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Il 6 gennaio del 1980 viene assassinato Piersanti Mattarella: vittima di Cosa Nostra

Piersanti Mattarella è stato un politico italiano, assassinato da Cosa Nostra durante il mandato di presidente della Regione Siciliana.

Piersanti Mattarella, tutto quello che c’è da sapere sul politico vittima di Cosa Nostra

Secondogenito di Bernardo Mattarella, uomo politico della Democrazia Cristiana, ebbe come padrino di battesimo Pietro Mignosi, con cui il padre aveva un rapporto profondo. Nel 1941 nacque il fratello minore Sergio, 12esimo Presidente della Repubblica Italiana.


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Nacque a Castellammare del Golfo il 24 maggio del 1935 e crebbe con istruzione religiosa, studiando a Roma al San Leone Magno, dei Fratelli maristi. Dopo l’attività nell’Azione Cattolica (associazione in cui ricoprì anche incarichi nazionali), si dedicò alla carriera politica nella Democrazia Cristiana avendo fra i suoi ispiratori Giorgio La Pira e avvicinandosi alla corrente politica di Aldo Moro. Divenne assistente ordinario di diritto privato all’Università di Palermo.

Aveva due figli: Maria e Bernardo, quest’ultimo deputato all’Assemblea regionale siciliana dal 2008.

Consigliere comunale a Palermo


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Nel novembre del 1964 si candida nella lista DC alle elezioni comunali di Palermo ottenendo più di undicimila preferenze (quarto dopo Salvo LimaVito Ciancimino e Giuseppe Cerami) e divenendo consigliere comunale di Palermo nel pieno dello scandalo del Sacco di Palermo.

Deputato regionale

Alle elezioni regionali del 1967 fu eletto deputato all’Assemblea regionale siciliana, nel collegio di Palermo con più di trentaquattromila preferenze, nonostante molti dubitassero delle sue possibilità visto che negli stessi anni il padre Bernardo stava venendo coinvolto in un acceso scontro giudiziario con il sociologo Danilo Dolci che lo aveva accusato di collusioni mafiose.


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Piersanti Mattarella (a destra) in compagnia del presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Durante i quattro anni successivi fece parte della Commissione Legislativa regionale, della Giunta per il Regolamento e della Giunta per il Bilancio venendo nominato, cosa inusuale per un deputato di prima nomina, relatore della legge sul bilancio di previsione della regione per l’anno 1970. Fu inoltre membro della Commissione speciale incaricata di riformare la burocrazia regionale, divenendo relatore della legge di riforma.

Sulle pagine del giornale Sicilia Domani, nel giugno 1970, Piersanti denunciò diverse criticità dell’Assemblea regionale. Il primo punto riguardava le pratiche clientelari dei consiglieri regionali con una prassi che denominò “provincializzazione” dell’attività della Regione: i deputati regionali, troppo legati al territorio dove venivano eletti, risultavano incapaci di perseguire una linea politica organica per tutta la Sicilia in quanto troppo impegnati nel cercare di ottenere leggi e provvedimenti di spesa a favore dei propri collegi. A questo Mattarella cercava di porre rimedio proponendo una riforma elettorale con collegi più ampi di quelli provinciali.


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Il secondo punto critico riguardava l’eccessivo numero di incarichi in Assemblea e Giunta regionale che riducevano l’efficacia dell’azione di governo: per questo Mattarella proponeva una soluzione con il taglio degli assessorati da dodici ad otto e delle commissioni legislative da sette a cinque, chiedendo di prevedere per l’ufficio di presidenza la nomina di due soli vice, un segretario e un questore. Mattarella chiedeva inoltre l’introduzione di criteri di rotazione degli incarichi a cui fossero posti anche dei limiti temporali. Terzo punto debole della regione riguardava la scelta degli assessori regionali, al tempo eletti dall’ARS in una votazione differente da quella del presidente di Regione, generando così un sistema che favoriva gli accordi sottobanco. Per il politico di Castellamare occorreva dunque che fosse il presidente a nominare la giunta, così da poter attingere anche a esterni, lasciando all’Assemblea un unico voto di fiducia da dare a tutta la giunta.


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In quegli stessi anni Piersanti Mattarella si fa largo nella DC provinciale e regionale, grazie al sostegno di Aldo Moro e della sua corrente, favorendo l’elezione di Giuseppe D’Angelo alla segreteria regionale del partito. L’azione moralizzatrice di D’Angelo farà approvare al congresso regionale due ordini del giorno: il primo in merito al contrasto degli esattori privati dei tributi pubblici (i potenti cugini Salvo in primis) e il secondo riguardante un impegno più duro contro la mafia.

Sempre in questo periodo Mattarella contribuisce a fondare l’Asael (Associazione siciliana amministratori enti locali).

Assessore regionale

Mattarella verrà rieletto per due legislature (1971, con più di quarantamila preferenze, e 1976, con quasi sessantamila preferenze). Dal 1971 al 1978 è assessore regionale alla Presidenza con delega al Bilancio nelle diverse giunte presiedute da Mario FasinoVincenzo Giummarra e Angelo Bonfiglio.


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L’azione di Mattarella come assessore al Bilancio è subito incisiva: nel 1971 vengono approvati otto rendiconti arretrati e negli anni successivi presenta e fa votare entro i termini di legge i bilanci di previsione evitando la prassi consolidata del ricorso all’esercizio provvisorio. Nella primavera del 1975 su suo impulso viene approvato a larghissima maggioranza, con i voti del PCI, il Piano regionale d’interventi per gli anni 1975-1980 (legge regionale n. 18 del 12 maggio 1975), primo tentativo di programmazione a lungo termine delle risorse regionali.

Presidente della Regione Siciliana

Fu eletto dall’Ars presidente della Regione Siciliana il 9 febbraio 1978 con 77 voti su 100, il risultato più alto della storia dell’Assemblea, alla guida di una coalizione di centro-sinistra con l’appoggio esterno del Partito Comunista Italiano.

Il suo staff comprende, tra gli altri, Maria Grazia Trizzino come capo di gabinetto, prima donna a ricoprire questo incarico, Rino La Placa, capo della segreteria e futuro deputato regionale, e Leoluca Orlando, successivamente sindaco di Palermo, come consigliere giuridico.


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Il presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella in visita a Catenanuova, accolto dal sindaco Mario Mazzaglia e dal vescovo di Nicosia Salvatore Di Salvo – 23 settembre 1979.

La presidenza di Mattarella si distingue per l’azione riformatrice portata avanti in regione. All’inizio di aprile viene riformato il governo regionale accentuando la collegialità dell’azione della giunta dando la possibilità al presidente di avocare a sé decisioni spettanti ai singoli assessori e allargando le materie da sottoporre all’intero governo, razionalizzando le competenze degli assessorati, la previsione di tempi certi e rapidi per la pubblicazione degli atti approvati dall’Ars e nuovi criteri molto più severi per la nomina dei dirigenti pubblici.

In ottobre viene creato il Comitato della programmazione, che unisce deputati regionali ed esperti della società civile, e rappresenta una nuova misura di razionalizzazione politico-amministrativa. Altri importanti risultati raggiunti in quell’anno furono il piano d’emergenza per la mobilitazione di risorse per l’occupazione, provvedimenti contro la disoccupazione, l’attuazione di un radicale decentramento a favore dei comuni, il piano di rifinanziamento degli asili nido e la legge sul settore agricolo e sui consultori familiari.

Altri importanti provvedimenti furono la legge urbanistica (legge regionale n. 71 del 1978) che riduceva drasticamente gli indici di edificabilità dei terreni agricoli e portava sulle spalle dei costruttori alcuni degli oneri per le opere di urbanizzazione prima a carico degli enti pubblici rappresentando un duro colpo per speculatori e costruttori abusivi; e la legge sugli appalti che favoriva trasparenza e imparzialità nella pubblica amministrazione, riformando anche il sistema di collaudo delle opere pubbliche affidato precedentemente sempre alle solite persone. Sotto quest’ultimo aspetto Mattarella avvalendosi dei poteri ispettivi del presidente della regione ordina inchieste sui beneficiari dei contributi regionali, sugli assessorati e sui comuni più grandi portando alla luce illeciti e abusi.


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Nel 1979 dopo una breve crisi politica dovuta al Partito Comunista, formò un secondo governo. Il programma di riforme continuò con l’attuazione del Piano di sviluppo per la Sicilia frutto del Comitato della programmazione, il nuovo piano di ammodernamento agricolo, l’istituzione delle unità sanitarie locali e una riforma degli enti economici siciliani (EsaAstCriasIrcacIstituto Vitevino ed Eas) che introduceva criteri di efficienza e trasparenza oltre che norme che prevedono incompatibilità e limiti di durata degli incarichi dirigenziali.

Lotta alla mafia

Poco dopo l’omicidio di Peppino Impastato, conduttore radiofonico candidato sindaco a Cinisi per Democrazia Proletaria, avvenuto per ordine di Tano Badalamenti, Mattarella si recò nella città per la campagna elettorale comunale pronunciando un durissimo discorso contro Cosa Nostra che stupì gli stessi sostenitori di Impastato.

Rappresentò una chiara scelta di campo il suo atteggiamento alla Conferenza regionale dell’agricoltura, tenuta a Villa Igiea la prima settimana di febbraio del 1979.


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Il deputato Pio La Torre, presente in quanto responsabile nazionale dell’ufficio agrario del Partito Comunista Italiano (sarebbe divenuto dopo qualche mese segretario regionale dello stesso partito) attaccò con furore l’Assessorato dell’agricoltura, denunciandolo come centro della corruzione regionale e additando lo stesso assessore come colluso alla delinquenza regionale. Mentre tutti attendevano che il presidente della Regione difendesse vigorosamente il proprio assessore, Giuseppe Aleppo, Mattarella riconobbe pienamente la necessità di correttezza e legalità nella gestione dei contributi agricoli regionali.

Sfidando il clima imposto, un solo periodico, Terra e Vita, pubblicò il resoconto, sottolineando come fosse generale lo sconcerto e come fosse comune la percezione che quel giorno, a Palermo, si fosse aperto un confronto che non avrebbe potuto non conoscere eventi drammatici. Un senatore comunista e il presidente democristiano della regione si erano, di fatto, esposti alle pesanti reazioni della mafia. Il mese successivo comunque Mattarella confermò Aleppo alla guida dell’assessorato.


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Il Procuratore Gian Carlo Caselli, in un’intervista a Repubblica del 12 agosto 1997, ha affermato: “Piersanti Mattarella un democristiano onesto e coraggioso ucciso proprio perché onesto e coraggioso”.

Il Procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, nel libro Per non morire di mafia, ha scritto che Piersanti Mattarella «stava provando a realizzare un nuovo progetto politico-amministrativo, un’autentica rivoluzione. La sua politica di radicale moralizzazione della vita pubblica, secondo lo slogan che la Sicilia doveva mostrarsi ‘con le carte in regola’, aveva turbato il sistema degli appalti pubblici con gesti clamorosi, mai attuati nell’isola».

Assassinio

La domenica del 6 gennaio 1980, in Via della LibertàPalermo, non appena Mattarella fu entrato in una Fiat 132 insieme alla moglie, ai due figli e alla suocera per andare a messa, un sicario si avvicinò al finestrino e lo freddò a colpi di pistola.


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In seguito alla sua morte, il vice presidente, il socialista Gaetano Giuliano, guidò la giunta regionale fino al termine della legislatura, avvenuta cinque mesi dopo. Nel luogo dove è avvenuto l’omicidio è stata posta una targa in suo ricordo.

Inizialmente fu considerato un attentato terroristico, poiché subito dopo il delitto arrivarono rivendicazioni da parte di un sedicente gruppo neofascista. Pur nel disorientamento del momento, il delitto apparve anomalo per le sue modalità, portando il giorno stesso lo scrittore Leonardo Sciascia ad alludere a “confortevoli ipotesi” che avrebbero potuto ricondurre l’omicidio alla mafia siciliana.

Sergio Mattarella