Richard Milhous Nixon è stato un politico statunitense, 37esimo Presidente degli Stati Uniti d’America. Successore repubblicano del democratico Johnson, è passato alla storia come colui che intensificò lo sforzo militare nel Vietnam e che venne travolto dallo scandalo Watergate.
Ma sotto la sua presidenza si manifestarono anche i segni di una crisi economica profonda: le spese per la guerra, infatti, e quelle destinate alla politica sociale avevano provocato un forte deficit del bilancio degli Stati Uniti.
Richard Nixon, tutto quello che c’è da sapere sul 37º Presidente degli Stati Uniti d’America
Richard Nixon nasce a Yorba Linda il 9 gennaio del 1913, in una piccola fattoria della California, da una piccola famiglia borghese. Frequenta il college, come ogni buon americano e successivamente la Duke University School, facoltà di giurisprudenza. Dopo la laurea apre uno studio legale a Yorba Linda, sua città natale. Qui sposa Patricia Ryan nel 1940.
Carriera politica
Nel ’42, quando gli USA entrano in guerra, si trasferisce a Washington dove lavora per un ufficio governativo. Lì comincia a frequentare gli ambienti giusti e a capire che il suo futuro è nella politica. Qualche anno dopo decide di intraprendere la carriera politica nel partito Repubblicano e nel 1946 accede alla Camera dei Deputati. Nel 1948 è membro della Commissione parlamentare sulle attività anti-americane e si segnala per la durissima contrapposizione con Alger Hiss, una spia al soldo dell’Impero sovietico. Quasi si apre un “affare Dreyfus” americano, poiché il Paese si spacca in due: c’è chi elogia l’operato di Nixon e chi invece ritiene Hiss al centro di una congiura e quindi innocente.
Dopo due tornate elettorali viene eletto senatore e, nel 1952, il generale Eisenhower lo sceglie come suo vicepresidente. Ricopre questo ruolo per otto anni durante i quali svolge un’intensa attività diplomatica incontrando, tra gli altri, Nikita Kruscev e Fidel Castro. Il periodo è molto critico per quanto riguarda i rapporti tra la superpotenza statunitense e quella sovietica.
Nixon viaggia instancabile e intreccia rapporti (talvolta conflittuali) con i dirigenti sovietici, conquistandosi così la candidatura alla presidenza. Ma nel 1959 c’è un altro astro nascente. Si chiama John Kennedy e il suo messaggio di apertura, libertà e uguaglianza, fa breccia sui giovani. Nixon viene sconfitto. Si concentra allora nel suo lavoro di avvocato, scrive e viaggia molto, sia in Europa che in Asia. Continua tuttavia a seguire la politica con molta assiduità, tanto da esserne uno dei suoi più acuti analisti ed interpreti.
Nel 1968 si ripresenta con un’immagine politica più moderata e cavalca, dietro indicazione del partito Repubblicano, il malcontento degli statunitensi dovuto alla guerra del Vietnam ancora in corso. Approfittando anche della divisione interna del Partito Democratico viene eletto presidente vincendo con un largo scarto di voti su Hubert H. Humprey. Nel 1972 bissa il successo tornando a vincere con uno storico margine contro George McGovern.
La strategia antisovietica
Il suo capolavoro politico resta l’avvicinamento alla Cina, pensato anche in funzione antisovietica. Una strategia che viene studiata nei dettagli assieme al suo segretario di Stato Henry Kissinger e che passa anche, a livello simbolico, attraverso la storica partita a ping pong tra americani e cinesi.
Ma l’evento indubbiamente più significativo della sua presidenza è rappresentato dalla guerra del Vietnam. Migliaia di giovani americani, infatti, patiscono le pene dell’inferno nella lontana Indocina, mandati precedentemente a combattere da Kennedy. La situazione è drammatica e delicata sul piano internazionale, oltre al fatto che l’America, come ormai si sa grazie a film, romanzi e sceneggiati, è palesemente provata.
Dopo lunghe consultazioni con il suo braccio destro (sempre Kissinger), decide di ritirare lentamente le truppe americane. Nel 1973 vengono firmati a Parigi gli accordi di pace ma molti americani catturati dai vietnamiti restano dispersi e negli Stati Uniti non si placano le polemiche. Quella che doveva essere una prova di forza nei confronti della Russia si trasforma in una sconfitta dell’amministrazione Nixon.
Lo scandalo Watergate
In un clima così difficile, scoppia anche lo scandalo Watergate, iniziato la notte del 17 giugno 1972, quando cinque uomini vengono sorpresi nella sede del comitato elettorale del Partito Democratico dove avevano messo a punto un piano segreto di intimidazione e spionaggio a danno degli avversari politici. Nixon si dichiara estraneo ai fatti, ma le prove dimostrano che aveva ordinato all’FBI di interrompere le indagini sul caso, cercando di insabbiare lo scandalo. Per evitare l’empeachment si dimette, unico presidente Usa della storia a compiere un simile gesto. Travolto dagli avvenimenti, esce di scena con un drammatico discorso in tv. Un mese dopo, il suo successore, Gerald Ford, gli condona tutti i crimini e lo rende così immune all’azione delle autorità giudiziarie federali.
In seguito, grazie alla tenacia e alla sua tempra caratteriale, favorito anche dal vento conservatore che spirava negli USA di Ronald Reagan, negli anni Ottanta comincia a risalire la china. Riappare nei dibattiti televisivi, frequenta i salotti di Washington, dà addirittura consigli all’amministrazione statunitense. Infine, la rivista Newsweek gli dedica nell’86 la copertina, segno definitivo e tangibile di una sorta di nuova “verginità” pubblica.
Morte
Quando muore a New York il 22 aprile del 1994, l’allora presidente in carica, Bill Clinton, ne ricorda la figura e in qualche modo lo difende, riabilitandone l’immagine e l’operato non solo come statista ma anche come, paradossalmente, uomo di pace. Tuttavia, secondo sondaggi anche molto recenti a carico di prestigiose riviste, la maggioranza degli americani esprime un giudizio morale negativo su Nixon, soprattutto a causa del suo coinvolgimento nella mai dimenticata vicenda Watergate.