Inchiesta

La ‘ndrangheta calabrese: clan e famiglie più potenti in Calabria

[titolo_paragrafo]La ‘ndrangheta a Reggio Calabria[/titolo_paragrafo]

Le evidenze giudiziarie e di analisi confermano una ripartizione delle aree di influenza delle consorterie reggine come di seguito elencate: il “mandamento centro”, che ricomprende la città di Reggio Calabria e le zone ad essa limitrofe; il “mandamento tirrenico”, che si estende sull’omonima zona tirrenica, la c.d. “Piana”; il “mandamento jonico”, che comprende la fascia jonica, la c.d. “Montagna”.


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Tale tripartizione trova un punto di convergenza unitario in un organo collegiale, definito Provincia o Crimine.

Mandamento CENTRO

Nell’area in questione si conferma la forte presenza delle cosche LIBRI, TEGANO, CONDELLO e DE STEFANO. Quanto sopra trova, da ultimo, un ulteriore riscontro negli sviluppi del processo “Gotha” che ha visto, il 1° marzo, la condanna di 25 soggetti, tra i quali un avvocato, esponente apicale del clan DE STEFANO. Con riferimento al semestre, il quartiere Gallico del capoluogo – ove opera prevalentemente la cosca CONDELLO – è stato interessato da una recrudescenza di eventi delittuosi, che farebbero ipotizzare un’alterazione degli equilibri criminali.

Riguardo all’azione di contrasto della DIA e delle Forze di polizia nell’area cittadina, nel semestre in corso sono state concluse numerose operazioni di servizio.

Nel mese di aprile, a Reggio Calabria, nell’ambito dell’operazione “Monopoli”, i Carabinieri hanno eseguito il fermo di indiziato di delitto, con contestuale sequestro preventivo emesso dalla DDA di Reggio Calabria, nei confronti di 4 imprenditori, ritenuti contigui alle famiglie TEGANO e CONDELLO e responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio ed estorsione, con l’aggravante della modalità mafiosa. L’articolata attività d’indagine, corroborata dalle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, ha ricostruito la progressiva affermazione imprenditoriale degli indagati (anche a mezzo di intestatari fiduciari incensurati), nel settore edile, in quello immobiliare e del gioco in concessione.

Questi avevano assunto, di fatto, posizioni monopolistiche, divenendo, nel tempo, un tassello fondamentale del sistema di riciclaggio e reinvestimento dei proventi illeciti delle citate cosche. Nel medesimo contesto operativo, il sequestro ha riguardato beni (dislocati tra Reggio Calabria, Roma, Milano e Messina) consistenti in 16 società, 120 unità immobiliari e 21 terreni, per un valore di circa 50 milioni di euro. Ancora nel mese di aprile, a Reggio Calabria, la Guardia di finanza ha eseguito la confisca di 3 società commerciali, comprensive delle quote e degli ingenti patrimoni costituenti i rispettivi compendi aziendali – anche in questo caso per un valore di circa 50 milioni di euro – nei confronti di un imprenditore reggino contiguo alla cosca TEGANO.

Nel mese di maggio, sempre a Reggio Calabria, nell’ambito dell’operazione “Thalassa”, la DIA ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare e il sequestro di beni nei confronti di 6 persone, ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso ed intestazione fittizia di beni, con l’aggravante di aver agevolato le cosche TEGANO e CONDELLO.

Le indagini hanno evidenziato come, attraverso la gestione “di fatto” di alcune imprese, il sodalizio si fosse infiltrato nell’esecuzione di appalti e lavori edili, acquisendone il pieno controllo e condizionandone le attività. Ciò consentiva, inoltre, di poter disporre di ingenti capitali da poter utilizzare per finanziare ulteriori attività economiche di interesse delle cosche.

Piena luce, inoltre, è stata data alle vicende relative all’edificazione di un complesso immobiliare da parte di una società, rivelatasi in concreto un mero “schermo” finalizzato a nascondere l’interesse delle cosche di Archi nella costruzione e successiva vendita dei fabbricati. In tale contesto, si sono registrate plurime azioni intimidatorie ed estorsive strumentali al condizionamento delle imprese edili, nella prospettiva di agevolare quelle che costituivano diretta espressione della ‘ndrangheta, anche attraverso la “disponibilità” di pubblici dipendenti infedeli.

Altre 17 persone sono state indagate, a vario titolo, per associazione di tipo mafioso, trasferimento fraudolento di valori, estorsione e reati contro la pubblica amministrazione. Contestualmente è stato eseguito il sequestro preventivo di 2 ditte individuali e di 3 società di capitali – del valore complessivo di circa 11 milioni di euro – riconducibili agli arrestati, in considerazione dei significativi elementi di collegamento emersi fra la gestione delle imprese e gli scopi dell’associazione criminale. Ancora nel mese di maggio, a Villa San Giovanni (RC), l’Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza hanno eseguito 5 decreti di sequestro di beni, per un valore complessivo di circa 25 milioni di euro, nei confronti di 42 affiliati alla cosca reggina dei CONDELLO e ZITO-BERTUCA-BUDA-IMERTI di Villa San Giovanni (RC).

I provvedimenti hanno interessato un medico chirurgo, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, poiché avrebbe dato la disponibilità al ricovero, presso una struttura sanitaria di Villa San Giovanni (RC), di soggetti mafiosi, consentendo loro di accedere a trattamenti penitenziari meno afflittivi rispetto alla detenzione carceraria.

Inoltre, in periodi antecedenti al 2007, avrebbe prestato assistenza sanitaria a due latitanti. Altrettanto significativa dell’andamento criminale del capoluogo è l’ordinanza eseguita, nel mese di giugno, a Reggio Calabria, dalla Polizia di Stato, nei confronti del nipote di un elemento apicale della cosca TEGANO, per avere, nella serata del 28 maggio 2017, nei pressi di un bar del centro città, spalleggiato da 4 amici, aggredito un giovane, provocandogli alcune escoriazioni, evocando il proprio “casato”.

Il fatto risulta indicativo della protervia che i giovani rampolli delle famiglie cittadine sembrano talvolta assumere nei rapporti quotidiani, con atteggiamenti provocatori e rissosi contro chi non riconosca la loro figura e la loro genia. Proseguendo nella descrizione delle dinamiche criminali del mandamento centro, oltre ai citati DE STEFANO, CONDELLO, LIBRI e TEGANO, si continua a registrare l’operatività della ‘ndrina SERRAINO, nei quartieri reggini di San Sperato e nelle frazioni di Cataforio, Mosorrofa e Sala di Mosorrofa e nel comune di Cardeto.

Proprio nei confronti della cosca SERRAINO, nel mese di marzo, la Polizia di Stato ha eseguito una misura restrittiva nei confronti di 3 persone, per tentata estorsione aggravata, lesioni personali gravi e calunnia, in danno di tre soggetti (un anziano padre e i suoi due figli), nel tentativo di estorcere loro una somma di denaro.

Nella periferia nord di Reggio Calabria, precisamente nel quartiere di Arghillà, si registra la presenza della ‘ndrina RUGOLINO, che oltre ad avere una forte disponibilità di armi da fuoco è attiva nel controllare l’economia del territorio. Significativo, in proposito, quanto accertato, nel mese di marzo, tra Reggio Calabria e Villa San Giovanni (RC), dalla DIA, che ha dato esecuzione ad un decreto di sequestro di beni nei confronti di un imprenditore del settore edilizio, ritenuto, secondo le evidenze investigative emerse nell’ambito dell’operazione “Meta” della DDA reggina, elemento contiguo alla ‘ndrina RUGOLINO.

Peraltro, già nel 2014, unitamente ad altri 39 soggetti, era stato tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Tibet”, ove era emerso come collettore finanziario tra le cosche reggine e le propaggini lombarde del Locale di Desio (MB). Il provvedimento ha riguardato 4 società operanti nel settore edilizio e del commercio all’ingrosso e dettaglio di articoli per impianti idro-termo-sanitari, 26 immobili (tra beni personali e aziendali) siti a Reggio Calabria e Villa San Giovanni, numerosi conti correnti, polizze e titoli, per un valore complessivo di circa 7 milioni di euro.

A sud della città sono attivi i FICARA-LATELLA, mentre nel quartiere di Santa Caterina si rileva la presenza della cosca LO GIUDICE. Nei rioni Modena e Ciccarello risultano attivi i gruppi BORGHETTO-ZINDATO-CARIDI e ROSMINI. Con riferimento a quest’ultimi, nel mese di marzo, la DIA ha dato esecuzione a due ulteriori sequestri di beni, nei confronti di un noto armatore, ex parlamentare, attualmente latitante a Dubai (EAU), ritenuto referente politico delle cosche reggine ed, in particolare, della cosca in parola. Dalle investigazioni sono, infatti, emerse ulteriori disponibilità bancarie dell’armatore reggino, formalmente intestate alla moglie.

Tra queste, un consistente conto corrente acceso presso un istituto creditizio sito alle isole Seychelles, con all’attivo oltre mezzo milione di euro. A sud della città, nel quartiere Gebbione, risulta attiva la cosca LABATE, della quale il 20 marzo è stato arrestato un esponente di vertice, dalla Polizia di Stato nell’ambito dell’operazione “Nerone”, per tentato omicidio plurimo aggravato ed incendio doloso, con l’aggravante delle modalità mafiose, di sei cittadini stranieri di origine rumena, di cui due bambini, conseguente ad una lite avvenuta per futili motivi.

Nella frazione cittadina di Trunca insiste il clan ALAMPI, “federato” con la cosca LIBRI. A Bagnara Calabra – ove sono attivi gli ALVARO-LAURENDI – ed a Sant’Eufemia d’Aspromonte, nel mese di giugno, nell’ambito dell’operazione “Family Gang”, i Carabinieri hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare, nei confronti di 10 persone, tra cui un minore.

Le indagini – avviate nell’agosto 2017 a seguito dell’esplosione, proprio a Bagnara Calabra, di colpi d’arma da fuoco verso l’abitazione del Comandante della Polizia municipale – hanno fatto luce sull’operatività del sodalizio criminale composto da pregiudicati locali, dedito principalmente al traffico di sostanze stupefacenti ed alle intimidazioni anche in danno di esponenti delle Forze dell’Ordine, ritenuti, da uno degli indagati, colpevoli di aver “tolto la pace di Bagnara!!”, gli arrestati sono gravemente indiziati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, tentato omicidio, minacce aggravate, armi, reati tutti aggravati dal metodo mafioso.

A Melito Porto Salvo, ove è attiva la cosca IAMONTE, nel mese di marzo la Guardia di finanza ha eseguito un decreto di sequestro di beni, per un valore complessivo superiore ad 1 milione di euro, nei confronti di un affiliato, condannato, nell’ambito dell’inchiesta “Ada” del 2013, per associazione di stampo mafioso e reati concernenti le armi.

Nei comuni di Roghudi e Roccaforte del Greco si conferma l’operatività dei PANGALLO-MAESANO-FAVASULI e ZAVETTIERI; a S. Lorenzo, Bagaladi e Condofuri si segnala la presenza della cosca PAVIGLIANITI, legata alle famiglie FLACHI, TROVATO, SERGI e PAPALIA, mentre nella menzionata Condofuri opera il locale di Gallicianò.

Mandamento TIRRENICO Nel mandamento tirrenico le cosche continuano ad esprimere una spiccata vocazione “imprenditoriale”, che ha determinato, con il passare del tempo, una serie di mutamenti strutturali ed organici nelle storiche famiglie mafiose della ‘ndrangheta dell’area. Tali mutamenti sono risultati funzionali anche alla nascita di nuove alleanze, che non hanno scalfito gli equilibri esistenti. In alcuni casi, l’ingerenza delle cosche si è manifestata attraverso la gestione “indiretta” degli appalti, secondo un criterio di razionale ed “equa” spartizione; in altri casi, gli interessi sono stati curati da “comitati d’affari” che hanno favorito le consorterie mafiose con varie modalità. Nella Piana di Gioia Tauro si conferma la leadership delle cosche PIROMALLI e MOLÈ, federate sino all’omicidio del boss Rocco MOLÈ, avvenuto nel febbraio 2008, a seguito del quale si è registrata una vera e propria scissione. In tale contesto mafioso, nel mese di febbraio, i Carabinieri hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo nei confronti di un imprenditore vibonese, ritenuto responsabile di intestazione fittizia di beni poiché, al fine di eludere le disposizioni in materia antimafia, avrebbe attribuito fittiziamente al figlio la maggioranza assoluta delle azioni di una società per azioni di Gioia Tauro, che gestisce, da oltre un ventennio, la depurazione delle acque reflue di numerosi comuni della Piana. Il provvedimento ha colpito, oltre alle azioni, anche conti correnti e beni vari riconducibili ad una società dell’imprenditore sopra citato, con sede a Roma, per un valore di circa 1,5 milioni di euro. Le azioni della società di Gioia Tauro erano state, tra l’altro, sottoposte a sequestro nell’ambito dell’operazione “Metauros”, all’esito della quale la Polizia di Stato e l’Arma dei carabinieri, nel mese di ottobre 2017, avevano eseguito il fermo di 7 soggetti – tra i quali un esponente di vertice della cosca PIROMALLI ed alcuni imprenditori – ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso, estorsione e intestazione fittizia di beni con l’aggravante dell’art. 7 della legge n.203/1991. Nel mese di giugno, ancora a Gioia Tauro (RC), i Carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 3 soggetti, appartenenti alla cosca BRANDIMARTE, ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione e porto illegale di armi aggravati dalle modalità mafiose e dell’omicidio avvenuto nella notte del 26 dicembre 2012 a Gioia Tauro, di BAGALÀ Francesco, contiguo ai PRIOLO-PIROMALLI.


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Il provvedimento restrittivo giunge all’esito di complessa attività d’indagine, nel corso della quale è stato possibile ripercorrere le fasi salienti della faida, avvenuta a Gioia Tauro nel biennio 2011-2012, tra le locali famiglie dei PRIOLOPIROMALLI e BRANDIMARTE, scaturita dall’omicidio di PRIOLO Vincenzo, avvenuto a Gioia Tauro l’8 luglio 2011. Ancora nel mese di giugno, appare opportuno segnalare che, nell’ambito del processo “Mediterraneo”, il Tribunale di Palmi ha condannato, l’11 giugno, 9 esponenti della cosca MOLÈ, mentre altri 4 soggetti sono stati assolti.

Per quanto concerne il Porto di Gioia Tauro, da sempre considerato strumentale ai traffici illeciti delle cosche calabresi, il calo dei quantitativi di droga sottoposti a sequestro negli ultimi tempi renderebbe ipotizzabile l’adozione di nuove strategie, poste in essere attraverso una rimodulazione delle rotte per l’ingresso dello stupefacente in Italia. I sodalizi calabresi potrebbero, infatti, aver dirottato i carichi di droga verso altri scali (soprattutto del nord Europa), dove gli straordinari volumi di TEU gestiti ogni giorno potrebbero rendere più difficoltose le operazioni di verifica.

Nel comprensorio di Rosarno-San Ferdinando si conferma la presenza delle cosche PESCE e BELLOCCO, particolarmente attive nell’infiltrazione dell’economia locale, nel traffico di armi e stupefacenti, nelle estorsioni, nell’usura e nel controllo delle attività illecite in ambito portuale.

Nel periodo in esame le cosche dell’area sono state interessate dalla cattura di diversi esponenti da tempo latitanti. In particolare, il 9 febbraio, ad Alba Iulia (Romania), la Direzione delle Investigazioni Criminali della Polizia rumena, con il supporto investigativo dei Carabinieri e del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia S.i.Re.n.e., ha catturato un latitante contiguo alla cosca PESCE, ricercato dal 2011 per bancarotta fraudolenta. Il 10 marzo, a Rosarno (RC), la Polizia di Stato ha rintracciato e tratto in arresto PESCE Antonino (cl. 1992), esponente dell’omonima consorteria ‘ndranghetista, latitante dall’aprile 2017 per associazione di tipo mafioso, illecita concorrenza con minaccia e violenza ed intestazione fittizia di beni.

Il 14 aprile, all’interno di un’abitazione sita in località Ponte Vecchio di Gioia Tauro, l’Arma dei carabinieri ha catturato il narcotrafficante internazionale DI MARTE Vincenzo (cl. 1981), affiliato alla cosca PESCE, irreperibile da giugno 2015 ed inserito nell’Elenco dei latitanti di massima pericolosità del Ministero dell’Interno. Nel periodo in argomento sono intervenute anche importanti condanne ad esito di complessi procedimenti giudiziari. Il 6 febbraio, nell’ambito del processo “Porto Franco”, filone con rito abbreviato, la Corte di Appello reggina ha condannato 10 imputati, per un totale di oltre 60 anni di carcere, per reati concernenti le infiltrazioni delle cosche PESCE e MOLÈ nel porto di Gioia Tauro.

Il 22 giugno 2018, poi, nell’ambito del processo “Blue Call” ed in relazione al filone in rito abbreviato, la Corte di Cassazione ha pronunciato una sentenza di condanna nei confronti di 16 imputati, appartenenti alla cosca BELLOCCO, per un totale di oltre 120 anni di reclusione. A Palmi si conferma la presenza delle cosche GALLICO e PARRELLO-BRUZZESE.

Anche in tale ambito sono stati registrati significativi risultati in relazione alla cattura dei latitanti. Il 13 febbraio, in Germania, nei pressi dell’aeroporto di Monaco di Baviera, la Direzione delle Investigazioni Criminali della Polizia Tedesca, unitamente all’Arma dei carabinieri ed al Servizio per la Cooperazione Internazionale – S.i.Re.n.e., ha catturato MILITANO Vincenzo (cl. 1989), contiguo alla cosca GALLICO, ricercato dall’ottobre 2017 per tentata estorsione.

Il 2 marzo, sempre in Germania (nel centro di Saarbrücken, città della Saar, il Land sud-occidentale al confine con la Francia), la Polizia tedesca ha catturato COSENTINO Emanuele (cl. 1986), affiliato di rilievo alla cosca GALLICO, destinatario di mandato di cattura in ambito Schengen per associazione di tipo mafioso e, pertanto, inserito nell’Elenco dei latitanti di massima pericolosità del Ministero dell’Interno. A Seminara insistono le cosche SANTAITI-GIOFFRÈ (detti “’Ndoli-Siberia-Geniazzi”) e CAIA-LAGANÀ-GIOFFRÈ (detti “Ngrisi”), i cui principali esponenti risultano, allo stato, tutti detenuti. La famiglia CREA – presente nell’area di Rizziconi (RC), con diramazioni nel centro e nord Italia – è stata interessata, nel semestre, da pronunciamenti giudiziari. Il 17 aprile, infatti, nell’ambito dell’inchiesta “Deus”, il Tribunale di Palmi ha condannato 5 esponenti, tra i quali il capo cosca ed il figlio, rispettivamente a 20 anni ed a 19 anni ed 8 mesi di reclusione, assolvendone altri 7. Nel territorio di Castellace di Oppido Mamertina si conferma l’operatività delle cosche RUGOLO-MAMMOLITI, POLIMENI-MAZZAGATTI-BONARRIGO e FERRARO-RACCOSTA.

L’area di Sinopoli, Sant’Eufemia e Cosoleto permane sotto l’influenza degli ALVARO51. A Cittanova – dove si conferma la presenza delle famiglie FACCHINERI e ALBANESE-RASO-GULLACE – il 7 marzo i Carabinieri hanno catturato il latitante Girolamo FACCHINERI (cl. 1966), elemento di vertice della cosca omonima, ricercato dal luglio 2016 per aver favorito la latitanza di Giuseppe CREA (cl. 1978) e Giuseppe FERRARO (cl. 1968), elementi apicali delle omonime cosche operanti nell’area tirrenica reggina e catturati nel gennaio 2016 nell’entroterra di Maropati (RC). Nel corso delle perquisizioni svolte presso l’abitazione e le pertinenze dei suoi congiunti sono stati rinvenuti oltre 11 mila euro in due buste sottovuoto interrate, 2 ricetrasmittenti, una carabina con matricola abrasa e relativo munizionamento. Nel mese di aprile, sempre a Cittanova (RC) e Roma, la DIA ha eseguito un decreto di sequestro nei confronti di un soggetto originario di Cittanova (RC), ritenuto organico alla cosca RASO-GULLACE-ALBANESE, che aveva sposato, nel 2006, la nipote di un defunto capo cosca.

L’uomo, nel luglio 2016, era stato colpito, nell’ambito dell’operazione “Alchemia”, da un provvedimento restrittivo che aveva interessato anche la moglie e ad altri 40 affiliati alle cosche RASO-GULLACE-ALBANESE di Cittanova e PARRELLO-GAGLIOSTRO di Palmi, per associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni e reati contro la Pubblica Amministrazione.

Il provvedimento di sequestro ha riguardato un consistente asset patrimoniale, ricomprendente 5 società di capitali, 2 società di persone ed 1 ditta individuale, con sedi tra Cittanova, Roma e Pomezia (RM), operanti nei settori turistico-alberghiero, agricolo (produzione di olio), lavorazione del legname e trasporto rifiuti. Sono stati, inoltre, sequestrati 16 fondi ubicati a Cittanova, per un’estensione complessiva di oltre 13 ettari e 2 capannoni ad uso industriale, per una superficie complessiva di circa 3.000 mq, nonché disponibilità finanziarie e titoli comunitari per un valore di 22 milioni di euro.

A Taurianova operano gli AVIGNONE-ZAGARI-VIOLA-FAZZALARI e gli SPOSATO-TALLARIDA, mentre in frazione San Martino dello stesso comune, si segnalano gli ZAPPIA e i CIANCI-MAIO-HANOMAN. Nel mese di gennaio, sempre a Taurianova, i Carabinieri hanno eseguito 3 decreti di sequestro preventivo nei confronti di 6 soggetti ritenuti appartenenti alle cosche ZAGARI-VIOLA- FAZZALARI e CIANCI-MAIO. Il provvedimento trae origine dagli approfondimenti investigativi emersi dalla citata operazione “Terramara-Closed”, eseguita nel dicembre 2017 congiuntamente da Polizia di Stato, Arma dei carabinieri e Guardia di finanza. Il valore dei beni sequestrati ammonta a circa 570 mila euro.

L’8 marzo, sempre a Taurianova, a Varopodio e Rizziconi (RC), i Carabinieri hanno eseguito un decreto di confisca di beni – un’impresa per cultura agrumicola, 7 terreni, 1 fabbricato, svariati rapporti bancari, titoli obbligazionari, polizze assicurative – a carico di un esponente di vertice della cosca MAIO, per un valore di superiore ad 1 milione di euro. Con l’operazione “Happy Dog”, conclusa a giugno dalla Polizia di Stato a Taurianova, Locri, Gioia Tauro (RC), Lamezia Terme (CZ), Melissa (KR) e Gudo Visconti (MI), è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 11 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di tentata estorsione, turbata libertà degli incanti, illecita concorrenza con minaccia e violenza, intestazione fittizia di beni e truffa, condotte tutte aggravate dal metodo mafioso. L’indagine è la sintesi di due attività investigative che hanno visto, come vittima, un imprenditore del settore canino della Locride.

Il primo filone trae origine da una denuncia sporta nel 2014 dall’imprenditore, costretto a rinunciare al servizio di custodia ed assistenza di cani randagi del comune di Taurianova, aggiudicato a seguito di appalto pubblico. Tale rinuncia avrebbe favorito due fratelli imprenditori taurianovesi (ritenuti contigui, per vincoli familiari e frequentazioni, alla cosca ZAGARI-VIOLA-FAZZALARI), la cui società era stata affidataria del servizio fino a quando non era stata estromessa dalla partecipazione alla nuova gara a causa di un’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria.

Il secondo filone investigativo scaturisce da un’ulteriore denuncia sporta nel 2016 dal medesimo imprenditore per delle estorsioni esercitate da alcuni esponenti della cosca BELCASTRO-ROMEO di S. Ilario dello Jonio (RC) e della cosca PAPALIA di Platì (RC). Ad Oppido Mamertina risultano attivi i POLIMENI-GUGLIOTTA, a Cinquefrondi i PETULLÀ-IERACE-AUDDINO, LADINI, FORIGLIO-TIGANI, a Giffone i LAROSA ed a Polistena i LONGO-VERSACE. Nel comune di Laureana di Borrello risultano attivi i sodalizi LAMARI e FERRENTINO-CHINDAMO, a Scilla la cosca NASONE-GAIETTI, mentre a Villa San Giovanni gli ZITO-BERTUCA-BUDA-IMERTI.

Nel mese di marzo il Comune di Scilla è stato colpito da un decreto di scioglimento del Presidente della Repubblica. Nella relativa proposta del Ministro dell’Interno sono state evidenziate forme d’ingerenza da parte della criminalità organizzata che avrebbero compromesso la libera determinazione e l’imparzialità dell’amministrazione. L’uso distorto della cosa pubblica – si evidenzia nel decreto – avrebbe nel tempo favorito soggetti o imprese collegati direttamente od indirettamente ad ambienti controindicati.

Si fa, infatti, riferimento alla competizione elettorale del 2015, ove, tra i sottoscrittori di tutte le liste concorrenti, è stata riscontrata la presenza di soggetti affiliati o riconducibili alla criminalità organizzata. Sono stati, inoltre, stigmatizzati i rapporti tra il sindaco e soggetti controindicati, mentre sarebbero stati assegnati lavori pubblici a società che, sebbene non destinatarie di provvedimenti interdittivi, nella maggior parte dei casi vedrebbero nelle proprie compagini soci gravati da pregiudizi penali e di polizia.

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Francesco Piccolo

Giornalista professionista, direttore del network L'Occhio che comprende le redazioni di Salerno, Napoli, Benevento, Caserta ed Avellino. Direttore anche di TuttoCalcioNews e di Occhio alla Sicurezza.

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