Cronaca

Nozze combinate in famiglia per una 18enne: ad accorgersene e salvarla sono gli insegnanti a scuola

Anello sposa
immagine di repertorio
Anello sposa

Ieri ha avuto inizio presso il Tribunale di Monza il processo a carico dei genitori e del fratello di una studentessa di origine pakistana, accusati di tentata induzione al matrimonio, nonostante la richiesta di archiviazione da parte della Procura.

Nozze combinate in famiglia per una 18enne, salvata dagli insegnanti a scuola

Gli insegnanti di una scuola superiore a Seregno (Monza e Brianza) sono stati i primi a rendersi conto che qualcosa non andava. Da tempo avevano notato segni di autolesionismo sul corpo di una studentessa e un comportamento sempre più introverso e irritabile. Preoccupati, i docenti hanno contattato i servizi sociali, permettendo di scoprire cosa stesse vivendo una ragazza di 18 anni: un piano familiare per costringerla a sposare un cugino di 21 anni.

Da qui è iniziato ieri, presso il Tribunale di Monza, il processo contro i genitori e il fratello della giovane, accusati di tentata induzione al matrimonio, nonostante la richiesta di archiviazione da parte della Procura, che aveva sostenuto che “le scelte familiari fossero il frutto di un’appartenenza culturale, con l’intento di garantire un futuro migliore alla figlia”.

L’udienza preliminare è stata rimandata al 10 febbraio su richiesta della difesa, e durante la fase predibattimentale verranno ascoltati i primi testimoni. Il Comune di Seregno, che ha preso in carico la ragazza, si è costituito parte civile. La giovane, nel frattempo, ha chiesto di essere trasferita in una comunità protetta per sfuggire alle nozze forzate, desiderando tagliare ogni legame con i genitori e i parenti.

Secondo quanto denunciato dalla ragazza, la sua famiglia stava organizzando il matrimonio fin da quando lei aveva 13 anni. Un piano che includeva anche appuntamenti per prendere le misure dell’abito nuziale, nonostante il suo rifiuto esplicito. “Se si oppone ci penso io con due colpi, non importa se vado in carcere. Basta che mi chiami”, si sente in una telefonata tra il padre e lo zio nel 2023. Da lì, l’intervento degli assistenti sociali e la denuncia della promessa sposa.

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