una inchiesta sulla camorra, le gare di appalto truccate per la ricostruzione del terremoto del 1980 dell’Irpinia e di alcune anomalie nelle assegnazioni per i lavori pubblici. Riuscì ad individuare società fittizie intestate ad anziani invalidi e prestanomi, infiltrazioni mafiose nella giunta comunale e tangenti.

Per un suo articolo sulla corruzione nel comune di Torre Annunziata al quale diede il titolo di “Fortapasc”, venne redarguito dai suoi superiori, perché l’articolo alzò un polverone, ma gli valse anche una promozione. E dalla sede di Torre Annunziata venne trasferito nella sede di Napoli. Poi, pubblicò un articolo nel quale intuì e individuò un doppio gioco in atto, nel quale a farsi le “scarpe” erano due gruppi alleati, smascherando un tradimento tra boss che si dichiaravano soci, e così firmò la sua condanna a morte.

Giancarlo Siani

La sera dell’omicidio

Giancarlo Siani aveva appena finito di scrivere un articolo, mai ritrovato, che secondo alcuni colleghi e conoscenti avrebbe avuto al suo interno, documenti, ma anche nomi e cognomi di politici, imprenditori corrotti, e camorristi, un articolo che avrebbe provocato un terremoto. La sera di lunedì 23 settembre 1985, venne avvicinato da un gruppo di fuoco che lo crivellò di colpi di pistola, non appena ebbe parcheggiato l’auto davanti casa sua. Più di 10 anni dopo, martedì 15 aprile 1997 la II sezione della Corte d’assise di Napoli condannò all’ergastolo i mandanti dell’omicidio, i fratelli Lorenzo e Angelo Nuvoletta, Luigi Baccante e gli esecutori materiali, Ciro Cappuccio e Armando Del Core.

La guerra tra i Nuvoletta-Gionta-D’Alessandro e Alfieri-Bardellino

Dopo la rovina di Cutolo, i Nuvoletta-Gionta-D’Alessandro entrano in contrasto con gli Alfieri-Bardellino. Il 20 maggio 1984, Leopoldo Del Gaudio, boss di Ponte Persica alleato di Alfieri-Bardellino-Cesarano, cade ammazzato a Torre Annunziata dai Gionta e D’Alessandro. Per questo fatto, gli Alfieri-Bardellino si vendicano con l’omicidio di Ciro Nuvoletta e la Strage di Torre Annunziata, che avviene il 26 agosto, decimando gli uomini di Gionta. A decidere la carneficina sono Antonio Bardellino e Carmine Alfieri che sarà eseguita materialmente dai sicari di quest’ultimo, preoccupati per l’espansione considerevole del clan Gionta e il 3 novembre, il Tribunale di Napoli emise 54 mandati d’arresto per la strage. Un anno dopo, l’8 giugno 1985, Valentino Gionta viene arrestato nel territorio dei Nuvoletta, suoi storici confederati, a Marano; a tal proposito, 2 giorni dopo il fatto, Giancarlo Siani, ucciso in seguito per quest’affermazione, scrive in un suo articolo per Il Mattino che la presa di Gionta non è stata altro che “il prezzo pagato dai Nuvoletta per giungere ad una pace con Bardellino”.

Le condanne di Valentino Gionta

Condannato per associazione camorristica (3 volte), traffico di cocaina, corruzione (almeno due appalti di edilizia scolastica e rete fognante del Quadrilatero delle Carceri, rione di Torre Annunziata, dove abitava lo stesso Gionta, nell’estate del 1990, valore di 33 miliardi di lire il primo e 11 miliardi 800 milioni il secondo), concorso in estorsione ai danni dei grossisti del mercato ittico di Torre Annunziata (costretti a versare somme variabili tra i 2 e i 15 milioni di lire), duplice omicidio e responsabilità in fatto di voto di scambio (in seguito prosciolto poiché il reato è andato in prescrizione), è detenuto dal 19 febbraio 1991, infatti nel 1989 aveva ottenuto gli arresti domiciliari a Torre Annunziata. Assieme a lui avevano beneficiato di questo provvedimento 80 detenuti, tra cui altri presunti camorristi.

Che fine ha fatto Valentino Gionta?

Pochi giorni dopo, il 10 aprile, venne ucciso a Torre Annunziata Salvatore Annunziato, appartenente al clan dei Limelli, che controllava il commercio dei mitili. Un’esecuzione in pieno giorno, due sicari a bordo di una moto di potente cilindrata gli arrivano addosso e lo fulminano a pallotole, in strada. Subito dopo, Gionta scompare dal suo alloggio assieme al figlio Aldo (Torre Annunziata, 18 febbraio 1972), all’epoca 17enne, e verranno arrestati 52 giorni dopo a Genova, il 1º giugno 1989 (Valentino è rimasto ferito). Nel dicembre 1989 viene rimesso in libertà e verrà arrestato infine un’ultima volta, da latitante, il 19 febbraio 1991. Rinchiuso nel carcere di Novara, dal 2007 è sottoposto al 41 bis e sta scontando l’ergastolo per gli omicidi di Francesco Generoso (10 giugno 1984) e Edoardo Di Ronza (3 novembre 1989) e anche in seguito alla ripresa della faida a Torre Annunziata.

Relazione Dia

L’arresto dei personaggi cardine del clan Gionta e la scesa in campo del clan Gallo-Cavalieri e del gruppo IV Sistema, ha reso l’area instabile. Nel Comune di Torre Annunziata, i recenti esiti investigativi confermerebbero la presenza dei clan di camorra Gionta, Gallo-Cavalieri, Gallo-Pisielli e IV Sistema, quest’ultimo frangia del clan Gallo-Pisielli attivo nel locale Parco Penniniello. Gli interessi illeciti di questi gruppi, che si contendono il controllo del territorio anche ricorrendo alla violenza, riguardano principalmente le estorsioni e i reati in materia di sostanze stupefacenti, come confermato nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita giovedì 6 ottobre 2022 dagli Operatori dell’ Arma dei Carabinieri, a carico di 4 soggetti riconducibili al clan Gionta, accusati di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo e dalle finalità mafiose.

Dia

Tale provvedimento scaturisce, infatti, dalle investigazioni avviate sul racket delle estorsioni perpetrate dal cartello, in particolare, in danno di una società calcistica e di locali attività commerciali. L’operatività dei clan antagonisti, Gallo-Cavalieri e IV Sistema, è invece comprovata dalla misura cautelare eseguita dalla Polizia di Stato giovedì 30 giugno 2022 a carico di 12 persone riconducibili ad entrambe le fazioni criminali ed accusate di numerosi reati aggravati dal metodo mafioso, tra i quali detenzione e porto illegale di armi, detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio e di tentato omicidio, ai danni di un affiliato del clan Gallo-Cavalieri, compiuto a Torre Annunziata mercoledì 26 agosto 2020.

Più di recente, il clan IV Sistema è stato colpito, unitamente ad altri gruppi criminali, da un’altra misura cautelare eseguita martedì 13 dicembre 2022 dagli Operatori dell’Arma dei Carabinieri a carico di 33 persone che, tra il 2020 e il 2021, avrebbero gestito e rifornito di sostanze stupefacenti numerose piazze di spaccio dell’area meridionale della provincia di Napoli, tra cui il menzionato Parco Penniniello di Torre Annunziata.

Torre Annunziata IV Sistema

Il clan Gionta, oggi

Nonostante gli storici boss del clan Gionta siano agli arresti e alcuni siano morti, il gruppo continua ad essere il più potente di Torre Annunziata. La nuova generazione dell’organizzazione criminale non solo è rimasta militarmente superiore agli altri gruppi, ma si è evoluta inserendosi in altri ambiti d’affari. Molti dei suoi ricavi illeciti vengono riciclati e reinvestiti in attività legali.

Ci sono ancora spesso scontri a fuoco, ma il clan Gionta può ancora contare su molti affiliati con esperienza e sui nuovi “fanti” pronti a sostituire la vecchia guardia. Dalle ultime indagini della Dda, nonostante il boss stia scontando una sentenza di fine pena mai, riesce ancora a comunicare con l’esterno del carcere e a dettare legge. Anche se ci sono scontri per il controllo di alcune zone, il clan Gionta resta il clan più potente di Torre Annunziata.

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