Economia

Il piano Draghi sulla competitività Europea: proposte e critiche

Domenico De Rosa
Domenico De Rosa
Domenico De Rosa

di Domenico De Rosa

L’Unione Europea sta attraversando una delle fasi più difficili della sua storia economica recente. La combinazione di una crisi sanitaria globale prima, la guerra in Ucraina poi, e le difficoltà strutturali preesistenti ha messo a dura prova la resilienza dell’economia europea. In questo scenario, Mario Draghi, ex presidente della Banca Centrale Europea e primo ministro italiano, ha delineato un piano ambizioso per rilanciare la competitività dell’Europa. Sebbene le sue proposte siano in parte promettenti, non si può ignorare il fatto che la Commissione Europea e le politiche adottate negli ultimi cinque anni abbiano commesso errori che hanno contribuito a esacerbare la crisi economica che il continente sta vivendo.

Una delle proposte più rilevanti del piano Draghi riguarda la digitalizzazione, con l’obiettivo di rendere l’Europa più competitiva a livello globale, soprattutto nei confronti di Stati Uniti e Cina. Il piano propone di accelerare l’adozione di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale e la blockchain, mirando a rafforzare la capacità delle piccole e medie imprese PMI di entrare nel mercato digitale.

Tuttavia, la realtà è che l’UE ha faticato a implementare politiche efficaci in questo ambito. La Commissione Europea ha tardato a fornire una strategia coerente per supportare la digitalizzazione delle PMI, che rappresentano il cuore del tessuto economico europeo. Inoltre, le iniziative che sono state adottate, come il Digital Compass e il Digital Services Act, non hanno avuto l’impatto atteso, soprattutto a causa di una scarsa attuazione e del persistente digital divide tra i vari Stati membri.

Mario Draghi
Mario Draghi

In questo contesto, la proposta di Draghi di promuovere l’innovazione digitale potrebbe non essere sufficiente se non accompagnata da una riforma strutturale del sistema educativo e da una politica di incentivi più incisiva. La Commissione Europea ha troppo spesso adottato politiche timide, non riuscendo a dare una direzione chiara per colmare il divario tecnologico interno.

Il Green Deal europeo, una delle iniziative più significative degli ultimi anni, ha rappresentato il vano tentativo di trasformare l’Europa in un modello globale di sostenibilità ambientale. Tuttavia, la realizzazione concreta di questo obiettivo ha incontrato molte difficoltà. La Commissione Europea ha plasticamente fallito nel garantire un equilibrio tra la necessità di ridurre le emissioni di CO2 e quella di sostenere la crescita economica, soprattutto in una fase di crisi.

Draghi, nel suo piano, ha giustamente sottolineato che la transizione ecologica deve essere vista come una leva per la crescita, con un focus particolare sulla creazione di posti di lavoro nel settore verde e sul rafforzamento delle tecnologie sostenibili. Tuttavia, le politiche europee sono state spesso troppo incentrate sulla penalizzazione delle industrie ad alta intensità di carbonio, senza offrire soluzioni adeguate a quelle stesse industrie per riconvertirsi.

Le riforme del sistema energetico europeo, purtroppo, sono state lente e frammentarie, con una forte dipendenza dalle importazioni di energia, specialmente di gas naturale. La Commissione ha perso l’opportunità di creare un mercato energetico veramente unificato, che avrebbe potuto mitigare gli effetti della crisi energetica attuale e stimolare una vera diversificazione delle fonti di energia rinnovabile.

Il mercato del lavoro europeo è una delle aree in cui la Commissione ha mostrato le sue carenze più evidenti. Nonostante i tentativi di riformare le politiche occupazionali, come il Piano d’Azione per l’Occupazione Giovanile e il European Pillar of Social Rights, l’alto tasso di disoccupazione giovanile e la crescente precarizzazione del lavoro sono rimasti problemi strutturali irrisolti.

Il piano Draghi propone di potenziare la formazione continua e l’aggiornamento delle competenze, temi centrali per affrontare l’automazione e le nuove forme di lavoro. Sebbene le sue proposte siano giuste, il fallimento della Commissione Europea nel fornire misure realmente efficaci ha reso difficile l’attuazione di politiche di inclusione per categorie più vulnerabili, come i giovani, i disoccupati di lunga durata e i lavoratori con basse qualifiche. Le iniziative finora intraprese sono state spesso incoerenti, e il coordinamento tra gli Stati membri per affrontare le disuguaglianze nel mercato del lavoro è stato insufficiente.

Uno degli aspetti più discussi del piano Draghi è la proposta di una maggiore flessibilità fiscale a livello europeo. La crisi economica causata dalla pandemia di COVID-19 ha dimostrato quanto sia necessaria una politica fiscale più elastica per permettere agli Stati membri di stimolare la crescita. La Commissione Europea, pur avendo sospeso temporaneamente le regole fiscali durante la pandemia, ha continuato a difendere in modo conservativo il Patto di Stabilità e Crescita, che impone limiti severi su deficit e debito pubblico.

Parlamento-Europeo

Questa rigidità è stata vista da molti come un errore fondamentale, soprattutto in un periodo in cui gli Stati membri avevano bisogno di investire pesantemente in infrastrutture, sanità e aiuti alle imprese. La Commissione ha adottato una posizione troppo ortodossa, ostacolando la possibilità di una ripresa rapida e sostenibile in molti paesi, in particolare quelli con un debito elevato. Il piano di Draghi di rivedere il sistema di bilancio europeo appare quindi come una risposta necessaria a un errore strategico della Commissione.

Nel suo piano, Draghi propone di rafforzare il mercato unico europeo, riducendo le barriere interne e promuovendo un’integrazione più stretta tra i vari Stati membri. Questo è un obiettivo fondamentale per rendere l’Europa più competitiva a livello globale. Tuttavia, negli ultimi anni la Commissione Europea non è riuscita a rimuovere efficacemente le barriere burocratiche e normative che ancora ostacolano il commercio intra-europeo, soprattutto per le PMI.

Nonostante le promesse di semplificazione, il mercato unico europeo è rimasto frammentato in molte aree, con differenze significative tra le legislazioni nazionali, soprattutto in termini di regolamentazione delle piccole e medie imprese, tasse e standard ambientali. La Commissione ha peccato di lentezza e incapacità nel portare a termine le riforme necessarie, impedendo a molte aziende di beneficiare appieno dei vantaggi dell’integrazione europea.

Tutto ciò detto il piano Draghi per la competitività europea offre una visione diretta ed ambiziosa per tentare di affrontare la crisi economica e provare a modernizzare l’Unione Europea. Tuttavia, i gravi errori commessi dalla Commissione Europea negli ultimi cinque anni sono evidenti e devono necessariamente essere corretti per rendere le politiche europee veramente efficaci. La digitalizzazione, la transizione verde sostenibile, le politiche fiscali e il rafforzamento del mercato del lavoro richiedono un maggiore pragmatismo, più coerenza e una leadership più audace, che finora è certamente mancata.

Se l’UE vuole affrontare con successo la crisi e rafforzare la sua competitività globale, deve imparare dagli errori del passato e adottare misure più coraggiose, flessibili e mirate, capaci di rispondere concretamente alle sfide del presente. Solo così l’Europa potrà tentare di tornare ad essere un vero motore di crescita, innovazione e sostenibilità.

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