I carabinieri del Nas hanno scoperto e sequestrato un punto nascita abusivo attivo da anni a Civezzano, in provincia di Trento: due ostetriche sono ora indagate. L’avvocata delle ostetriche, Francesca Pastore, ha già chiarito la sua linea difensiva: “Il problema non è la casa di maternità, loro sono ostetriche libere professioniste e quindi possono seguire i parti a livello domiciliare o in altri luoghi”.
Trento, sequestrato punto nascita abusivo: indagate due ostetriche
I Nas hanno scoperto a Civezzano una struttura abusiva adibita a punto nascita senza alcuna autorizzazione. Il centro “La via di casa” aveva come obiettivo quello di seguire le pazienti prima, durante e dopo il parto. L’associazione però, secondo quanto emerso dai controlli dei carabinieri, non aveva alcuna autorizzazione sanitaria per operare ma era attiva da almeno tre anni. Due le ostetriche che lavoravano all’interno della struttura e che ora sono indagate.
Le indagini
Le indagini sono partite qualche mese fa dopo il ricovero di una madre per emorragia. Durante il suo parto, ci sarebbe stata una complicazione che l’avrebbe costretta ad andare al nosocomio di Santa Chiara. La donna non è andata incontro ad alcuna conseguenza ma il ricovero ha fatto scattare la segnalazione in Procura e i conseguenti controlli. Dalle indagini dei carabinieri è emerso che il punto nascita aveva anche un sito web dove all’interno proponeva trattamenti di medicina alternativa e che richiedeva quasi mille euro per un parto.
La difesa
L’avvocata delle ostetriche, Francesca Pastore, ha già chiarito la sua linea difensiva: «Il problema non è la casa di maternità, loro sono ostetriche libere professioniste e quindi posso seguire i parti a livello domiciliare o in altri luoghi. La casa di maternità è un’associazione di promozione che fa varie attività e una stanza, che come fosse casa, è dedicata al parto. Secondo l’accusa devono essere autorizzate, ma non sono strutture sanitarie». «È come se partorissero in casa e la Provincia prevede un rimborso per i parti domiciliari, in alcune regioni sono regolamentate, secondo noi non può essere penalmente rilevante».