NAPOLI. “Troppi fast food al Vomero”: questa la polemica di Gennaro Capodanno, presidente del comitato valori collinari. Qui di seguito una nota stampa di Gennaro Capodanno.
La nota
“Il Vomero – esordisce Gennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori collinari – nei libri sulla storia del capoluogo partenopeo, viene sovente ricordato come la Cinecittà di Napoli, visto che, agli inizi del novecento, proprio nel quartiere collinare partenopeo si trovavano due stabilimenti di produzione cinematografica.
La “Partenope film” fondata nel 1910 da Roberto Troncone in via Solimena e la “Lombardo Film” , rilevata da Gustavo Lombardo e da cui sarebbe poi nata la “Titanus”, in via Cimarosa 186. A latere di questa attività di produzione, sempre al Vomero, cominciarono anche a proliferare le sale cinematografiche a partire dalla prima, l’Ideal, che sorse in via Scarlatti nel 1913 nei locali che attualmente ospitano il megastore Zara”.
“A distanza di quasi un secolo – afferma Capodanno – perse anche le sue caratteristiche di quartiere agricolo, per la qual cosa veniva anche ricordato come quartiere dei broccoli, il Vomero si va sempre più caratterizzando quale quartiere del fast food, per il proliferare di questo tipo di attività, che oramai ha invaso piazze e strade dell’intero territorio amministrativo. Infatti, mentre sono quasi del tutto scomparse le attività commerciali di altri settori, principalmente di abbigliamento e di accessori, e mentre è in atto anche la crisi della grande distribuzione, come dimostrano prima la scomparsa dello store FNAC e, in questi giorni, l’annunciata chiusura del punto vendita Trony in via Luca Giordano, subentrato nel 2013 in alcuni locali lasciati liberi dal marchio francese, solo per ricordare gli ultimi eventi, in via Luca Giordano, al posto di un negozio di calzature ha aperto un fish & chips, mentre, nelle ultime ore, nella centralissima via Scarlatti, al piano terra di uno dei fabbricati più antiche del quartiere, in due locali attigui, dove precedentemente operavano un negozio di abbigliamento e uno di telefonia, ha iniziato la propria attività un’altra paninoteca”.
“Vero è – puntualizza Capodanno – che oramai, a seguito della crisi alimentata anche dal ricorso all’e-commerce, molte attività al minuto, esercitate in passato da commercianti di tradizione, che si tramandano il testimone di padre in figlio, sono praticamente scomparse ma, anche per le implicazioni che comporta, questa proliferazione surdimensionata di attività legate ai pubblici esercizi, quali bar, ristoranti, paninoteche e quant’altro, crea non poche preoccupazioni anche per il forte richiamo che esercita su tanti giovani, che specialmente nei fine settimana, invadono il quartiere collinare, con ripercussioni anche sulla viabilità e sull’ordine pubblico”.
“Purtroppo – aggiunge Capodanno – questa vera e propria metamorfosi del più importante settore produttivo del Vomero, quello del terziario commerciale, con circa 1.600 punti vendita su un territorio di appena due chilometri quadrati, alcuni dei quali della grande distribuzione, è stata agevolata dalla latitanza delle istituzioni preposte, che invece avrebbero dovuto scendere in campo per tempo con apposite iniziative e provvedimenti, tesi, da un lato a salvaguardare le attività storiche e di tradizione, dall’altro a porre un limite a questa vera e propria esplosione di attività di somministrazione di bevande e cibi, che, invece, trovano un ulteriore terreno fertile, anche nella tendenza, invalsa in anni recenti, a concedere spazi sul suolo pubblico per l’organizzazione di fiere e sagre destinate alla commercializzazione di alimenti di vario genere, dalla cioccolata ai prodotti siciliani”.