Domenica 12 giugno gli italiani sono chiamati a votare i referendum abrogativi sulla giustizia. Cinque i quesiti a cui l’elettore dovrà rispondere: viene richiesto di fare una croce sul Sì in caso si intenda abrogare la norma indicata, o sul No, in caso contrario. Ecco la spiegazione.
Referendum giustizia 12 giugno: la spiegazione
Primo quesito (scheda rossa)
Abrogazione della legge Severino su sospensione, incandidabilità e decadenza per alcune condanne
Il primo quesito (scheda rossa), il più critico, chiede l’abrogazione della legge Severino (dal cognome dell’ex ministra della Giustizia del governo Monti, Paola Severino). Questa norma vieta la candidatura e l’eleggibilità a qualunque carica pubblica per le persone condannate in via definitiva a più di 2 anni di carcere, per reati di corruzione, concussione, collaborazione con la criminalità organizzata o organizzazioni terroristiche e per delitti non colposi con pene dai 4 anni in su. Inoltre, la Severino prevede la sospensione della carica per 18 mesi in caso di condanne non definitive o la decadenza in caso di condanna definitiva.
E’ il quesito intimamente più contraddittorio. Esiste infatti il problema reale delle sospensioni di amministratori locali e regionali per sentenze non definitive spesso smentite nei gradi successivi che andrebbe eliminato; ma il quesito elimina per intero anche la decadenza e l’incandidabilità per le sentenze definitive. E’ vero che non ci sarebbe comunque un ampio vuoto normativo perché per le sentenze definitive ci sono comunque in vari casi le pene accessorie, ma è opportuno, su sentenze definitive, eliminare questi automatismi? La riforma non interviene.
Perché Sì: l’automatismo deve essere eliminato e devono essere i giudici a stabilire l’interdizione dai pubblici uffici tramite pena accessoria.
Perché No: bisognerebbe modificare alcuni elementi, come la sospensione per gli amministratori locali che hanno subito sentenze non definitive, ma la Severino deve rimanere.
Secondo quesito (scheda arancione)
Limitazione della custodia cautelare
Il secondo quesito (scheda arancione) chiede una riforma della custodia cautelare, una misura preventiva applicata per limitare la libertà a un imputato durante un processo, in caso di pericolo di fuga, inquinamento delle prove o di reiterazione dei reati come delitti personali o legati alla criminalità organizzata.
Perché Sì: riduce il numero di indagati e imputati soggetti a misure cautelari senza essere processati.
Perché No: riduce la possibilità di applicare misure cautelari in casi in cui è fondamentale agire con urgenza, soprattutto per alcune tipologia di reato, come la truffa o lo stalking, in cui il rischio reiterazione esiste.
Terzo quesito (scheda gialla)
Separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri
Il terzo quesito (scheda gialla) interviene sulla separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri. Il ruolo dei primi è appunto di esprimere un giudizio sui casi, mentre il ruolo dei secondi è di promuovere l’azione penale contro gli imputati. Oggi, il passaggio tra i due ruoli è limitato a un massimo di quattro volte con alcune regole, tra cui l’impossibilità di svolgere entrambe le funzioni all’interno dello stesso distretto giudiziario. Tuttavia, se la riforma presentata dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia dovesse venire approvata, il numero di passaggi possibili scenderebbe a uno.
Il quesito, invece, chiede che venga eliminata completamente la possibilità per i magistrati di cambiare carriera da giudice a pubblico ministero e viceversa, imponendo quindi di dover scegliere in maniera definitiva a inizio carriera se diventare giudice oppure pubblico ministero.
E’ il quesito più importante in termini di sistema, che si inserisce nella scia della riforma dell’articolo 111 della Costituzione del 1999 che in chiave liberale richiede un giudice terzo rispetto ad accusa e difesa. Rispetto a questa esigenza di equilibrio liberale di sistema non convincono affatto le obiezioni pragmatiche (lasciamo scegliere dopo un certo periodo di esperienza, in pochi passano effettivamente, ecc.) perché il fatto di costruire un sistema in cui da una parte stanno insieme giudice e accusatore e dall’altro il difensore dà vita a uno squilibrio strutturale. Da ricordare che l’art 12 del testo sulla riforma della giustizia va nella stessa direzione, riducendo i passaggi ammessi da 4 a 1.
Perché No: la separazione delle funzioni rischierebbe di isolare i Pm e sarebbe un ostacolo alla carriera dei magistrati, impedendo loro di svolgere funzioni diverse.
Quarto quesito (scheda grigia)
Valutazione dei magistrati
Il quarto quesito (scheda grigia) vuole intervenire sulla valutazione dei magistrati effettuata dalla Corte di cassazione e dai Consigli giudiziari. Ogni quattro anni i magistrati sono valutati da un consiglio disciplinare, composto da altri magistrati, cioè giudici e pubblici ministeri, da avvocati e professori universitari di materie giuridiche. Mentre tutti i membri del consiglio collaborano alla formulazione del giudizio, il voto sulla valutazione finale spetta solo ai magistrati.
Il quesito vuole quindi estendere il potere di voto sulla valutazione dei magistrati anche agli avvocati e ai professori universitari. Sul punto la riforma Cartabia apre al solo voto dell’avvocatura. L’eventuale sì non sarebbe dunque superato dall’articolo 3 della riforma della giustizia (che apre ai soli avvocati) perché è una norma di delega e non di diretta applicazione.
Perché No: il rischio è quello che un giudice debba rimettersi al giudizio di un avvocato che potrebbe incidere su un eventuale avanzamento di carriera o esprimersi a suo sfavore per contrasti professionali. Per i sostenitori del No la questione andrebbe risolta per “via legislativa”.
Quinto quesito (scheda verde)
Candidatura al Consiglio superiore della magistratura
Il quinto quesito (scheda verde) vuole abolire l’obbligo di raccolta firme per i magistrati intenzionati a candidarsi al Consiglio superiore della magistratura. Il Csm è composto da 27 membri, di cui 3 di diritto – cioè non eletti, che sono il presidente della Repubblica più il presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione – e gli altri eletti. Il suo ruolo è governare la magistratura, valutando e gestendo in maniera autonoma le azioni di giudici e pubblici ministeri. Tra i suoi compiti c’è anche la gestione dei concorsi, gli avanzamenti di carriera, gli spostamenti e le sanzioni disciplinari.
Perché Sì: secondo i sostenitori del Sì, abrogando questa norma si riuscirà a indebolire le correnti interne alla magistratura, lasciando ai magistrati maggiore libertà di candidarsi.
Perché No: secondo i sostenitori del No la riforma Cartabia prevede già questa modifica, quindi sottoporla a referendum non ha senso.