Cronaca

Caso Regeni: l’Egitto non collaborerà con l’Italia per insufficienza di prove contro i 5 agenti 007

La Procura di Roma processerà cinque membri dei servizi segreti egiziani per la morte del ricercatore italiano Giulio Regeni.  La procura de Il Cairo, invece, fa sapere che non collaborerà con l’Italia per insufficienza di prove contro gli agenti 007 e che in Egitto verranno processati solo i rapinatori accusati di aver rubato gli effetti personali del giovane.


giulio regeni


La Procura di Roma processerà 5 agenti 007 ma l’Egitto non collaborerà

La Procura di Roma ha chiuso la sua inchiesta sulla morte di Giulio Regeni,. Il ricercatore italiano dell’università di Cambridge stava lavorando a Il Cairo su una tesi di dottorato sui sindacati del paese. Giulio scomparve il 25 gennaio 2016 e il suo corpo venne trovato 9 giorni dopo, il 3 febbraio, abbandonato al lato di una strada. Sul corpo vi erano evidenti segni di tortura.

5 agenti della National Security, il servizio segreto civile egiziano, saranno processati con l’accusa di aver rapito, torturato e ucciso Giulio Regeni.

La decisione dei magistrati egiziani

Lunedì, dopo un vertice tra il procuratore capo di Roma, Michele Prestipino, e il procuratore generale del Cairo, Hamada Al Sawi, i due magistrati hanno diffuso un documento congiunto che spiega le posizioni divergenti delle due procure.

Riguardo le accuse nei confronti dei membri della National Security, la procura de Il Cairo ha espresso «riserve sulla solidità del quadro probatorio», e ha valutato che non ci fossero «prove sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio». E ancora, che «la procura generale d’Egitto rispetta le decisioni che verranno assunte, nella sua autonomia, dalla procura di Roma».

In Egitto si terrà un processo per furto

La procura egiziana ha deciso di procedere con un proprio processo autonomo. Secondo i magistrati egiziani i rapinatori e assassini di Regeni sarebbero “ignoti”. Quindi il loro processo si svolgerà soltanto nei confronti di criminali comuni accusati di aver rubato gli effetti personali del ricercatore. Insomma, in Egitto si svolgerà soltanto un processo per furto.

Il clamoroso depistaggio

La storia della banda di rapinatori è considerata il depistaggio più clamoroso delle autorità egiziane sull’omicidio Regeni. Secondo il ministro dell’Interno egiziano, i colpevoli erano quattro membri di una banda criminale «specializzata nel fingersi agenti di polizia, nel sequestrare cittadini stranieri e rubare loro i soldi». I rapinatori erano stati tutti uccisi in uno scontro a fuoco con la polizia, quindi non poterono fornire la loro versione.

La ricostruzione, però, resse appena pochi giorni. Venne fuori che al momento della scomparsa di Regeni il capo della banda criminale si trovava a più di 100 chilometri dal luogo del sequestro. Per di più, le autorità egiziane non seppero spiegare il motivo per cui dei criminali comuni avrebbero dovuto torturare Regeni per una settimana intera prima di ucciderlo.

Inoltre le autorità italiane erano riuscite a scoprire che i documenti di Regeni erano stati portati nella casa di uno dei presunti rapinatori da un poliziotto.


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Documenti di Giulio Regeni rinvenuti il 24 marzo 2016 dalla polizia egiziana.

Il processo Regeni in Italia

Durante il processo in Italia, non potranno essere verificate le dichiarazioni di due testimoni che avrebbero raccontato di aver visto Regeni mentre veniva rapito da agenti della National Security, condotto in una caserma e poi trasferito in un’altra. Ciò non sarà possibile perché l’Egitto, avendo deciso di non collaborare con l’Italia, non risponderà alla rogatoria inviata più di un anno fa dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco.

L’Egitto non fornirà neppure gli indirizzi dei 5 membri dei servizi segreti egiziani indagati dalla procura di Roma, che quindi non potrà notificare loro gli atti.

La famiglia Regeni chiede il ritiro dell’ambasciatore italiano in Egitto

«In questi 5 anni abbiamo subito ferite e oltraggi di ogni genere da parte egiziana, ci hanno sequestrato, torturato e ucciso un figlio, hanno gettato fango e discredito su di lui, hanno mentito, oltraggiato e ingannato non solo noi ma l’intero Paese. Oggi i procuratori egiziani hanno la sfrontatezza di “avanzare riserve” sull’operato dei nostri magistrati ed investigatori e di considerare insufficienti le prove raccolte».

Il fatto che i magistrati egiziani continuino a riproporre la tesi dei 5 rapinatori fatti spacciare per gli assassini di Regeni viene definito dai suoi genitori «una assoluta mancanza di rispetto nei confronti non solo della nostra magistratura ma anche della nostra intelligenza».


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Per questi motivi Paola e Claudio Regeni, insieme al loro avvocato Alessandra Ballerini, continuano a chiedere il ritiro dell’ambasciatore italiano in Egitto. «È evidente — hanno detto ancora i genitori del ricercatore italiano — che le strade tra le due procure non sono mai state così divise. Se da un lato apprezziamo la risoluta determinazione dei nostra procuratori che hanno saputo concludere le indagini, senza farsi fiaccare né confondere dai numerosi tentativi di depistaggio egiziani, d’altra parte non possiamo che stigmatizzare una volta di più la costante e plateale assenza di collaborazione da parte del regime».

Fonte: Il Post