Nel pomeriggio del 12 dicembre del 1969 quattro bombe piazzate da un gruppo neofascista esplosero tra Milano e Roma. Quella che causò i danni maggiori scoppiò in mezzo alla sala principale della Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana, nel centro di Milano.
Diciassette persone morirono, più di 80 furono ferite: le indagini conseguenti furono sviate e ostacolate da interventi di esponenti delle istituzioni, che divennero un lungo strascico delle responsabilità dell’attentato stesso.
E la strage rimase, tra le altre cose, come una svolta storica e una “fine dell’innocenza” per i movimenti giovanili di cambiamento sociale del ’68 e del ’69 che si trovarono da allora di fronte a una risposta violenta e sanguinaria che determinò parte degli sviluppi violenti e sanguinari nella vita italiana degli anni successivi.