Licenziata perché positiva al coronavirus da sei mesi, la storia di Nada Cava
“Vivo da sola, sono separata e non percepisco alcun tipo di mantenimento dal mio ex marito. Amo il mio lavoro, anche perché è il mio unico sostentamento. Ma sto rischiando di non avere più uno, di essere licenziata e di perdere anche l’appartamento. Sto andando in depressione” spiega a fine luglio la donna rendendo pubblica la sua vicenda. A inizio marzo è risultata positiva al coronavirus e il 20 luglio è stata sottoposta al suo tredicesimo tampone e a fine agosto è arrivata la lettera di licenziamento.
Lo sfogo
Nada lavorava come banconista in un supermercato. Al Messaggero ha spiegato: “Non mi sento bene, ora mi porteranno al Covid hospital di Pescara e mi diranno se sono idonea alla cura del plasma iperimmune. Sono già stata lì la scorsa settimana. Ero fiduciosa, speravo iniziassero a farmi subito la terapia invece mi hanno fatto solo un day hospital: viste mediche e analisi. Spesso penso e spero che si tratti solo di un brutto sogno. Purtroppo non è così”.
A causa della quarantena forzata, la donna non ha potuto prendere parte al matrimonio della figlia e al funerale della madre. E come se non bastasse, dopo l’ennesimo ricoverato all’ospedale di Atri è arrivata la notizia del licenziamento. “Fortunatamente ho avuto la proposta di un altro impiego. Dovrei prendere servizio il 2 settembre in un altro supermercato, grazie al buon cuore del suo titolare. Ma resta il problema della positività: nemmeno un miracolo può farmi negativizzare per quel giorno. Spero tanto di non perdere questa opportunità”.