Non solo variante Alfa e Delta del Covid preoccupano gli esperti. Ma quali sono le altre mutazioni del Coronavirus e perché preoccupano? Vediamo insieme come riconoscerle. A completare l’elenco poi ci sono anche Eta (trovata per la prima volta in Nigeria), Theta (Filippine) e Kappa (India e Colombia). Oltre a quelle “oggetto di monitoraggio”: Lambda (Perù), Iota (Usa), Zeta (Brasile).
Quali sono le varianti del che preoccupano e perché
La più diffusa in ogni caso resta ancora l’Alfa (B.1.1.7), identificata nell’ottobre 2020 in Gran Bretagna, è diventata dominante in tutto il mondo sostituendo la versione precedente del virus Sars-CoV-2 grazie alla capacità di trasmettersi con un’efficienza maggiore del 50% rispetto ad essa. Secondo i dati aggiornati alle ultime 4 settimane della banca internazionale Gisaid, che raccoglie le sequenze dei virus, la sua diffusione in Italia è del 53,5%. Poco di più invece per l’Iss: 57,8%.
A seguire, per diffusione mondiale, c’è Beta (B.1.351), identificata invece Sudafrica, e anch’essa capace di diffondersi con un’efficienza maggiore del 50% rispetto al virus originario, soprattutto tra i giovani. Dopo le preoccupazioni destate qualche mese fa però, questa mutazione sembra aver affievolito il suo impatto. Tant’è che in Italia – secondo la banca dati Gisaid – non si sono rilevate nuove segnalazioni nelle ultime 4 settimane.
La variante Gamma
A preoccupare gli esperti poi c’è Gamma (P.1). Identificata all’inizio del 2021 in Giappone e poi in Brasile, è guardata con attenzione a causa di tre mutazioni, indicate con le sigle: N501Y, E484K e K417T, coinvolte nell’efficacia con cui il virus si lega al recettore Ace2 delle cellule umane. Secondo i dati Gisaid nelle ultime 4 settimane la sua diffusione in Italia è stata del 7,3% (in crescita per l’Iss oltre 11); ed è la variante prevalente, al 22 giugno, nella regione Lazio.
La variante Delta
La più nota e sorvegliata invece è Delta (B.1.617.2). Identificata in India, si è rapidamente diffusa in un centinaio di Paesi grazie alla grande efficienza con cui si trasmette, stimata fra il 50% e il 60% superiore rispetto alla variante Alfa. Ha già determinato una nuova impennata di casi e il conseguente inasprimento delle misure di contenimento nel Regno Unito, in Israele, in Portogallo, in Russia, in Tunisia e in Australia.
Nonostante sia fortunatamente inibita dal completamento del ciclo vaccinale (entrambe le dosi quindi), preoccupa perché – stando agli studi eseguiti dal Nhs, il servizio sanitario britannico – avrebbe un tasso di ospedalizzazioni doppio rispetto alla variante originaria. Infine, l’ultima arrivata, Epsilon (B.1.427). Identificata in California, è ancora poco diffusa in Europa (meno di 100 casi) e sono solo due quelli rilevati in Italia secondo Gisaid. Secondo un articolo pubblicato sulla rivista Science dai ricercatori dell’Università di Washington, a Seattle, si tratta a tutti gli effetti una delle varianti da tenere sott’occhio. A destare preoccupazione infatti sono le caratteristiche della sua proteina Spike, l’artiglio molecolare con cui il virus si aggancia alle cellule, che comprende ben tre mutazioni che la renderebbero resistente agli anticorpi, sia a quelli generati dal vaccino, sia a quelli generati dall’infezione.
Il sito del Ministero della Salute