Il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione ha chiesto l’appello bis per l’omicidio di Serena Mollicone. I giudici della Corte Suprema devono decidere se confermare l’assoluzione definitiva per l’intera famiglia Mottola o se avviare un nuovo dibattimento.
Omicidio di Serena Mollicone, chiesto l’appello bis
La richiesta del sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione, Assunta Cocomello, al termine della sua requisitoria nel processo per l’omicidio di Serena Mollicone, la giovane di 18 anni uccisa nel giugno del 2001 ad Arce, è quella di annullare la sentenza di assoluzione e di avviare un nuovo processo d’appello. La Suprema Corte dovrà stabilire se mantenere la sentenza di assoluzione per il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, l’ex comandante della caserma di Arce, per sua moglie Annamaria e per il figlio Marco, oppure se accogliere la richiesta della procura generale e disporre un nuovo giudizio. La famiglia Mottola era stata assolta sia in primo che in secondo grado.
Per quanto riguarda il pg Cocomello, la sentenza d’appello contestata dalla procura presenta diverse lacune motivazionali, rendendo necessario un riesame della decisione. Anche i familiari della vittima nutrono la speranza che la Cassazione non chiuda definitivamente questa complessa vicenda giudiziaria. “Attendiamo una risposta dalla giustizia. Sono ventiquattro anni che Serena aspetta giustizia, noi ci crediamo e non abbiamo perso la speranza”, ha dichiarato Consuelo Mollicone, sorella di Serena, prima dell’inizio dell’udienza. “Siamo fiduciosi”, ha aggiunto Antonio Mollicone, lo zio di Serena.
Le fasi dell’inchiesta: un mistero che dura da 24 anni
Dopo quasi 24 anni di indagini, processi e colpi di scena, il caso di Serena Mollicone giunge a un punto cruciale davanti alla Corte di Cassazione. Era il 1° giugno 2001 quando Serena uscì di casa per recarsi a una visita dal dentista e non fece mai più ritorno. Due giorni dopo, il suo corpo senza vita fu rinvenuto in un bosco, con mani e piedi legati e la testa avvolta nel nastro adesivo. L’autopsia rivelò che la giovane di 18 anni era stata colpita violentemente alla testa e poi soffocata. Un omicidio brutale, che fin dall’inizio si è rivelato costellato di ombre e depistaggi.
Le prime indagini si focalizzarono su un carrozziere del paese, Carmine Belli, che fu arrestato e successivamente assolto. Tuttavia, nel 2008 emerse una testimonianza inquietante: il brigadiere dei carabinieri Santino Tuzi affermò di aver visto Serena entrare nella caserma dei carabinieri di Arce la mattina della sua scomparsa.
Pochi giorni dopo, Tuzi venne trovato morto: ufficialmente si trattò di un suicidio, ma ci sono troppi interrogativi e coincidenze che sollevano dubbi. Le indagini ripresero vigore nel 2011, quando una perizia rivelò che il colpo alla testa subito da Serena poteva essere compatibile con un impatto contro una porta della caserma. Le indagini si concentrarono sulla famiglia Mottola, che all’epoca risiedeva all’interno della struttura. Secondo l’accusa, Serena sarebbe stata uccisa dopo un litigio con Marco Mottola, figlio del comandante della caserma, e il suo corpo sarebbe stato rimosso per creare un depistaggio. Nel 2019, dopo anni di indagini, la procura di Cassino avviò un processo contro i tre membri della famiglia Mottola (il padre, la moglie Annamaria e il figlio) e due carabinieri, Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale. Tuttavia, il processo, che si è protratto per anni, non ha rivelato la verità che i familiari della ragazza speravano di ottenere: sia la corte d’assise di Cassino che la corte d’appello di Roma hanno assolto tutti gli accusati per mancanza di prove sufficienti.