Cronaca, Guerra

La Nato soccorre gli ucraini con il kit di pronto intervento italiano

La Nato ha acquistato il kit di pronto intervento italiano, proprio presso l’azienda torinese Hbw. La multinazionale si occupa di fabbricare macchinari che riproducono organi e tessuti con l’uso di cellule staminali. I kit di pronto intervento sono stati acquistati in notevoli quantità.

Il kit di pronto intervento italiano per soccorrere le vittime dei bombardamenti

Il kit di pronto intervento nasce dagli studi fatti a Napoli a livello universitario, e condotti da Antonio Graziano, un dottore ora professore negli Usa che si occupa di genetica e manipolazione sulle cellule staminali, ora amministratore delegato della Hbw di Torino. Questi studi, che in pratica consistevano in innesti di frammenti di pelle, approdarono al progetto denominato “Scienza per la pace e sicurezza“, finanziato proprio dalla Nato una decina di anni fa.

La ricerca contro gli attentati terroristici in Europa

Il kit quindi nasce per affrontare migliaia di feriti simultanei con lesioni legate a ustioni o frammenti di bombe legati ad episodi terroristici che colpirono l’Europa anni fa. Oggi quella valigetta è stata acquistata per altri scopi che, purtroppo, vedono sempre migliaia di feriti in contemporanea, quelli appunto vittime della guerra. Russi e Ucraini erano alcuni degli acquirenti principali della Hbw di Torino prima della guerra, c’era una fabbrica proprio in Ucraina e i russi compravano lì i macchinari in grado di ricostruire tessuti di pelle e di organi compromessi.

Come funziona il kit

Il kit è monouso, pratico da usare – spiega il Professor Grazianosi apre la pellicola e dentro ci sono una capsula sterile delle dimensioni di una capsula da caffè, poco più grande, al cui interno si mette un frammento di pelle delle dimensioni di pochi millimetri del ferito. Si aggiunge soluzione fisiologica, si chiude e si attiva la “macinazione” attraverso un trapanino, beige militare, che attiva le lame che vanno a disgregare il frammento di pelle in decine di migliaia di microinnesti“.

Così si ottiene la polvere di tessuto che al suo interno ha elementi del tessuto di partenza, cellule vitali, molecole, frammenti di matrici. A questo punto si centuplica la capacità generativa e si coprono delle grandi aree lesionate, ulcerate, ustionate, etc etc. La disgregazione dura due minuti, con una siringa si recupera il liquido con dentro la polvere di microinnesti e con l’ago di infiltra la zona lesionata. In pochi minuti le vittime riescono ad essere medicate sul campo, senza affollare gli ospedali che restano a disposizioni di chi ha ferite più profonde e importanti.

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