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Il blocco dei pagamenti sul gioco legale funziona davvero?

La Legge di Bilancio 2020 promette tante, grosse novità. Una di queste è l’introduzione della misura di blocco dei pagamenti, altra manovra in contrasto al gioco illegale, sulla scorta del modello che negli USA è in vigore dal 2010 ma che però ha prodotto risultati contrastanti e di sicuro non in linea con gli auspici della vigilia. Seppur nel nostro Paese esista già una misura analoga, mai applicata dalla approvazione del 2011, è utile richiamare alle esperienze statunitensi ed europee per tenere a mente determinati punti.
Negli States, dove ogni Stato ha una sua giurisdizione, sue regole e sue normative, è in vigore l’UIGEA, acronimo di Unlawful Internet Gambling Enforcement Act, con cui il Presidente George W. Bush mise fuorilegge alcuni giochi online, escludendo dal novero le scommesse ippiche. Il provvedimento, che è del 2006 ma è in vigore, ripetiamo, dal 2010, ha prodotto notevoli effetti collaterali: su tutti ha spianato il campo all’illegale, che ben presto si è saputo adattare. Il tutto perché il blocco si basa sull’MCC, il Merchant Category Code, un sistema di codici utilizzato dai processori di pagamento per suddividere le transazioni, a seconda della merce o del bene acquistati. Per il gioco il codice, ora noto in tutto il mondo, è 7995, ma da solo non chiarisce la legalità o meno dell’operazione in uno stato. Con il provvedimento statunitense, alcune compagnie come di carte di credito, come Visa, hanno varato l’opzione di sottocodici per attuare il blocco, creando un sistema fallace per più motivi al suo stesso interno. Proprio la particolarità del sistema governativo statunitense rende il tutto più fragile. Le banche, insomma, tendono a non spalleggiare il gioco, spesso trincerandosi contro il settore legale e lasciando campo libero, dal momento che è incontrollato, al settore illegale. I giocatori, chiaramente, hanno dovuto trovare rimedi a questo “male”, per esempio utilizzando carte di debito, notoriamente meno controllate di quelle di credito. Le operazioni bloccate, statistiche alla mano, sono state molte, anche verso quanti possiedono regolare licenza.

E il mercato illegale, invece? Gli strumenti poi utilizzati per aggirare il blocco sono stati molti. Dagli Usa all’Europa è stato poi un attimo. Il blocco, dal 2010 ad oggi, è stato adottato da 17 Stati membri dell’UE ma è difatti applicato sistematicamente in solo otto di questi. Uno dei paesi è la Norvegia, dove è stato poi adottato anche un blocco delle vincite, con cui si è bloccato difatti anche il passaggio di denaro verso i giocatori. O la Lettonia, in cui vige il medesimo sistema MCC. O ancora l’Ungheria, dove vengono bloccate specifiche transazioni. Ma il blocco, nella sua generale integrità, non pare aver sortito particolari effetti: complice il fatto che il mercato dei pagamenti è troppo ampio per gli enti regolatori dei giochi, nettamente inferiori di numero. Poi si fanno i conti con Internet, il cui bacino non ha confini.

L’Italia, da par suo, ha introdotto una normativa simile nel 2011, con l’ultimo Governo Berlusconi e la Manovra Correttiva, con cui banche e istituti finanziari avrebbero dovuto segnalare ai Monopoli gli autori di transazioni verso operatori non autorizzati, e Piazza Mastai avrebbe dovuto invece compilare un elenco di compagnie ma la misura non è mai entrata in vigore. Inoltre tanto Banca Italia, quanto l’Associazione delle Banche italiane hanno mai preso posizione. Fino ad arrivare alla misura voluta dal Conte 2, che trova d’accordo, curiosamente, la maggioranza degli operatori italiani, come ha ben sintetizzato il numero uno di LoGiCo, Moreno Marasco: l’iniziativa, a suo parere, difficilmente svantaggerà gli operatori legali, seppur il distacco delle banche sia una manna dal cielo per l’illegale, libero di transare a suo piacimento. Tutto dipenderà dall’implemento del divieto e dalle manovre, concrete, del governo.

(Articolo tratto da Slot Mania)

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