Gli spari, la fuga e l’arma scomparsa dopo l’omicidio di Santo Romano a San Sebastiano al Vesuvio: gli inquirenti danno la caccia ai complici del 17enne che nella giornata di ieri, domenica 3 novembre, ha confessato il delitto. Non ha però nominato gli amici che erano con lui.
Omicidio di Santo Romano: è caccia ai complici del 17enne
Ci sono persone che lo hanno aiutato a scappare, chi ha coperto la sua fuga, chi lo ha assistito nel disfarsi della pistola, chi lo ha accolto durante la notte e chi, sui social, ha esaltato l’uso delle armi subito dopo l’accaduto. Il giorno dopo la confessione di L.D.M., un 17enne del quartiere Barra accusato di aver ucciso il 19enne calciatore Santo Romano e di aver ferito al gomito il suo amico Salvatore S., le indagini dei carabinieri della compagnia di Torre del Greco si concentrano su possibili complici, nelle oltre dodici ore in cui il minore è rimasto irrintracciabile.
L’arma scomparsa
Le indagini partono dall’arma, una pistola che il 17enne ha dichiarato di aver acquistato «dagli z…», suggerendo un acquisto in un campo rom, un’affermazione fatta durante l’interrogatorio con il pm della Procura per i Minorenni. In quella sede, ha subito confessato di aver commesso il delitto, sparando tre colpi a livello del torso dopo una lite, mentre si trovava già a bordo di una Smart scura con targa tedesca, ritrovata sotto casa sua nel quartiere Barra e attualmente sotto sequestro per accertamenti.
Tuttavia, il 17enne ha omesso di rivelare chi fosse in sua compagnia in quel momento, un particolare significativo, poiché potrebbe indicare un complice nell’omicidio. «Non c’entra niente, ho agito da solo», ha ribadito l’unico indagato finora. Le indagini dei carabinieri si concentrano ora sul suo accompagnatore, poiché in poche ore sono riusciti a identificare con certezza il 17enne, riconosciuto anche da diverse testimonianze. Alcuni testimoni in ospedale conoscevano il nome di chi aveva sparato, segno che il presunto assassino frequentava spesso quella zona.
Il branco
Inoltre, un dettaglio importante emerso dalle testimonianze è che il 17enne non era arrivato da solo in piazza Raffaele Capasso a San Sebastiano al Vesuvio, ma era accompagnato da un gruppo di amici, probabilmente 7-8 persone, per lo più coetanei. Gli investigatori stanno cercando conferme dai filmati delle telecamere di sorveglianza, già acquisiti subito dopo il delitto e ora analizzati frame per frame per identificare eventuali complici.
La fuga
Il passo successivo sarà quello di individuare chi ha assistito L.D.M. nella sua fuga, aiutandolo a disfarsi dell’arma del delitto. Un amico lo ha ospitato in un appartamento, già perquisito dagli investigatori, dove il 17enne aveva trovato rifugio in passato. Durante la perquisizione, i carabinieri hanno rinvenuto anche quattro dosi di marijuana e un bilancino di precisione. Per spaccio di droga e resistenza, il minore era stato arrestato dalla polizia lo scorso gennaio, condannato a un anno e mezzo e rilasciato da Nisida a fine maggio. In quell’occasione, era stata trovata una pistola a salve modificata.
Un aspetto inquietante riguarda l’uso dei social network e i numerosi post apparsi nelle ore immediatamente successive all’omicidio avvenuto per motivi futili in piazza Raffaele Capasso, vicino al municipio. La Procura per i Minorenni ha già avviato accertamenti sui post pubblicati da alcuni minorenni, attualmente in fase di identificazione, nei quali si esalta l’uso delle armi. Tra messaggi d’amore, cuoricini e richiami alla fratellanza, la maggior parte dei post è stata pubblicata da minorenni, che saranno identificati. Successivamente, saranno valutate anche le responsabilità dei genitori, che non hanno vigilato sull’uso incontrollato dei social network da parte dei propri figli.