Riccardo, il 18enne accusato della strage di Paderno Dugnano nel Milanese, era parzialmente incapace di intendere al momento dell’omicidio: è quanto emerso dalla perizia psichiatrica. I fatti sono avvenuti lo scorso anno quando ha ucciso il padre, la madre e il fratellino di 12 anni con 108 coltellate. Secondo gli esperti, “cercava di rifugiarsi nel suo mondo fantastico”.
Strage di Paderno Dugnano, la perizia sul 18enne Riccardo
Quando ha brutalmente assassinato il padre, la madre e il fratellino di 12 anni, Riccardo C. si trovava in uno stato di parziale incapacità di intendere e volere. Questa conclusione è stata raggiunta dalla perizia psichiatrica redatta da Franco Martelli, richiesta dalla giudice per i minorenni di Milano, Laura Margherita Pietrasanta. L’omicidio è avvenuto nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre dello scorso anno, nella loro abitazione a Paderno Dugnano, in provincia di Milano. Se il vizio parziale di mente venisse riconosciuto durante il processo abbreviato che sta per iniziare, potrebbe comportare una riduzione della pena. Tuttavia, una consulenza difensiva ha stabilito per Riccardo un’incapacità totale.
Strage di Paderno Dugnano: la valutazione psichiatrica sul giovane
Lo scorso ottobre, su richiesta della difesa, il giudice per le indagini preliminari ha incaricato Franco Martelli, esperto in psichiatria e criminologia clinica, di effettuare una perizia sul giovane, attualmente detenuto nel carcere minorile di Firenze. La perizia è stata presentata il 14 marzo e sarà discussa, insieme alle parti e ai consulenti, in un’udienza prevista per aprile. La difesa ha anche nominato un proprio esperto, lo psichiatra Marco Mollica, il quale ha concluso nel suo rapporto che il giovane presenta un vizio totale di mente. Entrambi i documenti, insieme a quello della Procura per i minori, saranno inclusi nel processo abbreviato (che prevede uno sconto sulla pena), il cui inizio deve ancora essere fissato, dopo che nei giorni scorsi i pubblici ministeri hanno richiesto e ottenuto il giudizio immediato.
I brutali omicidi con oltre 100 coltellate
Nella notte tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, Riccardo C., allora 17enne, ha contattato il 112 affermando di aver ucciso il padre. Tuttavia, la sua prima versione dei fatti si è rivelata molto diversa dalla verità, che è emersa solo ore dopo: ha dichiarato di aver colpito il padre per difendere la madre e il fratellino da un’aggressione. All’interno dell’abitazione, i carabinieri hanno trovato i corpi di tre persone: il padre Fabio, la madre Daniela e il fratello di 12 anni, Lorenzo. Dopo diverse ore, il giovane ha confessato di aver commesso tutti e tre gli omicidi, anche se il movente rimane attualmente poco chiaro. Durante le perquisizioni nell’abitazione, i militari hanno scoperto nella stanza di Riccardo una copia del Mein Kampf di Hitler, discorsi di Benito Mussolini, disegni di aquile romane, fasci littori e appunti su lame e coltelli.
Nell’accusa di omicidio volontario pluriaggravato, che include anche la premeditazione, a carico del 18enne è evidenziato il numero impressionante di coltellate inflitte, ben 108 in totale, un dato significativamente superiore a quanto emerso dai primi esami autoptici. La maggior parte delle coltellate è stata inferta al fratellino.
“Viveva tra realtà e fantasia”
Secondo il perito psichiatra Franco Martelli, il giovane si trovava in una sorta di “realtà parallela” e la notte della tragedia aveva una capacità di intendere e di volere compromessa: “Desiderava rifugiarsi nel suo mondo fantastico dell’immortalità e per raggiungerlo era convinto di dover liberarsi di tutti i legami affettivi. Viveva in un equilibrio tra realtà e fantasia, quest’ultima non come delirio, ma come un rifugio”.
“Desideravo cancellare completamente la mia vita precedente”, ha dichiarato il giovane, riferendosi a un “malessere” che lo affliggeva da tempo, ma che era diventato particolarmente intenso durante l’estate. Ha anche espresso di sentirsi “estraneo” al mondo che lo circondava. “Volevo essere immortale; uccidendoli avrei potuto vivere liberamente”, ha aggiunto, cercando di giustificare un atto di violenza privo di un apparente motivo. Nelle relazioni degli psicologi che lo hanno seguito, incluse negli atti delle indagini, è emerso che il ragazzo aveva menzionato un “clima competitivo” presente in famiglia, nello sport e, più in generale, nella società.
“Un clima relazionale – si legge nella perizia – percepito come critico e competitivo”. Le sue ultime vacanze estive, trascorse con familiari e amici, sono state descritte come “serene”, o almeno così aveva affermato. In famiglia, ha aggiunto durante i colloqui, “se c’era l’occasione di litigare, cercavo di evitarlo”. Apparentemente, quindi, non sembrava avere motivi per sterminare la sua famiglia. “È stata la sera della festa che ho deciso di farlo”, ha dichiarato davanti al giudice che lo ha interrogato dopo l’arresto. Il perito ha constatato che, al momento della strage, la sua lucidità era parzialmente compromessa, poiché viveva in un mondo fantastico e sentiva di dover liberarsi della realtà, compresa la sua famiglia.