Cronaca

Omicidio di Garlasco, distrutti i reperti del Tribunale di Pavia: tra le prove il pigiama indossato da Chiara Poggi al momento della morte

Delitto di Garlasco: nuovo indagato a 18 anni dall'omicidio di Chiara Poggi
Chiara Poggi

Continuano le indagini dell’omicidio di Garlasco: distrutti i reperti del Tribunale di Pavia tra cui il pigiama indossato da Chiara Poggi al momento della morte. Questa informazione è emersa in seguito alle indagini attualmente in corso. Lo riporta Il Messaggero.

Omicidio di Garlasco, distrutti i reperti del Tribunale di Pavia

I reperti custoditi presso l’ufficio corpi di reato del Tribunale di Pavia, relativi al caso di Garlasco, tra cui il pigiama indossato da Chiara Poggi al momento del delitto, sono stati smaltiti nel 2022 e, pertanto, distrutti. Questo è un procedimento comune in situazioni simili, soprattutto dopo sentenze definitive e dopo un lungo periodo, anche per motivi logistici legati allo spazio. La notizia è stata rivelata in relazione alle ricerche che gli investigatori stanno conducendo in questi giorni per raccogliere ulteriore materiale, sia in ambito giudiziario che investigativo, nelle nuove indagini a carico di Andrea Sempio.

Gip: Il Dna di Sempio da confrontare con altre tracce

La comparazione del Dna di Andrea Sempio, amico di Marco Poggi, nuovamente al centro dell’attenzione della Procura di Pavia per l’omicidio di Chiara, dovrà avvenire non solo con «il profilo genetico estratto dal materiale biologico trovato sotto le unghie della vittima», ma anche con «ulteriori tracce biologiche rinvenute sulla scena del crimine».

Nell’ordinanza emessa la scorsa settimana dal gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, si legge della convocazione di Sempio per il prelievo forzato di saliva e capelli, effettuato ieri. La richiesta riguarda tutte le tracce rinvenute nella villetta di via Pascoli, luogo del delitto, incluse le fascette dei rilievi dattiloscopici e le impronte digitali trovate nell’appartamento e sul dispenser del sapone, dove, secondo quanto stabilito dalla Cassazione, si lava l’assassino. Gli inquirenti intendono anche analizzare i quattro capelli scuri rinvenuti nel lavandino del bagno al piano terra, oltre all’impronta trovata sulla porta d’ingresso dell’abitazione. Riguardo all’archiviazione, si sottolinea “l’evidente totale irrilevanza investigativa della traccia segnalata”.

Secondo i carabinieri di Milano, sul dispenser sono presenti, oltre alle due impronte di Alberto Stasi, condannato a 16 anni per omicidio, «numerose impronte papillari sovrapposte che sarebbero state eliminate se il dispenser fosse stato pulito dal sangue». Inoltre, nel lavandino sono stati trovati quattro capelli neri lunghi, il che dimostra chiaramente che il lavandino non è mai stato pulito dalla presenza di sangue; altrimenti, i capelli sarebbero stati portati via dall’acqua. Tuttavia, questa tesi è stata smentita dalla Procura di Pavia nella prima archiviazione, avvenuta otto anni fa, nei confronti dell’indagato Sempio. Si tratta di un’ipotesi «priva di fondamento logico», poiché è stato accertato processualmente che l’assassino aveva le mani sporche di sangue e si era recato in bagno per lavarsi.

Il sangue

Il sangue, un liquido solubile in acqua, «si pulisce molto più facilmente rispetto ai capelli, che, a causa della loro forma e lunghezza, tendono a rimanere sul fondo della vasca anche dopo il risciacquo del sangue». Si fa riferimento ai capelli di Chiara, «recisi a causa dei colpi ricevuti e rimasti sulle mani insanguinate dell’assassino; la loro presenza dimostra, piuttosto, che l’assassino si è effettivamente lavato le mani». È inoltre «probabile che l’assassino non si sia soffermato a controllare l’efficacia del risciacquo, ma si sia allontanato in fretta dalla scena». I carabinieri intendono anche indagare su un’impronta digitale rinvenuta sulla maniglia della porta d’ingresso, considerata inizialmente non utile dal Ris di Parma, sulla quale «non sembra sia stata condotta alcuna analisi biologica per verificare se quel contatto possa essere stato lasciato da una mano sporca di sangue (della vittima o di altri) o se si trattasse di un’altra sostanza».

Una tesi che, oltre a essere logicamente errata, risulta priva di qualsiasi utilità per le indagini, poiché è stata osservata tre giorni dopo il delitto e si trovava vicino alla serratura. Si tratta di una porta che è stata toccata sia da Stasi che dai soccorritori e dagli investigatori. «Le impronte digitali, come il DNA, non possono essere datate. È impossibile determinare se quella traccia sia stata lasciata il giorno del delitto, nei giorni precedenti o addirittura in quelli successivi. È sufficiente considerare che, durante i rilievi, sono state rinvenute anche le impronte di alcuni carabinieri coinvolti nelle indagini e di un falegname che era intervenuto in precedenza nella villetta per svolgere alcuni lavori. Per queste ragioni, si concludeva nell’archiviazione, “è evidente la totale irrilevanza investigativa della traccia segnalata”.

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