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”Paolo Calissano si è suicidato”: chiusa l’indagine

Il fratello Roberto ha annunciato l'archiviazione dell'indagine

Stando alle ultime dichiarazioni, Paolo Calissano ”si è suicidato e non è morto per droga”, il fratello Roberto ha annunciato che è stata chiusa l’indagine, che è quindi definitivamente archiviata. L’uomo è morto a Roma, il 30 dicembre 2021.

Paolo Calissano si è suicidato: chiusa l’indagine

L’uomo è morto a Roma il 30 dicembre del 2021. A trovare il corpo dell’attore nel suo appartamento della Balduina fu la sua ex fidanzata Fabiola Palese. A ucciderlo è stata un’intossicazione da farmaci antidepressivi.  Nei prima anni 2000, l’amica Ana Lucia Bandeira Bezzerra morì per overdose nel suo appartamento di Genova, un errore che costò a Paolo un periodo in comunità per disintossicarsi. Il mondo dello spettacolo, però, ha sempre tenuto conto di quanto accaduto!

La morte: l’inchiesta

Sulla sua morte la procura di Roma aveva aperto un’inchiesta e oggi il fratello, Roberto Calissano, ne ha annunciato l’archiviazione. L’imprenditore 54enne affiancato dal suo avvocato, la penalista genovese Santina Ierardi, ha detto la sua: «Vorrei liberare la memoria di Paolo dallo stigma della tossicodipendenza», Stando a quanto spiega Roberto, Paolo non è morto per uso di droghe.

«Il pm che ha indagato per undici mesi sulla sua morte aveva disposto un esame tossicologico molto approfondito. La conclusione è stata che mio fratello non è morto a causa di stupefacenti, ma per un’intossicazione da farmaci antidepressivi». Lo ha raccontato al Corriere della Sera. «Quella sera Paolo accettò il rischio di morire, molto probabilmente». Così, alla domanda ”Paolo Calissano si è suicidato?” «Mai avrei pensato di dirlo, ma credo sia andata così. È molto doloroso per me ammetterlo».

L’ultima telefonata: il ricordo

Poi, parlando ha ricordato l’ultima telefonata: «Il 19 dicembre. Era giù. Non gli feci abbastanza domande, forse. Tutto rimase nella sfera del non detto». La vera difficoltà, stando a quanto ha raccontato Roberto, per Paolo era riuscire a togliere quella macchia che ormai le persone gli avevano tatuato addosso. «Aspirava al diritto all’oblio. Invece i motori di ricerca continuavano a risputare fuori quell’episodio legato al consumo di stupefacenti. Non riusciva a liberarsene. Lavorare era diventato impossibile. Perciò almeno oggi, dopo la sua morte, vorrei che fosse fatta un’operazione verità nei suoi confronti».

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