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Pensioni 2024, confermata Quota 103: cosa succede a Opzione Donna

Con la prossima legge di Bilancio in materia di pensioni, si andrà a confermare, per il 2024, Quota 103 e ad estendere l’Ape sociale. Saranno previste anche delle modifiche per Opzione Donna. A spiegare gli interventi sulle pensioni è il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon.

Pensioni 2024, confermata Quota 103: come si accede

Gli interventi per una riforma delle pensioni saranno limitati, perché sono le stesse risorse a disposizione ad essere limitate. L’esecutivo è combattuto tra la decisione di non aumentare le tasse, il ritorno nel 2024 delle regole europee di bilancio e la necessità di confermare misure onerose, come il taglio del cuneo fiscale. Per la manovra si parte da una dotazione sicura di 4 miliardi di euro. Basterebbero per confermare Quota 103 e Opzione donna ridotta, in attesa di trovare nuove soluzioni. Ma proprio su Opzione donna si vuole intervenire.

Per accedere a Quota 103 quest’anno consentiva di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica, mentre per chi decide di restare al lavoro è stato rifinanziato il bonus Maroni che prevede una decontribuzione del 10%. Lo schema dovrebbe essere replicato nel 2024. In ogni caso prima di ottobre non ci saranno novità annunciate.

L’obiettivo di Durigon

“Credo che oggettivamente ad oggi l’obiettivo” in materia di pensioni in vista del 2024 “è quello di riconfermare quota 103 e quota 41 con 62 anni e vedere come si può allargare. Per quello che riguarda Opzione donna stiamo cercando di capire come dare un ristoro alle donne”. Così Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, scopre le carte sul dossier pensioni nel corso di una intervista a 24 mattino su Radio24 a poche ore dall’incontro al tavolo di confronto al dicastero con i sindacati.

“Questo governo non ha gestito Opzione Donna come nella maniera precedente, questo perché crediamo che in quel caso ci sia stato oggettivamente tanto dispendio anche salariale per queste donne, era davvero un esborso esoso. Stiamo cercando di capire una norma che possa dare ristoro a queste donne”, ha spiegato.

Cosa dicono i sindacati

Il leader Uil, Pierpaolo Bombardieri, dai microfoni di Rainews24 ha riepilogato, lunedì 4 settembre, le richieste avanzate in questi mesi dai sindacati unitariamente in vista dell’incontro:

“Abbiamo messo sul tavolo di confronto tante questioni ma ad oggi non c’è alcun risultato. Noi abbiamo chiesto che domani (OGGI, NDR) al confronto si presenti il ministro Calderone perché ogni volta che ci incontriamo, in questa sorta di carovana itinerante, ci si chiede di rispiegare per l’ennesima volta la nostra piattaforma. Forse hanno difficoltà a comprendere. La realtà è molto semplice: noi abbiamo fatto richieste precise, flessibilità in uscita a partire dai 62 considerando ovviamente i lavoratori gravosi, una pensione garanzia sui giovani, su cui non c’è mai stata data risposta, e la conferma di opzione donna così come è stata varata due anni”.

Opzione Donna e Ape Sociale

Per lo strumento dedicato alle donne la formula dei 35 anni di contributi necessari per andare in pensione una volta compiuto il sessantesimo anno di età (o, in alcuni casi, anche solo 58 o 59), con il ricalcolo contributivo, non sembra attrarre particolarmente le lavoratrici italiane. «L’assegno subisce un taglio troppo drastico e quindi la misura rende poco» avrebbe detto in Consiglio dei ministri Giorgia Meloni. Non solo: con la nuova formulazione voluta dallo stesso esecutivo le beneficiare sono passate da un massimo di 23 mila a poco meno di 3 mila. Continuare con questa formula potrebbe determinare più svantaggi (in termini di soldi pubblici spesi) che vantaggi (in termini di uscite anticipate).

Tuttavia, garantiscono dal ministero del Lavoro, l’eliminazione comporterebbe il contestuale inserimento di nuove tutele nel pacchetto Ape sociale. Una sorta di accorpamento che però prevederebbe maggiore flessibilità, ad esempio, per caregiver e lavoratrici in specifiche condizioni.

L’auspicio della ministra Marina Calderone sarebbe comunque ampliare il prima possibile la platea, per far andare in pensione anticipata non solo disoccupate, disabili e chi si occupa di anziani e malati, ma anche le altre donne. O almeno parte delle 20mila persone escluse quest’anno dopo la stretta ai criteri d’accesso, senza distinzioni legate al numero di figli o alla mansione ricoperta.  L’obiettivo è coinvolgere fino a 10mila donne in più, da mandare in pensione probabilmente con 35 anni di contributi e almeno 60, 61, 62 o 63 anni d’età (contro i 58 per le dipendenti e i 59 per le autonome, come da regole 2022). Il nodo, tuttavia, è quello finanziario: se non si troveranno risorse Opzione donna potrebbe essere assorbita dall’Ape sociale, con qualche lieve miglioramento per fragili, disoccupate e caregiver. In ogni caso l’Ape sociale potrebbe essere estesa coinvolgendo più lavoratori gravosi o in difficoltà.

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