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Il 3 febbraio del 1957 nasce il Carosello, rivoluzionario programma televisivo

Carosello: gli indimenticabili spot degli anni Settanta e prima metà anni Settanta. Non c’era la computer grafica, ma “facevano effetto” eccome. Più visti dei telefilm e di qualsivoglia attrattiva dell’epoca, a quel tempo, infatti, i giovani di ogni età guardavano tutti il mitico “Carosello” e andare andavano a nanna, molti “ragazzi” di allora se lo ricordano bene.

3 febbraio 1957: nasce il Carosello

Il 3 febbraio del 1957 è una data storica per l’Italia: va in onda la prima puntata del Carosello e nasce ufficialmente l’advertising televisivo in Italia. Ripercorriamo assieme la storia del Carosello, il programma che – fino al 1° gennaio del 1977 – ha cambiato le abitudini degli italiani.



Alla nascita della televisione italiana, la RAI monetizzava i suoi proventi unicamente dal canone, gli abbonati però erano un numero ancora esiguo. Già da tempo aleggiava l’idea di creare un contenitore pubblicitario, proprio perché le aziende italiane vedevano nel palinsesto televisivo un importante canale da sfruttare per promuovere i loro prodotti.

Non si voleva proporre agli inserzionisti la classica lettura di annunci pubblicitari come avveniva in radio, ma qualcosa di innovativo, emozionante, non invasivo, attraverso l’intrattenimento e lo spettacoloNacque così l’idea di Carosello: scenette comiche e divertenti per catturare l’attenzione del target e convogliarla alla presentazione del prodotto alla fine dello sketch.



Il progetto pilota, una sorta di protocarosello, vide diversi siparietti realizzati a Torino, Milano e Roma. Il più famoso è “La pianola magica” del 1955, un cortometraggio di 25 minuti, in cui un giovane Paolo Ferrari suona con una pianola degli intermezzi per alcune scenette interpretate da attori quali Mario Carotenuto, Alberto Bonucci, Marisa AllasioMaria Grazia FranciaAlberto SorrentinoUmberto Melnati che pubblicizzano prodotti di fantasia. È, di fatto, ciò che sarebbe stato il Carosello due anni dopo.

L’origine del nome

L’origine del nome si deve al film “Carosello Napoletano” del 1954 , la prima “pellicola-rivista” incentrata sull’attività del cantastorie: come nel film, l’idea era quella di raccontare, cantare e far divertire in un tempo brevissimo. “Carosello”, infatti, significa torneo, parata di cavalieri, scontro spettacolare.



L’idea della RAI era, inizialmente, di produrre tutti gli spot facendoli pagare 500.000 lire agli inserzionisti. Ben presto ci si rese conto che la produzione sarebbe stata molto impegnativa, quindi si decise di affidare il compito ad aziende esterne scelte dai brand che volevano pubblicizzare. L’unico vincolo era la riserva attraverso la Sacis, l’ente che controllava la pubblicità, intervenendo e censurando qualora fosse opportuno.

Il debutto in TV

Il debutto di Carosello era previsto per il 1° Gennaio 1957 ma, a causa dei ritardi della produzione, il tutto slittò al 3 Febbraio dello stesso anno.



Il giorno precedente al debutto la Sacis si accorse che mancava una sigla iniziale, e l’incarico fu dato al regista Luciano Emmer in collaborazione con Cesare Taurelli, uno dei primissimi e più importanti produttori di pubblicità televisiva. La sigla riprendeva una serie di sipari che si aprivano in sequenza; vennero eseguiti anche dei disegni dalla moglie dell’architetto Gianni Polidori. La colonna sonora fu presa da un documentario sulla vita delle lumache; una tarantella del repertorio napoletano dell’Ottocento, “Pagliaccio”. Finalmente la sigla era pronta.

Una curiosità: il giornale satirico “Asso di bastoni” sollevò una polemica in quanto dietro le gambe delle ballerine presenti in uno dei siparietti si poteva leggere la sigla PCI.



Domenica 3 febbraio 1957 ore 20:50: al termine del telegiornale debutta Carosello con le prime 4 pubblicità della televisione italiana. Si inizia con un cortometraggio della Shell Italia, “Per guidare meglio”, in cui Giovanni Canestrini, giornalista automobilistico, da consigli sulla sicurezza stradale.

Segue la Saipo L’Oréal che presenta Mike Bongiorno in “Un personaggio per voi”, in cui viene intervistato un personaggio noto consegnandogli al termine una confezione del prodotto. Si continua con il primo episodio della serie “Quadrante della moda” con Mario Carotenuto che pubblicizza le macchine per cucire Singer. L’ultimo spot è la prima puntata “L’arte del bere” con Carlo Campanini e Tino Bianchi per il Cynar.



Un’ulteriore curiosità: nel Radiocorriere RAI, la guida ufficiale della televisione di Stato, non venne dato nessun risalto alla nascita di Carosello. Nella pagina dei programmi televisivi c’era uno spazio dedicato alla Shell, prima réclame trasmessa, limitata alla semplice indicazione “Questa sera alla TV ore 20:50 Per guidare meglio”.

20 anni di Carosello

La nascita di Carosello cambiò notevolmente le abitudini degli italiani. In 20 anni di vita vennero creati moltissimi personaggi che sono rimasti nella storia della televisione italiana, ma anche modi di dire entrati nel linguaggio comune. L’idea vincente fu quella di far passare la pubblicità come divertimento, utilizzando in particolare i generi in cui l’Italia era all’avanguardia: la commedia all’italiana, la rivista e l’avanspettacolo.



La messa in onda non venne mai interrotta per 20 anni, ad eccezione del 2 novembre e del venerdì santo. Pochi eventi bloccarono il programma: la morte di Papa Pio XII (9 ottobre 1958) e di Papa Giovanni XXIII (3 giugno 1963), la morte di John Fitzgerald Kennedy (22 novembre 1963) e la strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969), che portò ad una sospensione di 3 giorni.

30 mila furono gli sketch andati in onda, coinvolgendo il mondo del cinema e del teatro nazionale e internazionale: Aldo Fabrizi, Totò, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Raffaella Carrà, Giorgio Albertazzi, Pippo Franco, Gianfranco D’Angelo, Renzo Arbore, Gianni Boncompagni, Abbe Lane, Orson Welles e tanti altri.

Oltre agli attori reali furono creati tanti personaggi animati: Angelino per il detersivo Supertrim della Agip, l’Omino coi baffi per la caffettiera Bialetti, il vigile Concilia e il foresto per il brodo Lombardi, Ulisse e l’ombra per il caffè Hagù, l’indianino Unca Dunca per Riello, la Linea per Lagostina, Olivella e Mariarosa per l’olio Bertolli, Capitan Trinchetto per le Terme di Recoaro, i Cavalieri della Tavola Rotonda per Pavesi, Calimero per il detersivo AvaJo Condor e il Gigante amico per Ferrero.



Nacquero anche i pupazzi animati: Topo Gigio, che esordì in pubblicità per i biscotti Pavesini, Carmencita e Caballero per il caffè Lavazza,  gli abitanti del pianeta Papalla per i televisori Philco, l’ippopotamo Pippo per i pannolini Lines.

Regole pubblicitarie e format

La Sacis controllava la pubblicità attraverso le “Norme di autodisciplina per le trasmissioni televisive” e tramite il “Codice di autodisciplina pubblicitaria”, indicando dettagliatamente tutte le situazioni scabrose, prevalentemente legate alla morale sessuale. Le regole erano molto ferree: ogni spot doveva durare 2 minuti e 15 secondi, suddivisi in 1 minuto e 45 secondi di spettacolo, e 30 secondi di pubblicità sul prodotto, il cosiddetto codino. Lo sponsor poteva essere nominato o scritto durante il filmato massimo 6 volte. Rigido era il divieto di replica di uno stesso episodio: questo stimolò ed aumentò la creatività.



La durata e la quantità dei caroselli variò negli anni: nel 1957 andavano in onda ogni sera 4 caroselli ognuno con la durata di 2 minuti e 15 secondi con 30″ di codino pubblicitario; nel 1959 la durata venne aumentata a 2 minuti e 30 secondi con 35″ di codino pubblicitario; nel 1960 la durata venne riportata a 2 minuti e 15 secondi, con codino di 35″, ma i caroselli diventarono 5 per accontentare la domanda pressante degli inserzionisti. Nel 1973 ogni carosello durava 2’05” (con codino di 30″) e dal 1974 la durata scese a 1’40”.

Si trattava di una caratteristica tutta italiana; nel resto del mondo industrializzato gli spot normalmente avevano una durata di 30 secondi (come attualmente avviene anche in Italia).

Il Carosello al MoMa di New York


L’entrance del MOMA (Museum of Modern Art) di New York.

Il 5 settembre 1971 una selezione degli sketch più creativi fu presentata al MoMa, il Museo d’Arte Moderna di New York. L’occasione fu il momento per svelare, per la prima volta, i nomi del cinema italiano che avevano curato anche la regia degli spot, tra i quali troviamo Paolo e Vittorio TavianiMauro BologniniGiuseppe Patroni Griffi.

La fine di Carosello

Nella metà degli anni Sessanta cominciarono le critiche. Gli intellettuali sostenevano che gli spot erano un mezzo per creare bisogni superflui e falsi. Le nuove generazioni, dati i cambiamenti epocali, non si riconoscevano più nella società proposta da Carosello.



Negli anni Settanta lo stile del format mutò, arrivarono i “caroselli d’atmosfera” nei quali non c’erano più storie, si giocava sull’impatto visivo, spesso con riprese fatte al rallentatore con ballerini, persone che correvano o saltavano, cavalli che galoppavano, oggetti che si frantumavano. Non fu accolto bene, le persone lo trovarono noioso rispetto ai vecchi sketch in cui si rideva, si sognava. La durata si accorciò, con la conseguenza che il prodotto restava sempre meno impresso al pubblico.

Cambiò anche la formula pubblicitaria, il codino non era più al passo con i tempi e gli inserzionisti preferirono spot più brevi, meno costosi che rappresentassero direttamente il prodotto. Era giunta la fine di Carosello.
Il 1° Gennaio 1977 andò in onda l’ultima puntata. Il brandy Stock, con Raffaella Carrà, BTicino, Amaro Ramazzotti, Tè Ati e Gibaud chiusero per sempre il programma.

Secondo gli ultimi dati, Carosello era seguito da 19 milioni di italiani (9 milioni erano i bambini). Il lavoro di produzione poteva essere paragonato alla realizzazione di 80 film, equivalente al 57% della produzione cinematografica italiana. In totale furono trasmessi 7.261 episodi.



Non è stato solamente l’appuntamento serale fisso degli italiani per 20 anni, ma ha aperto le porte agli spot trasmessi in tv. Carosello rappresenta a tutti gli effetti il papà di un nuovo modello di comunicazione, ovvero quella pubblicitaria virale.

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