Cronaca

Omicidio di Giada Zanola, la (prima) confessione del compagno Favero: “Così l’ho fatta cadere dal cavalcavia”

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Giada Zanola e il compagno
Giada Zanola e il compagno

La (prima) confessione di Andrea Favero accusato dell’omicidio della fidanzata Giada Zanola: “Così l’ho fatta cadere dal cavalcavia sull’A4 di Vigonza”. Secondo quanto ha ammesso davanti agli inquirenti, l’avrebbe prima afferrata per le ginocchia per poi sollevarla e spingerla oltre il parapetto alto 1.96 metri.

Omicidio di Giada Zanola: la confessione di Andrea Favero

Durante l’interrogatorio di mercoledì scorso davanti al sostituto procuratore Giorgio Falcone aveva dichiarato che gli si ‘annebbiavano’ i ricordi. Eppure qualche ora prima, davanti alle telecamere che riprendevano la sua macchina salire e scendere dal calvalcavia negli istanti in cui si era consumata la tragedia, aveva ammesso di essere stato lui ad uccidere Giada. Agli inquirenti aveva anche spiegato come: l’aveva afferrata per le ginocchia, sollevata e poi spinta oltre il parapetto alto 1.96 metri che fa da protezione del cavalcavia. Una confessione che emerge, per la prima volta, a distanza di quattro giorni dal delitto e che mercoledì sera aveva convinto gli agenti a fermare le sue spontanee dichiarazioni e dare il via all’interrogatorio vero e proprio.

Il movente

Si tratterebbe di un omicidio ‘d’impeto’ e ‘aggravato dal rapporto sentimentale’. La storia tra i due però era arrivata al campolinea: da alcuni mesi la donna aveva anche iniziato una nuova relazione e per questo aveva deciso di interrompere la convivenza con il camionista 38enne tenendo il figlio con sè e cambiare lavoro. Sarebbe questo il movente che ha portato al delitto.

L’interrogatorio

Durante l’interrogatorio Favero ha detto: «Ricordo che (martedì sera, ndr) eravamo a casa… poi però abbiamo cominciato a litigare e Giada si è allontanata a piedi verso il cavalcavia che dista circa un chilometro da casa. Io ho preso l’auto e l’ho seguita raggiungendola dopo pochi metri e facendola salire per portarla a casa. Continuavamo a litigare, mi sbraitava addosso come spesso ultimamente faceva dicendo che mi avrebbe tolto il bambino. A quel punto ricordo che siamo scesi dall’auto. Non ricordo se siamo saliti sul gradino della ringhiera che si affaccia sull’autostrada».

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