Oggi è il giorno del ricordo per il popolo irpino. Era una mattina come tante, ma quel giorno la vita di moltissimi cambiò per sempre.
“Fate Presto”: questo il titolo in prima pagina del quotidiano Il Mattino, un grido di aiuto per salvare chi era ancora in vita sotto le macerie e per aiutare chi, ormai, non aveva più nulla.
Un sisma di magnitudo 6.9 della scala Richter (X grado scala Mercalli) rase al suolo interi paesi in 90 interminabili secondi. Era il 23 novembre del 1980: una domenica qualunque, alle ore 19.34.
90 secondi di paura, angoscia e smarrimento che, ancora oggi, si leggono negli occhi lucidi di chi è sopravvissuto a quel sisma.
Il terremoto dell’80 colpì la Campania centrale e la Basilicata centro-settentrionale, con un epicentro di circa 12km di profondità, colpendo un’area che si estendeva dall’Irpinia al Vulture, posta a cavallo delle province di Avellino, Salerno e Potenza.
I comuni irpini più colpiti furono: Teora, Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, Senerchia, Calabritto e Santomenna.
L’entità drammatica del terremoto non fu valutata nell’immediato, poiché l’interruzione totale delle telecomunicazioni impedì di dare l’allarme e, quindi, soltanto a notte inoltrata e il mattino seguente tramite un elicottero furono rilevate le reali dimensioni del disastro.
Case che sono solo macerie, 2.914 morti, 8.848 feriti, 280.000 sfollati. Crolli e vittime erano segnalati a Lancusi nella Valle dell’Irno. A Nocera Inferiore crollò un palazzo di nove piani in via Gabola. A Siano era data per certa la morte di tre persone in un bar-ristorante, mentre a Cava de’ Tirreni era venuto giù un edificio e anche lì si temeva che vi fossero vittime. Da Baronissi veniva segnalato il crollo di due palazzine popolari, vi abitavano 12 famiglie, sei corpi erano stati già estratti, ma altre 60 persone erano ancora sepolte sotto le macerie. Castelnuovo di Conza era distrutto; ad Eboli, alle 12.58, Raimondo Paolini e sua figlia Wanda di 13 anni furono recuperati morti in un edificio crollato in via San Giovanni.
Scoppiava anche l’ospedale di Battipaglia, dove l’esercito aveva montato 17 tende nel piazzale esterno per sistemare altri feriti giunti da Laviano, Acerno e Caposele. Sei erano morti per sindrome grave da schiacciamento.