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In quali regioni d’Italia ci sono le migliori condizioni per le neo mamme

Ogni anno il rapporto Le Equilibriste di Save the Children stabilisce in quali regioni d’Italia ci siano le migliori condizioni per le neo mamme. Un rapporto che raccoglie dati importanti, tracciando un bilancio aggiornato delle molte sfide che le donne in Italia devono affrontare quando diventano mamme.

In quali regioni d’Italia ci sono le migliori condizioni per le neo mamme: il rapporto del 2023

Il 2022 ha sancito il minimo storico delle nascite in Italia, -1,9% per 392.598 registrazioni all’anagrafe. Le donne, dunque, hanno meno figli o non ne hanno affatto, e se il rinvio della maternità e la bassa fecondità sono frutto di numerose concause, c’è una relazione diretta e positiva tra partecipazione femminile al mercato del lavoro e fecondità.

Dai dati del rapporto “Le Equilibriste” emerge che il 12,1% delle famiglie con minori nel nostro Paese (762mila famiglie) sono in condizione di povertà assoluta, e 1 coppia con figli su 4 è a rischio povertà, in uno scenario generale nel quale il numero di nuovi nati e di neomamme sono in picchiata, ma non c’è da stupirsi.

Anche il mercato del lavoro sconta ancora un gap di genere fortissimo. Nel 2022, pur segnando una leggera decrescita, il divario lavorativo tra uomini e donne si è attestato al 17,5%, ma è ben più ampio in presenza di bambini.

Ecco alcuni tra i principali focus raccolti nel rapporto “Le Equilibriste”:

  • Nella fascia di età 25-54 anni se c’è un figlio minore, il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà, e con due figli minori scende fino al 56,1%, mentre i padri che lavorano sono ancora di più (90,8%), con un divario che sale a 34 punti percentuali.
  • Pesano anche, e molto, differenze geografiche e titolo di studio: nel Mezzogiorno l’occupazione delle donne con figli si arena al 39,7%, contro il 71,5% del Nord.
  • Quando il lavoro per le donne c’è, un terzo delle occupate ha un contratto part-time: 32% dei casi contro il 7% degli uomini. Se ci sono figli minorenni la quota sale al 37%, a fronte del 5,3% dei padri, e con una metà quasi di queste mamme ovvero il 15%, che si è vista costretta ad un part-time involontario, che non ha scelto.
  • Un quadro poco favorevole alle madri lavoratrici emerge anche dai dati raccolti dall’INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro) sulle dimissioni: nel 2021, delle 52.436 convalide totali, il 71,8% si riferiscono a donne (madri) e il 28,2% a uomini (padri). La percentuale delle madri sale oltre l’81% tra giovani fino a 29 anni. Tra gli uomini il 78% delle dimissioni è legato al passaggio ad altra azienda e solo il 3% alla difficoltà di conciliazione tra lavoro e attività di cura, mentre per le donne questa difficoltà rappresenta complessivamente il 65,5% del totale delle motivazioni.
  • Il gap lavorativo per le donne legato a genere e genitorialità è purtroppo ancora molto marcato nel nostro Paese, ancor più se si considerano le famiglie monogenitoriali: 2,9 milioni nel 2021, 17% del totale dei nuclei che nell’80% dei casi sono composti da madri single.

Le mamme “equilibriste”

Se, come dimostrano i dati, il tema del gap lavorativo è cruciale nella vita delle “mamme equilibriste”, anche l’esperienza della maternità in sé mostra tutti i limiti di un Paese, come il nostro, che fatica ad evolversi verso un modello paritario a tutti gli effetti, intorno e dentro alla famiglia.

In una indagine realizzata da Ipsos per noi e contenuta nel rapporto “Le Equilibriste”, nonostante il sentimento di gioia per la maternità sia quello prevalente nella grandissima maggioranza delle madri, il 43% delle stesse dichiara di non desiderare altri figli. Tra le cause segnalate vi è per il 40% fatica, per il 33% difficile conciliazione lavoro/famiglia, la mancanza di supporto per il 26% delle intervistate e la scarsità dei servizi per il rimanente 26%.

La condizione lavorativa delle donne, e in particolare delle madri, nel nostro Paese è ancora ampiamente caratterizzata da instabilità e precarietà, a cui si aggiungono la carenza strutturale di servizi per l’infanzia, a partire dalla rete di asili nido sul territorio, e la mancanza di politiche per la promozione dell’equità nel carico di cura familiare. L’Italia è un paese a rischio futuro, e se è vero che il trend di denatalità non può essere invertito velocemente, è ancor più vero che è quanto mai urgente invertire il trend delle politiche a sostegno della genitorialità per non perdere altro tempo prezioso.” ha dichiarato Antonella Inverno, Responsabile Politiche Infanzia e Adolescenza di Save the Children Italia.

Di fatti, se è vero che quasi la metà del campione non ha intenzione di avere altri figli, il sondaggio mostra come e quale sostegno potrebbe cambiare in positivo la situazione: tra quelli segnalati emergono un assegno unico più consistente o la possibilità di asili nido gratuiti, ma anche un piano di assistenza personalizzato sulle esigenze specifiche della famiglia, un’assistenza domiciliare pubblica o un sostegno psicologico pubblico che accompagni le madri nei primi mesi di vita.

Dunque, le mamme di bambine e bambini tra 0 e 2 anni testimoniano un chiaro vissuto di solitudine e fatica, dall’evento del parto alla ricerca di un nuovo equilibrio nella vita familiare e lavorativa. Dal sondaggio IPSOS emerge che in ospedale, se la qualità dell’assistenza sanitaria è considerata buona dall’81% delle intervistate, 1 donna su 2 non si è sentita accudita sul piano emotivo e psicologico, e al ritorno a casa in molte non si sono sentite supportate dai servizi pubblici come l’assistenza domiciliare (58%) e i consultori familiari (53%).

Come ogni anno, lo studio “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2023” include anche l’Indice delle Madri, elaborato dall’ISTAT. L’Indice raccoglie una classifica delle Regioni italiane stilata in base alle condizioni più o meno favorevoli per le mamme. Quest’anno l’Indice si arricchisce di nuove e più complete dimensioni, con ulteriori indicatori, che comprendono la sfera del lavoro, come quella della demografia e della scuola, la salute (mortalità infantile e consultori), la violenza sulle donne, la partecipazione politica a livello locale, oltre al grado di soddisfazione personale.

Ecco le 7 dimensioni dell’Indice delle madri, regione per regione:

  1. La dimensione della Demografia: l’indice vede tra le regioni più virtuose la Provincia Autonoma di Bolzano (138,5), nettamente sopra valore di riferimento fissato a 100 e quella di Trento (114,5), seguite da Sicilia (112,8), Campania (111,1) e Calabria (106,8). Al contrario, Sardegna (78,5) e Basilicata, registrano tassi molto al di sotto del valore nazionale, occupando gli ultimi posti dell’Indice.
  2. La dimensione del Lavoro: l’Emilia-Romagna (109,1) e il Piemonte (108,9), la Valle d’Aosta (107,9) e la Lombardia (106,2), occupano i primi due posti nell’area Lavoro. Di contro, Sicilia (81), Basilicata (82,2) non forniscono dati incoraggianti sull’occupazione delle mamme e si trovano nella zona più bassa dell’Indice.
  3. La dimensione della Rappresentanza: per la percentuale di donne in organi politici a livello locale per regione, Umbria (128,4) e Veneto (123,4) occupano i primi due posti. In Basilicata (68,4) e Valle d’Aosta (80,3), invece, la rappresentanza femminile è ben al di sotto del valore di riferimento nazionale.
  4. La dimensione della Salute: spiccano regioni come Valle d’Aosta (140,9) con ben 40 punti in più valore di riferimento nazionale e la Provincia Autonoma di Bolzano (117,6), mentre Calabria (88,6) e Campania (91,4) si posizionano agli ultimi posti con valori al di ben sotto di quello di riferimento.
  5. La dimensione dei Servizi: le Province Autonome di Trento (131,3) e Bolzano (126,3), rispettivamente al primo e secondo posto nell’area Servizi, sono le regioni più virtuose per i servizi offerti alle mamme e ai loro bambini (asili nido, mense scolastiche, tempo pieno). Per quest’area, è la Sicilia (75,8) a posizionarsi all’ultimo posto preceduta da Campania (78,3), Calabria (80,4) e Puglia (82), regioni dove l’offerta di servizi è discontinua o assente.
  6. La dimensione della Soddisfazione soggettiva: nuovamente le Province Autonome di Bolzano (132,4) e Trento (125,7). Le regioni, invece, dove le mamme sono decisamente meno soddisfatte sono Calabria (82,1) e Sicilia (82,4).
  7. La Dimensione della Violenza: Basilicata (71,7) e Provincia Autonoma di Trento (84,2) si posizionano agli ultimi posti nell’area Violenza, precedute a stretto giro da Campania (84,8), Sicilia (85,9), Puglia (90,1) e Lazio (91,3). Le regioni più virtuose per quanto riguarda la presenza di centri antiviolenza e case rifugio sono invece Friuli-Venezia Giulia (131,7) e Provincia Autonoma di Bolzano (130,3).

Paolo Siotto

Giornalista pubblicista dal 2015, collabora per l'Occhio da giugno 2019 dopo diverse esperienze con testate locali tra cui il quotidiano Metropolis. Redattore per Fantacalcio e Calciomercato.it, nel tempo libero ama dedicarsi alla buona musica.

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