I prezzi delle case stanno aumentando in tutta Europa e l’Italia non è tra le peggiori: dove sono i 392 miliardi necessari per affrontare l’emergenza? L’Unione Europea non ha competenze dirette in materia di abitazioni, ma sta considerando di destinare una parte dei Fondi di coesione per contribuire a risolvere il problema. Tinagli (Pd) afferma: «Anche i governi dovranno fare la loro parte».
I prezzi delle case aumentano in Europa
In Europa, i costi delle case stanno crescendo a un ritmo molto più veloce rispetto agli stipendi. Di conseguenza, sempre più giovani e famiglie si trovano in difficoltà nel trovare alloggi a prezzi accessibili, sia per affitti che per mutui. La questione è arrivata direttamente sulla scrivania di Ursula von der Leyen, che ha ufficialmente dichiarato la lotta contro la crisi abitativa come una delle sue priorità politiche per i prossimi cinque anni. Inoltre, ha nominato per la prima volta un commissario specifico, il danese Dan Jørgensen, responsabile per le questioni abitative. «Le persone faticano a trovare case a prezzi accessibili».
“Desidero che questa Commissione supporti le persone nei momenti cruciali,” ha dichiarato von der Leyen nel suo discorso di richiesta di fiducia a Strasburgo la scorsa estate. Tuttavia, c’è un problema da affrontare: le politiche abitative rientrano nelle competenze dei governi nazionali e regionali, non dell’Unione Europea. Resta da vedere quali strumenti utilizzerà Bruxelles per affrontare questa questione.
Una nuova commissione speciale a Strasburgo
Recentemente è stato compiuto un importante passo avanti. Il 3 febbraio è stata istituita una nuova commissione speciale del Parlamento europeo focalizzata sulla «crisi degli alloggi». La commissione sarà presieduta dall’eurodeputata italiana Irene Tinagli, che afferma: «Le abitazioni rappresentano innanzitutto un bisogno fondamentale e dobbiamo considerare questo aspetto come una risposta alle necessità delle persone, prima di analizzare la questione in termini di mercato», spiega l’europarlamentare del Pd.
La nuova commissione dell’Eurocamera avrà un mandato di un anno e si concentrerà principalmente sulla raccolta di dati, testimonianze ed esperienze, sia positive che negative, per ottenere una visione completa del problema. In pratica, ciò comporterà la raccolta di informazioni dai vari Stati membri dell’UE, l’analisi delle iniziative politiche adottate da alcune città e l’invito a esperti e amministratori pubblici a condividere le loro opinioni sulla questione. «L’obiettivo finale è redigere un “rapporto di iniziativa” che contenga un’analisi dettagliata del problema e proposte di intervento», spiega Tinagli a Open.
I dati sulla crisi abitativa in Europa
I numeri forniti da Bruxelles evidenziano la gravità della situazione: tra il 2015 e il 2023, i prezzi delle abitazioni in Europa sono aumentati del 48%. L’incremento più marcato si registra in Ungheria, con un sorprendente +173%, mentre la Finlandia si colloca all’ultimo posto con un modesto +5%. Subito dopo la Finlandia, l’Italia mostra un aumento relativamente contenuto dell’8,3%, sebbene ci siano notevoli differenze tra le regioni del Nord e del Sud. Anche gli affitti sono in crescita, con un aumento del 18% in Europa tra il 2010 e il 2022. Secondo l’Unione Europea, questa disparità è in parte attribuibile a un incremento degli affitti brevi, che hanno sottratto abitazioni e appartamenti dal mercato.
Una delle conseguenze più evidenti della crisi abitativa emerge da un altro dato: l’età media in cui i cittadini europei lasciano la casa dei genitori. I più “anticipati” sono gli svedesi e i danesi, che si trasferiscono in media a 22 anni. Al contrario, gli ultimi posti della classifica sono occupati dai Paesi del Sud Europa (Italia, Spagna, Grecia), dove i giovani tendono a lasciare la casa familiare intorno ai 30 anni.
Il dibattito in Italia e l’allerta dei costruttori
Negli ultimi anni, la crisi abitativa è tornata al centro del dibattito politico in Italia. In particolare, gli studenti universitari hanno avviato una protesta accampandosi davanti alle università per manifestare contro l’impennata dei canoni di affitto. Successivamente, l’attenzione della politica si è concentrata sulla regolamentazione degli affitti brevi, che hanno progressivamente sottratto alloggi al mercato, specialmente nei centri storici delle grandi città. Tinagli sottolinea che «la questione della casa viene interpretata in modi molto diversi» a seconda delle posizioni politiche. «C’è chi ritiene che sia un problema esclusivamente legato a domanda e offerta, e quindi che sia sufficiente costruire un numero maggiore di abitazioni, mentre altri si interrogano sulle possibili distorsioni del mercato da correggere, ritenendo che eventuali nuove costruzioni debbano essere mirate e garantire un’effettiva accessibilità».
In Italia, le forze di opposizione hanno criticato il governo per non aver rinnovato il fondo per la morosità incolpevole, che offre supporto finanziario alle famiglie a rischio sfratto. Da parte sua, l’esecutivo ha annunciato l’intenzione di presentare un «Piano Casa Italia» per l’edilizia residenziale e sociale pubblica entro la metà del 2025. In questo contesto, l’Ance, l’associazione dei costruttori edili, ha lanciato un allerta, segnalando che circa dieci milioni di famiglie italiane non riescono ad acquistare una casa. Dopo anni di crescita sostenuta dal Superbonus, nel 2024 il settore delle costruzioni ha registrato un calo del 5,3%. L’Ance prevede che la diminuzione degli investimenti proseguirà anche quest’anno, con una flessione stimata del 7%.
Cosa può fare l’Europa per affrontare la crisi abitativa
La questione della crisi abitativa è ora all’attenzione delle istituzioni europee, che nei prossimi mesi dovrebbero presentare la loro strategia. Poiché si tratta di un tema di competenza dei governi nazionali, non è chiaro come si muoverà Bruxelles. Secondo Tinagli, ci sono due direzioni in cui l’Europa può operare. La prima, spiega l’europarlamentare del Pd, consiste nel «analizzare come alcune politiche economiche e fiscali, insieme alla presenza o assenza di specifiche regolamentazioni, possano aver influenzato le dinamiche del mercato immobiliare. Un esempio sono gli affitti brevi per il turismo». La seconda direzione è «fornire accesso a strumenti economici e finanziari per facilitare la realizzazione di progetti abitativi accessibili». Secondo Politico, la Commissione europea sta valutando la creazione di una piattaforma in collaborazione con la Banca europea degli investimenti (Bei) per promuovere la costruzione di nuovi alloggi a prezzi accessibili e per la riqualificazione energetica degli edifici esistenti.
Da dove provengono i finanziamenti
Per affrontare la crisi abitativa, è necessario un ingente investimento. In questo contesto, l’Unione europea potrebbe intraprendere azioni significative nei prossimi mesi. Un primo passo potrebbe consistere nella riforma delle normative sugli aiuti di Stato, con la Commissione europea che potrebbe considerare di allentare le restrizioni per permettere ai governi di incentivare la costruzione di abitazioni a prezzi sostenibili. Inoltre, un contributo sostanziale potrebbe arrivare direttamente da Bruxelles, in particolare dai 392 miliardi di euro dei Fondi di coesione.
Attualmente, questo strumento è utilizzato per promuovere investimenti e creare posti di lavoro nelle aree più svantaggiate. L’intenzione dell’esecutivo europeo è di rivedere le normative per consentire che almeno una parte di questi fondi venga destinata alla questione abitativa. Se questa proposta dovesse essere confermata, la lotta contro l’aumento dei canoni di affitto ricadrebbe direttamente sotto la responsabilità del commissario italiano Raffaele Fitto, che si occupa delle politiche di coesione. In sostanza, l’Europa sembra determinata a fare la sua parte, ma è chiaro che anche i singoli governi dovranno fare altrettanto. «L’Unione Europea non dispone di risorse sufficienti per affrontare il problema da sola, ma il fatto che abbia deciso di affrontarlo rappresenta un segnale politico di grande importanza», sottolinea Tinagli.
«La responsabilità in ambito abitativo ricade principalmente sui governi e sulle regioni. Questo implica – sottolinea l’eurodeputata – che sarà essenziale l’impegno dei singoli Stati, sia per recepire le future raccomandazioni dell’UE, sia per garantire risorse supplementari che permettano di fornire risposte ancora più efficaci.»