La versione ufficiale del governo è che il reddito di cittadinanza verrà confermato, ma non sono esclusi ritocchi. Ipotesi avvalorata ieri dalle parole pronunciate dal premier Giuseppe Conte al teatro Apollo di Lecce, dove ha preso parte alle Giornate del Lavoro della Cgil: secondo il presidente del Consiglio il sussidio introdotto dai grillini va perfezionato. Il rischio, ha sottolineato l’inquilino di Palazzo Chigi, è che il reddito di cittadinanza rimanga una mera misura assistenziale.
La fase due
La fase due, non è un mistero, fatica a decollare. Le convocazioni nei centri per l’impiego dei percettori del bonus che risultano immediatamente attivabili, e che al momento ammontano a circa 700 mila, hanno preso il largo solo all’inizio di settembre, a cinque mesi di distanza dal rilascio delle prime card. Risultato, c’è chi riceve il sostegno da ormai sei mesi senza muovere un dito.
Nel frattempo, dall’Ufficio parlamentare di bilancio trapela che in questi giorni le previsioni sul numero delle famiglie che otterranno il bonus è stato rivisto al ribasso, alla luce dei dati Inps che fotografano il flusso di accesso al sussidio.
Il premier Conte è stato chiaro: «Sul reddito di cittadinanza dobbiamo continuare a lavorare perché sul piano attuativo ha lasciato perplessi in molti la forza delle strumento, che risiede nel fatto di recuperare nel circuito occupazionale persone emarginate dal mercato del lavoro. Serve un contributo da parte delle Regioni e di Anpal per riqualificare professionalmente i beneficiari e offrire loro nuove opportunità».
Il Reinserimento
Meno di un beneficiario su tre risulta obbligato a cercare lavoro. Per motivare i sussidiati non è escluso per esempio che vengano inasprite le sanzioni nei confronti di coloro che in seguito all’avvio del percorso di reinserimento occupazionale non parteciperanno agli incontri di orientamento e ai progetti indicati dagli operatori dei centri per l’impiego.
La revoca del beneficio potrebbe essere anticipata: oggi a chi diserta senza giustificato motivo le iniziative per l’inserimento lavorativo viene sospesa l’erogazione del bonus, ma è solo al terzo appuntamento mancato che la card viene definitivamente disattivata.
Renzi e i suoi chiedono invece di allestire un nuovo schema di sviluppo delle politiche attive per il lavoro, a metà strada tra il sistema disegnato dal Jobs Act e quello più statalista che è stato messo in piedi con la legge sul reddito di cittadinanza, per promuovere il dialogo tra l’Anpal e le agenzie private di collocamento. Si ragiona anche sulla possibilità d’introdurre pene più severe nei confronti di chi lavora in nero.
Intanto i tecnici dell’Ufficio parlamentare di bilancio hanno rimesso mano alle loro previsioni.
Inizialmente l’Upb aveva stimato che entro la fine dell’anno il reddito di cittadinanza avrebbe raggiunto 1.177.000 di famiglie. Adesso, invece, i tecnici stimano che il sussidio imbarcherà nel 2019 circa 156 mila nuclei in meno delle attese, ovvero 1.021.000 di famiglie in totale.
Un buco di 150 mila domande equivarrebbe a un risparmio di circa un miliardo di euro nel 2020. In precedenza l’Upb aveva calcolato che quest’anno la misura sarebbe costata 1,2 miliardi di euro in meno del previsto, ma ancora non si è sbilanciato in via ufficiale sul 2020.
Allo scopo di perfezionare la misura non è escluso poi che vengano intensificati i controlli anti-furbetti, sui quali il governo giallo-dem ha acceso un faro dopo aver rilevato alcune discrepanze tra Nord e Sud.
È emerso per esempio che nelle regioni del Sud le domande respinte sul totale di quelle presentate sono molto meno che a Nord. In Campania ne sono state rifiutate finora 56 mila su 251 mila, ovvero circa 1 su 5, mentre in Lombardia le richieste di adesione respinte sono al momento 49 mila su un totale di 143 mila, circa un terzo. Il timore è che nel Meridione i controlli degli uffici dell’Inps si stiano rivelando meno efficaci.