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Camorra, le farmacie sono il nuovo investimento

Stato e criminalità. Per un momento proviamo a togliere la “e” congiunzione e a sostituirla con il verbo essere. Lo Stato è criminalità, intesa – secondo il procuratore capo di Salerno, Corrado Lembo – più in generale col termine di mafia «e ce ne rendiamo conto quando si scoprono esponenti di consigli regionali in rapporti con la camorra o quando si indaga sui presidenti inquisiti per fatti di mafia».

L’occasione per riflettere su questo binomio è arrivata grazie a “Società Libera”, associazione che ha presentato il volume, “Stato e criminalità”, al museo provinciale di Salerno. Questa riflessione è stata solo una premessa perché il magistrato ha aperto un’ampia riflessione su quanto le mafie abbiano cambiato pelle, quanto siano diventate fornitrici di servizi legali con metodi illegali e quante contaminazioni abbiano subito, tali da rendere difficile il lavoro dei magistrati per smascherarle.

«La capacità di comprensione per combattere le mafie è diventata una priorità e una pregiudiziale. Se non si capisce bene questo fenomeno – dice Lembo – sarà difficile contrastarle». Ma a cosa si riferisce il procuratore? Per essere esplicito ha ricordato che la camorra, la ‘ndrangheta e cosa nostra ricorrono ai migliori consulenti, si laureano, puntano al mercato elettronico, di fatto si nascondono nella società civile. Siamo cioè lontani anni luce dalla coppola e dalla lupara. Ma sarebbe un errore anche concentrarsi solo su droga e appalti, le attività che hanno consentito alla criminalità organizzata di accumulare ingenti ricchezze negli anni Novanta e Duemila.

«Oggi il mafioso o il figlio del mafioso frequentano gli ambienti della cultura, studiano in facoltà ben individuate. Perché si laureano in farmacia? – si chiede Lembo – Perché le farmacie sono veicoli di riciclaggio». E per suffragare questa tesi racconta un episodio personale.

«Mi trovavo a Praga per lavoro, e in serata andai all’Opera a sentire la “Messa di Requiem” di Mozart. Un mio collega incontrò un giovanotto ben vestito che si offrì protervamente di procurarci biglietti per tutte le manifestazioni culturali che si tenevano a Praga. Disse: “Dottore, qui abbiamo tutto in mano noi”. Poi scoprii che era il fratello di uno dei capi della camorra di Scampia. Ed era il 1999».

La mafia, dunque, si era infiltrata nel cosiddetto settore terziario avanzato e, per giunta, non nel suo territorio d’origine ma in una capitale europea. Questo dovrebbe far riflettere sul futuro delle mafie e anche dell’Antimafia.

Gli affari ora si fanno con i «bitcoin, moneta elettronica virtuale con la quale si producono nefandezze e transazioni illecite e dove non vige alcuna autorità». Gli appalti e la droga a Salerno sono settori “vecchi”.

«L’Agro Nocerino-Sarnese è stato la culla della camorra nella nostra realtà territoriale. Ma le mafie non sono stanziali, sono liquide. Siamo a due passi da Salerno, è scontato che siano arrivate in città». È Marcello Ravveduto, referente del presidio di Libera a Salerno, a ricordare «le infiltrazioni in provincia e l’attenzione ai comuni di Battipaglia, Pagani e Scafati che, guarda caso, hanno avuto rapporti anche indiretti col clan dei casalesi».

Secondo Ravveduto «le mafie sono un corpo intermedio perché sono un prodotto della società civile, non dello Stato. Proprio per questo, con la crisi dello Stato, le mafie si sono riversate verso il mercato, nuovo modello a cui adattarsi».

Questo è un processo che viene in un momento in cui l’economia finanziara è cresciuta.

«E Salerno è la prova che il mercato è più forte dello Stato, perché non c’è una criminalità storicamente radicata – conclude – Infatti i clan ci sono, ma non hanno il controllo diretto del Comune, delle amministrazioni, degli appalti cioè dello Stato ma hanno il controllo del narcotraffico» e di altri settori come estorsione, corruzione, in cui il mercato più redditizio.

(Articolo tratto da La Città)

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