Al centro di un’organizzazione criminale finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina attraverso il decreto flussi, figura Raffaele Nappi, ritenuto l’anello chiave di un sistema che avrebbe generato ingenti profitti illeciti e facilitato l’ingresso illegale di stranieri in Italia.
Le dichiarazioni rese dallo stesso Nappi, dopo il suo arresto nel luglio 2023, hanno consentito agli inquirenti di ricostruire il meccanismo illecito, inserendosi nelle indagini coordinate dalla Procura di Salerno, guidata dal procuratore capo Giuseppe Borrelli e dal vicario Alberto Cannavale, con il supporto del Nucleo Tutela del Lavoro dei Carabinieri come riportato dal quotidiano Il Mattino.
Immigrazione clandestina, il giro d’affari di Salerno
Secondo le ricostruzioni investigative, oltre a sfruttare le aziende di famiglia o a lui direttamente riconducibili, Nappi era in grado di coinvolgere imprese compiacenti, utilizzate come falsi datori di lavoro nelle richieste di nulla osta per l’assunzione di lavoratori stranieri. I cittadini stranieri, perfettamente consapevoli della frode, sapevano che non avrebbero mai effettivamente lavorato per le aziende indicate nelle pratiche.
Per ogni richiesta andata a buon fine, Nappi versava 2mila euro all’azienda compiacente. Inoltre, attraverso intermediari stranieri, raccoglieva la documentazione necessaria dagli immigrati che volevano ottenere il nulla osta, in cambio di somme tra i 6mila e i 7mila euro. Con il supporto di familiari e operatori di Caf e patronati di fiducia, predisponeva e inoltrava telematicamente le richieste fittizie per ottenere l’ingresso degli stranieri in Italia.
Il coinvolgimento di funzionari pubblici
Una volta presentate le pratiche presso gli sportelli unici per l’immigrazione, Nappi corrompeva funzionari dell’Ispettorato del Lavoro affinché queste venissero approvate rapidamente, anche oltre i limiti imposti dal decreto flussi. La Procura di Salerno ha specificato che i funzionari coinvolti non erano dipendenti della Prefettura, ma degli Ispettorati territoriali del lavoro di Salerno e Napoli. Per ogni pratica, il compenso illecito corrisposto a questi ultimi oscillava tra i 700 e gli 800 euro.
Grazie a questo sistema, Nappi avrebbe accumulato circa un milione di euro solo nel 2023, denaro poi riciclato attraverso false fatture emesse da aziende compiacenti. Un ruolo chiave sarebbe stato giocato dalla ditta Arfedi, gestita da Armando Nappi, figlio di Raffaele. Per coprire i flussi finanziari, venivano richieste false fatturazioni allo studio dei commercialisti Giuseppe e Nicola Salvati, padre e figlio.
L’inchiesta: 46 indagati e oltre 2.000 pratiche sospette
Nell’ambito dell’indagine, definita “Click Day Bis”, sono 46 gli indagati, con 31 misure cautelari agli arresti domiciliari emesse dal gip Giovanni Rossi. In totale, il giudice ha disposto 36 provvedimenti, ma cinque cittadini stranieri risultano irreperibili. Le accuse, a vario titolo, vanno dall’associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina, alla corruzione, falso in atto pubblico e riciclaggio.
L’inchiesta copre il periodo 2021-2022, con circa 2.000 domande di nulla osta al lavoro ritenute fittizie. Tuttavia, gli investigatori ipotizzano che il numero di pratiche irregolari possa essere di gran lunga superiore, e le verifiche sono ancora in corso.
Durante gli interrogatori, Raffaele Nappi ha rivelato nuovi dettagli, tra cui il coinvolgimento di Decimo Viola, che avrebbe gestito pratiche simili in Calabria. Questo aspetto lascia ipotizzare un possibile collegamento tra l’organizzazione campana e un sodalizio criminoso operante in Calabria, dedito anch’esso al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.