Dopo 3 anni dall’emissione del Reddito di Cittadinanza, arriva il primo bilancio dell’Inps. Da una prima lettura del rapporto, salta subito agli occhi quanto sia stato speso ed erogato a chi ne ha fatto richiesta. Sono 20 i miliardi spesi per i 4 milioni di cittadini che ne avevano bisogno.
Reddito di Cittadinanza, il bilancio dell’Inps
Il Reddito di Cittadinanza è tra le misure a sostegno dei cittadini che ha fatto più discutere. C’è chi ne ha abusato e chi ne ha fatto un uso giusto. Istituito con decreto legge nel gennaio 2019, il Rdc è diventato operativo dal 6 marzo dello stesso anno. Si tratta di una forma di sostegno economico finalizzato al reinserimento lavorativo e all’inclusione sociale. Viene erogato ai nuclei familiari che ne fanno domanda, trovandosi in determinate condizioni sociali ed economiche.
Il sussidio viene erogato ai nuclei familiari che ne fanno domanda, trovandosi in determinate condizioni sociali ed economiche. Qualora il nucleo familiare sia composto da uno o più soggetti di età pari o superiore a 67 anni oppure se sono presenti persone di età inferiore in condizione di disabilità grave o non autosufficienti, il reddito di cittadinanza diventa pensione di cittadinanza (pdc).
Rdc e Pdc: quali sono le differenze?
La possibilità di accedere a questa forma di sostegno economico è legata alla presenza di diversi requisiti:
- reddituali, primo fra tutti un Isee inferiore a 9.360 euro;
- patrimoniali, per esempio un patrimonio immobiliare inferiore a 30mila euro (senza considerare l’abitazione);
- residenziali, avere la residenza in Italia da almeno 10 anni.
Una volta riconosciuto il diritto alla prestazione, il calcolo dell’importo, che viene erogato tramite accredito su un’apposita carta elettronica, è basato su un meccanismo che integra il valore del reddito familiare fino a un valore soglia in funzione del numero e della tipologia dei componenti. In ogni casom l’importo annuo non può essere inferiore a 480 euro. L’importo massimo annuo erogabile è di 16.560 euro per il Reddito e 18.432 euro per la Pensione di cittadinanza.
I dati dell’Inps
Secondo il bilancio dell’Inps sono state 4,65 milioni di persone, hanno ricevuto il pagamento di almeno una mensilità. Il totale erogato corrisponde a quasi 20 miliardi di euro (i dati sono riferiti al 17 gennaio 2022). Numeri importanti, che la dicono lunga riguardo la validità di questo strumento di sostegno al reddito familiare, ma che raccontano anche di tante persone in difficoltà economica.
Nell’analisi del numero di beneficiari si possono evidenziare tre fasi particolari: primi tre mesi dall’entrata in vigore (aprile-giugno 2019) con ben 859 mila nuclei familiari che hanno aderito alla misura, in seguito un flusso di nuovi beneficiari pari a circa 250 mila per semestre con picchi in corrispondenza dei momenti più critici della pandemia da Covid-19, una diminuzione nel flusso nel secondo semestre del 2021, con circa 100 mila nuovi beneficiari, probabilmente legata alla ripresa economica del Paese.
Dove si trovano i beneficiari: numeri maggiori al Sud
Delle 3.048.988 persone appartenenti ai nuclei familiari beneficiari di Rdc e Pdc a dicembre 2021, una su quattro è minorenne, due su tre risiedono al Sud. Nello specifico, le prime cinque province d’Italia per incidenza sono: Napoli, Crotone, Palermo, Caserta e Catania. Proprio la ‘questione meridionale’ è uno dei temi più discussi in materia di Rdc.
Un approfondimento su questo delicato argomento emerge dal XXI Rapporto annuale dell’Inps in cui viene mostrato, con indicatori su base comunale, che lo squilibrio tra Nord e Sud è sostenuto anche da fattori di disagio economico locale come l’alto tasso di disoccupazione, il basso livello di istruzione e specializzazione, la mancanza di strutture e servizi adeguati.
Quanti hanno trovato lavoro
Uno degli aspetti più importanti del Rdc è rappresentato dalla sua finalità nell’agevolare il rientro nel mondo del lavoro. Dall’analisi sui primi tre anni della misura, emerge come su una percentuale di 100 soggetti beneficiari di Rdc e Pdc, escludendo il 41,8% costituito da minorenni, anziani, disabili e pensionati, il rimanente 58,2% è rappresentato da ‘teoricamente occupabili’.
Tra questi, il 18,7% risulta ‘ready to work‘ ovvero coloro che attualmente hanno una posizione contributiva contemporanea al Rdc. Il 24,9% ha una posizione contributiva lontana nel tempo ovvero precedente al 2017. Il 14,6% non ha alcuna posizione contributiva dal 1975 al 2019, ovvero non è mai stato occupato. Ovviamente, ciò non significa che queste persone siano concretamente occupabili, per diversi motivi, tra cui la mancanza di qualifiche adeguate o per il fatto di essere genitore con figli piccoli.
A tale proposito è bene ricordare che l’Inps sostiene determinate categorie di persone con misure come l’assegno unico familiare, il bonus bebè e altre forme di integrazione del reddito familiare.