Cronaca

“Non sapevo fare niente, cuoco quasi per caso”: la rivelazione di Carlo Cracco

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Carlo Cracco

La rivelazione inaspettata di Carlo Cracco durante una recente intervista in cui racconta la sua straordinaria carriera e le sue umili origini: “Non sapevo fare niente, cuoco quasi per caso”.

La rivelazione di Carlo Cracco: “Cuoco quasi per caso”

Carlo Cracco ha recentemente rilasciato un’intervista in cui ha raccontato la sua straordinaria carriera e le sue origini umili. Ha condiviso che da giovane non aveva particolari abilità e che è diventato cuoco quasi per caso. Cracco ha parlato della sua infanzia a Creazzo, vicino Vicenza, e di come la sua passione per la cucina sia nata quasi per necessità, cercando di evitare le scuole a Vicenza durante gli anni della contestazione

La carriera

Carlo Cracco è uno degli chef più celebri d’Italia, noto per la sua cucina innovativa e la sua presenza in televisione. Cracco ha iniziato la sua carriera culinaria studiando presso l’Istituto Alberghiero Pellegrino Artusi di Recoaro Terme. Ha poi lavorato con alcuni dei più grandi chef italiani, tra cui Gualtiero Marchesi, considerato il padre della cucina italiana moderna. Ha affinato le sue abilità lavorando in ristoranti di prestigio in Francia, come il “Lucas Carton” a Parigi e il “La Meridiana” a Garlenda.

Nel 2001, Cracco ha aperto il suo ristorante, “Cracco Peck” a Milano, che ha rapidamente guadagnato due stelle Michelin. Successivamente, ha aperto altri ristoranti di successo, tra cui “Carlo e Camilla in Segheria”. Cracco è diventato una figura familiare grazie alla sua partecipazione come giudice in programmi televisivi popolari come “MasterChef Italia” e “Hell’s Kitchen Italia”. La sua personalità carismatica e il suo approccio rigoroso lo hanno reso molto amato dal pubblico. Ha scritto diversi libri di cucina, condividendo le sue ricette e la sua filosofia culinaria con un pubblico più ampio.

Nel corso della sua carriera, Cracco ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, consolidando la sua reputazione come uno degli chef più influenti del panorama gastronomico italiano

L’intervista

«I miei, anche i nonni Elisa e Giovanni Schiavo, venivano da l’Olmo. Questa è la mia origine. Tra le persone famose, il presidente Paolo Scaroni, detto il re, poi la cantante Madame, l’oro di Parigi Ceccon che si allena nella piscina del paese. Il broccolo fiolaro non lo conosceva nessuno, veniva considerato brutto e insapore, costava cinquanta lire, oggi ci vogliono cinque euro come minimo. Mio padre me li portava a Milano».

«In famiglia vigeva il silenzio, nessuna domanda, dialogo impossibile, mio padre diceva che i problemi non si portavano a casa, ci pensava mia madre Lidia ad addolcire quell’atmosfera che era comunque tipica di un tempo ormai irripetibile, lei era il filtro, la sua pazienza è stata decisiva. Fino a quando papà è arrivato ad un’età più robusta, verso i 65-70 anni ha preso a modificare il suo carattere. Oggi ne ha 97 e Lidia 90».

La scuola

«Non ero uno studente esemplare, ho frequentato le elementari a Olmo, le medie al Comprensivo Manzoni, molte note sul diario e anche un giorno di sospensione».

«Chiudemmo a chiave un compagno di classe nel bagno della scuola. Pistolotto del preside, nessuna parola di mio padre che mi invitò a parlarne con mamma».

La passione per la cucina

«A quel tempo, era inesistente la passione per la cucina. Volevo evitare di frequentare le scuole a Vicenza, erano gli anni della contestazione, giorni e mesi violenti, cercai una alternativa, andai a visitare la scuola alberghiera di Recoaro, era di colore viola, in mezza montagna, la scelsi di intuito».

«Essendo goloso ero l’unico a fare pasticceria. Gli altri erano figli d’arte, già pratichi di fuochi, pentole, ricette. Io facevo cento domande ed ero zittito dai docenti, silenzio, guarda, osserva, impara. Mi diplomai con una media del sette e mezzo-otto, non ero un secchione ma approfondivo le materie che mi acchiappavano». «Italiano e matematica prendevo 7. Devo confessare: aveva 4 in cucina».

«Il giorno dopo l’esame, il docente disse ai miei genitori di mandarmi a lavorare in un ristorante. E così fu. La prima cucina, Da Remo, a Vicenza. Era in Contra’ della Caimpenta, avviato da Remo Canton nel 1977 e rilevato da Mario Baratto. Un locale di argenti e cornucopie, tenuto da tutta la famiglia, la moglie Rina, i figli Gianluca e Alver, la cognata Floriana e il nipote Danilo ai fuochi. Mi adottarono». «Non sapevo fare niente. Il primo giorno mi sono scottato, il secondo mi sono tagliato un dito, il terzo credo di essere caduto. Pulivo le pentole, pelavo le patate, poi imparai a tagliare la carne. Dopo tre mesi feci il mio primo piatto: bigoli con calamaretti, poi passai a pasta con panna, ragù e prosciutto, con eventuale aggiunta di piselli».

Carlo Cracco