Cronaca

Oltre 3 miliardi di persone vivono al di sotto della soglia di povertà: si amplia il divario tra Nord e Sud, il rapporto di Oxfam

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Oltre 3 miliardi di persone vivono al di sotto della soglia di povertà, mentre il divario con i super-ricchi continua ad ampliarsi: ecco i dati di Oxfam che evidenziano l’aumento delle disuguaglianze economiche a livello mondiale. Circa il 44% della popolazione globale sopravvive con meno di 6,85 dollari al giorno, con 3,5 miliardi di individui in situazioni di vulnerabilità. Nel frattempo, l’1% più abbiente detiene il 45% della ricchezza mondiale.

Oltre 3 miliardi vivono sotto la soglia di povertà: i dati di Oxfam

La disuguaglianza economica a livello globale rappresenta ancora una delle sfide più significative del nostro tempo, contraddistinta da marcate disparità nella distribuzione di risorse e opportunità. Sebbene siano stati compiuti alcuni progressi nella riduzione della povertà relativa negli ultimi decenni, miliardi di persone continuano a vivere in condizioni precarie, mentre una ristretta élite accumula ricchezze straordinarie. Questa situazione non solo mette in luce le ingiustizie del sistema economico globale, ma solleva anche interrogativi fondamentali su come costruire un mondo più giusto e inclusivo. Il recente rapporto di Oxfam fornisce un’analisi preoccupante di queste dinamiche, evidenziando i legami tra povertà estrema, concentrazione della ricchezza e squilibri strutturali tra il Nord e il Sud del mondo.

Cosa riporta il rapporto

Circa il 44% della popolazione mondiale vive con meno di 6,85 dollari al giorno. Sebbene negli ultimi 30 anni la percentuale di persone in condizioni di povertà sia diminuita, il numero totale di individui che vivono al di sotto di questa soglia rimane sostanzialmente invariato rispetto al 1990, attestandosi ancora a 3,5 miliardi. Con questo andamento, il rapporto prevede che potrebbero essere necessari oltre cento anni per eliminare la povertà a livello globale.

Il progresso nella riduzione della cosiddetta “povertà estrema”, che riguarda coloro che vivono con meno di 2,15 dollari al giorno, sta rallentando, rendendo sempre più difficile il raggiungimento dell’obiettivo di eliminarla entro il 2030, come stabilito dall’Agenda delle Nazioni Unite.

Il rapporto di Oxfam, intitolato “Disuguaglianza: povertà ingiusta e ricchezza immeritata”, presentato in occasione del World Economic Forum di Davos, offre un’analisi allarmante: nel 2024, la ricchezza dei dieci uomini più facoltosi del pianeta è aumentata di quasi 100 milioni di dollari al giorno in media. Anche se il 99% delle loro fortune venisse perso, continuerebbero a essere miliardari. Nel frattempo, l’1% più ricco della popolazione possiede quasi il 45% della ricchezza globale, grazie a un sistema economico che favorisce l’accumulo di capitale nei paesi sviluppati a discapito delle economie in via di sviluppo.

Le disparità tra nord e sud

Nel 2024, i Paesi industrializzati hanno registrato un afflusso netto di capitali dal Sud globale pari a circa 1000 miliardi di dollari. Come evidenziato nel rapporto di Oxfam, questo fenomeno è il risultato di un sistema economico ingiusto, caratterizzato da forme di neocolonialismo. Le economie avanzate continuano a dominare i flussi di ricchezza globale grazie al controllo delle valute principali nei sistemi di pagamento internazionali e a condizioni di finanziamento più vantaggiose. Di conseguenza, il Nord del mondo, pur rappresentando solo il 21% della popolazione globale, detiene il 69% della ricchezza totale. Al contrario, i Paesi del Sud del mondo contribuiscono al 90% della forza lavoro globale, ma ricevono solo il 21% del reddito aggregato da lavoro. Le differenze salariali sono enormi: a parità di competenze, i salari nel Sud globale sono inferiori fino al 95% rispetto a quelli dei Paesi ricchi. Questo evidente squilibrio contribuisce alla disparità economica e limita le opportunità di sviluppo per miliardi di persone.

Oxfam: “Il debito estero genera precarietà e marginalizzazione culturale”

Un altro punto critico evidenziato nel rapporto di Oxfam riguarda il debito estero, che grava in modo eccessivo sui Paesi a basso e medio reddito. Attualmente, questi Paesi destinano quasi la metà delle loro risorse al rimborso del debito contratto con creditori internazionali, spesso situati a New York o Londra. A metà del 2023, il debito globale ha raggiunto un livello record di 307 trilioni di dollari, con 3,3 miliardi di persone che vivono in nazioni dove si spende più per il debito che per servizi essenziali come sanità e istruzione. Questa situazione, come evidenziato nel documento, ha alimentato un ciclo di precarietà economica e una “assurda” marginalizzazione culturale, favorendo politiche identitarie e divisive che creano privilegi per una ristretta élite.

Il ruolo delle multinazionali

Il rapporto di Oxfam evidenzia l’importanza delle grandi multinazionali e dei sistemi clientelari nel perpetuare le disuguaglianze. Nel documento si sottolinea come i ricavi complessivi delle cinque principali aziende a livello globale superino il PIL di numerosi paesi e il reddito totale di circa due miliardi di persone. Questo dimostra come il potere monopolistico generi profitti eccessivi, contribuendo a un sistema economico squilibrato. Questi dati offrono un quadro chiaro di un mondo in cui le opportunità sembrano sempre più concentrate nelle mani di pochi, a scapito della maggioranza.

La conferenza di Bandung: significato e motivi di riferimento

“Spesso ci viene detto che il colonialismo è un fenomeno del passato”, afferma un rapporto di Oxfam, “ma non lasciamoci ingannare da questa affermazione. Il colonialismo è ancora presente. Come possiamo affermare il contrario, quando ampie regioni dell’Asia e dell’Africa non hanno ancora raggiunto la libertà? E vi esorto a non considerare il colonialismo solo nella sua forma tradizionale, quella che noi in Indonesia, insieme ai nostri fratelli in diverse parti dell’Asia e dell’Africa, abbiamo vissuto. Esiste anche una dimensione moderna del colonialismo, che si manifesta attraverso il controllo economico, l’influenza intellettuale e persino il dominio fisico da parte di una ristretta ma estranea élite all’interno di una nazione. Si tratta di un avversario astuto e risoluto, che si presenta in molteplici forme e non rinuncia facilmente ai suoi privilegi. Ovunque e in qualsiasi momento, il colonialismo è una forza maligna che deve essere estirpata dalla Terra.”

Queste sono le parole pronunciate da Sukarno, il primo Presidente dell’Indonesia, durante il suo discorso di apertura alla Conferenza di Bandung del 1955. Sukarno, simbolo della lotta per l’indipendenza del suo Paese dai Paesi Bassi, si espresse con grande determinazione contro ogni forma di oppressione, sottolineando che il colonialismo non si limita alla dominazione militare e politica, ma si manifesta anche attraverso il controllo economico e culturale. La Conferenza di Bandung, che si svolse in Indonesia dal 18 al 24 aprile 1955, rappresentò un momento storico fondamentale: fu il primo incontro ufficiale tra 29 Paesi del Sud del mondo, principalmente dell’Asia e dell’Africa, molti dei quali avevano recentemente ottenuto l’indipendenza. L’obiettivo principale era quello di rafforzare la solidarietà tra le nazioni non allineate, promuovendo l’autodeterminazione, l’uguaglianza tra gli Stati e la cooperazione internazionale.

Tra i risultati più rilevanti della conferenza, spicca l’adozione dei “Dieci Principi di Bandung”, che includevano il rispetto per la sovranità nazionale, la non interferenza negli affari interni, la lotta contro ogni forma di colonialismo e la promozione della pace mondiale. Questo incontro ha posto le fondamenta per la creazione del Movimento dei Paesi Non Allineati, un’alleanza che mirava a mantenere una posizione neutrale rispetto alle due superpotenze della Guerra Fredda, Stati Uniti e Unione Sovietica, e a fornire una voce unitaria alle nazioni in via di sviluppo. La conferenza di Bandung, menzionata nel rapporto Oxfam, continua a rappresentare un simbolo della lotta contro l’ingiustizia globale e un punto di riferimento per il dialogo tra i paesi del Sud del mondo.

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